ROMA, mercoledì, 13 ottobre 2004 (ZENIT.org).- L’arcieparca dei Cattolici siriani a Mosul, in Iraq, monsignor Basile Georges Camoussa, è stato l’unico rappresentante della Chiesa del suo Paese a partecipare al Congresso Eucaristico Internazionale che si svolge a Guadalajara, in Messico.
Il religioso ha dovuto far ritorno a Mosul, in questi giorni duramente colpita dai combattimenti tra forze statunitensi e ribelli asserragliati nella zona.
Prima di andar via ha potuto però parlare con la stampa, soprattutto con “El Semanario”, organo dell’arcidiocesi di Guadalajara che durante il Congresso sta offrendo un’edizione giornaliera ai partecipanti.
“Voglio lanciare un grido in questo Congresso. Voglio far ascoltare la voce dei popoli oppressi e desidero che tutti, soprattutto i politici, la ascoltino: che i popoli non siano legna da ardere”, ha detto l’arcieparca.
Quanto alle speranze che i Cattolici dell’Iraq ripongono in questo Congresso, nella polveriera in cui si è trasformato il Medio Oriente, l’arcivescovo di Mosul ha espresso il suo desiderio che il Congresso Eucaristico Internazionale “possa farci uscire da noi stessi, per sentire la sofferenza degli altri e per sostenere la causa di tutti coloro che soffrono, soprattutto il diritto dei popoli a vivere in pace”.
Circa l’Eucaristia di comunione, che ha costituito il tema principale del Congresso, soprattutto nella sua prima tappa riflessiva e teologica, monsignor Camoussa ha sottolineato che “la presenza di Cristo non può essere autentica nella nostra vita se non siamo in comunione con gli altri, soprattutto con quelli che soffrono di più e si trovano in difficoltà”.
Nonostante la paura, ha riconosciuto il prelato, “sono responsabile di una Chiesa e sono convinto del fatto di dover rimanere nel mio Paese, perché dobbiamo sostenere la fede del nostro popolo”.
Ha definito, infine, come San Giovanni Battista la voce della Chiesa cattolica, “un voce che grida nel deserto”. Affermando, tuttavia, “la mia voce non viene ancora meno”.
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Oct 13, 2004 00:00