«Una grande enciclica contro la fede light, senza contenuti, che è tipica del New Age ma penetra anche nel cristianesimo». Questa la lettura della «Lumen fidei» del sociologo torinese Massimo Introvigne, direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR). «Il cuore dell’enciclica – spiega Introvigne – sta nell’interpretazione di un dialogo fra Isaia e il re Acaz. Isaia dice al re che se la fede fosse solo un’emozione, qualche cosa di vago, il re farebbe bene a non fidarsi, a credere solo alla sua prudenza umana. Ma la fede non è affatto solo un’emozione e un sentimento. Comprende un elemento di conoscenza, di verità. Leggiamo che la fede senza la verità “è solo una bella fiaba”».

Secondo Introvigne «non è difficile riconoscere le quattro mani, quelle di Benedetto XVI e quelle di Papa Francesco. Quest’ultimo insiste sulla sua tesi preferita, che la fede ci libera dall’autoreferenzialità per cui parliamo sempre solo a noi stessi anziché “uscire” a parlare con gli altri. E Papa Ratzinger continua la sua polemica con chi vuole separare il cristianesimo dall’eredità greca contrapponendo la conoscenza tramite la ragione dei Greci e la conoscenza tramite l’amore degli Ebrei, la fede come visione greca e la fede come ascolto della Bibbia. In realtà secondo l’enciclica ogni separazione è arbitraria, nel cristianesimo le due prospettive vanno insieme. Si conosce sia con la ragione, sia con il cuore, sia con la visione della luce e della bellezza sia con l’ascolto della parola e della musica del creato, e solo questa conoscenza integrale evita la violenza e costruisce la pace». 

 «Le ricerche sociologiche – conclude Introvigne – permettono di affermare che i due terzi degli italiani sono immersi nella fede light: non si dichiarano atei e agnostici, anzi dicono di credere, ma non hanno le idee chiare sul contenuto del loro credere e non mantengono nessun contatto con la Chiesa. A costoro soprattutto si rivolge l’enciclica di Papa Francesco».