di Paul De Maeyer

ROMA, giovedì, 1 marzo 2012 (ZENIT.org) - Nei giorni 12 e 13 marzo la Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce a Roma organizzerà un Convegno su un tema di particolare interesse per questo anno 2012, in cui si prepara l’Anno della Fede e si celebrerà il Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione.

Il tema generale è “la comunicazione della fede”, considerata però da una angolatura specifica: il legame tra parola e testimonianza.

ZENIT ne ha parlato con il Prof. Paul O’Callaghan, ordinario di Antropologia Teologica alla Santa Croce e Presidente del Comitato organizzatore del Convegno.

Prof. O'Callaghan, perché avete scelto il tema della “la comunicazione della fede?

Prof. O'Callaghan: Si tratta della grande sfida dei nostri tempi, su cui il Santo Padre Benedetto XVI nel suo magistero ha fatto degli sforzi notevoli. Sappiamo bene come il beato Giovanni Paolo II si impegnò lungo tutto il suo pontificato per l’evangelizzazione del mondo, della cultura, di tutti gli ambiti della società. Lo stesso Concilio Vaticano II fu convocato con la precisa finalità di poter comunicare la fede con più efficacia. In un’epoca in cui i cambiamenti culturali sono così intensi e rapidi, la sfida della “comunicazione della fede” diventa critica.

Nel convegno si affronterà anche l'ambito della testimonianza..

Prof. O'Callaghan: Si tratta di una categoria portante per la comunicazione della fede: la fede si comunica tramite la testimonianza. Il fatto è che a partire del Concilio si è parlato molto della testimonianza. A tutti è nota la frase resa famosa da Paolo VI: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri… O se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”. Forse si può dire che la testimonianza è la miglior garanzia dell’autenticità della fede comunicata. La presenza e la vita del testimone diventa un appello a tutto l’uomo, a tutte le sue facoltà e sensibilità. Il testimone interpella l’altro direttamente, interamente, autenticamente. Si tratta di una categoria antropologicamente integrale.

Non si corre il rischio di applicare troppo ampiamente questa categoria della testimonianza?

Prof. O'Callaghan: È vero che la testimonianza può perdere la sua specificità cristiana. Con tutto, ogni testimonianza è partecipazione a quella di Cristo, ‘il testimone fedele’ come dice il libro delle Rivelazioni . In realtà è Cristo che rende il cristiano testimone dell'amore del Padre. Perciò, la testimonianza rimanda ad una verità che non coincide con la persona del testimone: rimanda a Dio, alla Verità. Sarebbe una contraddizione se rimandasse alla persona che testimonia. Perciò, in realtà, il testimone deve scomparire – anzi in alcuni casi può morire, come nel caso del martirio – mentre comunica la verità.

Durante il Convegno affronterete poi anche la categoria della parola...

Prof. O'Callaghan: Secondo tutta la tradizione cristiana, la rivelazione divina si comunica attraverso la parola, la parola di Dio, presente nella creazione, nei discorsi del profeti e specialmente nella vita e nell'insegnamento di Gesù Cristo, Verbo di Dio fatto uomo. La categoria della parola quindi è essenziale nell’evangelizzazione. Tuttavia, l’enfasi primordiale sulla testimonianza lungo gli ultimi decenni si è fatta qualche volta a spese della parola. Nell’apostolato della Chiesa, non di rado la parola è stata accantonata, lasciando lavorare ‘anonimamente’, per così dire, la sola testimonianza.

Come ciò è stato possibile?

Prof. O'Callaghan: C’era il desiderio, legittimo, anzi desiderabile, di evitare il pericolo di intolleranza nella comunicazione della fede tramite una parola di significato potenzialmente univoco. Si pensava che la testimonianza possedeva una dinamica più incisiva, più efficace, più rispettosa nella comunicazione della fede, nei confronti della nuda e dura parola.

Si tratta quindi di mettere insieme queste due categorie, la parola e la testimonianza?

Prof. O'Callaghan: Esattamente. Qualche volta ci si è lamentati di una testimonianza senza parola, inintelligibile quindi, oppure di una parola senza testimonianza, senza l’appoggio di una vita umana integra ed attrattiva. Né l’una, né l’altra convince.

Come verrà impostato il Convegno?

Prof. O'Callaghan: Detto un po’ scherzosamente, durante le due giornate, si dedicherà la mattina alla parola e il pomeriggio alla testimonianza. Mi spiego. La mattina verrà occupata principalmente dalle relazioni più teologiche. Si tratterà questioni tratte dall’antropologia, dalla storia, dalla Scrittura, dalla teologia fondamentale, dalla pastorale. Inoltre, abbiamo ricevuto moltissime richieste da professori che vogliono presentare comunicazioni brevi su diversi aspetti – sono tanti – della questione.

Nel pomeriggio, invece, ci saranno due tavole rotonde dedicate appunto a ‘testimonianze’ di vita cristiana in diversi ambiti. Nel primo giorno, dopo una prolusione di mons. Salvatore Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, la tavola rotonda verserà sulla testimonianza cristiana nel campo dell’arte e nella società. Quello di martedì, invece, tratterà la testimonianza cristiana in ambito politico. Per tutte e due le tavole rotonde abbiamo invitato persone di spicco della vita pubblica italiana.

Quali sono le attese per questa iniziativa?

Prof. O'Callaghan: Con questo convegno vogliamo mettere in risalto, come elemento costituente del messaggio del Concilio Vaticano II, l’apostolato di tutti i cristiani, un’apostolato fatto da parola e testimonianza, per l’evangelizzazione del mondo.

Per informazioni e iscrizioni: www.pusc.it/teo/conv2012