Domenica 26 maggio 2013 si svolgerà a Bologna un referendum consultivo sui finanziamenti alla scuola paritaria dell’infanzia. Questa città fin dal 1994 si fregia di un sistema unitario e pubblico, cioè aperto a tutti, di scuole dell’infanzia, gestite dal Comune di Bologna, dallo Stato e da enti non profit (vale a dire scuole statali, scuole paritarie comunali, scuole paritarie private).

Questo il quesito referendario: “Quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali, che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole di infanzia paritarie a gestione privata, ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alle scuole dell’infanzia?

A) utilizzarle per le scuole comunali e statali

B) utilizzarle per le scuole paritarie private”

Le ragioni a favore della risposta A sono:

1) Si tratta di un referendum a favore della scuola pubblica;

2) il Comune di Bologna con l’elargizione gratuita di 1 milione di euro sostiene le scuole private invece che quelle comunali; si può aiutare la scuola pubblica, eliminando tale contributo. Il Comune è chiamato ad impegnarsi di più per la scuola pubblica dell’infanzia;

3) il sistema delle convenzioni con le scuole paritarie fa crescere in modo esorbitante le liste di attesa;

4) tale sistema è contrario all’art. 33 della Costituzione e alla legge;

5) viene limitata la libertà dei genitori che, non trovando posto nelle scuole comunali, sono costretti a mandare i figli nelle scuole private.

Le ragioni a favore della risposta B:

1) Il referendum si rivolge solo alle scuole dell’infanzia (3-6 anni); interpretare il quesito referendario come una scelta tra la scuola pubblica e quella privata dimentica che la scuola paritaria fa parte del servizio pubblico, cioè aperto a tutti, e rivela l’intento ideologico di sfavorire la scuola paritaria.

2) Il Comune di Bologna offre il servizio scolastico al 61% dei bambini tra i 3 e i 6 anni al costo complessivo di più di 35 milioni di euro (a cui vanno aggiunti 700000 euro per la scuola statale), cosa che lo pone al secondo posto in Italia per l’impegno a favore della scuola dell’infanzia, a fronte di un impegno delle scuole paritarie con una delle percentuali più basse nella regione e in Italia, il 21%. Diversamente lo Stato a Bologna fornisce solo il 17% delle scuole. A questi andrebbe chiesto un maggior impegno.

3) Nel 2013 i bambini in lista di attesa sono scesi a 103 rispetto ai 426 del 2012. I posti ancora liberi sono 55 nelle scuole comunali, 29 nelle scuole statali, 95 nelle scuole paritarie convenzionate. Se passasse il referendum, parte dei 1736 bambini frequentanti la scuola paritaria rischierebbe di restare fuori.

4) La sentenza Tar Lombardia 1082/2002 sull’art. 33 sopracitato recita: “è vero che l’art. 33 della Costituzione al comma terzo non prevede l’onere di contribuzione dello Stato alla scuola privata, ma questa disposizione non è stata interpretata dalla migliore dottrina come prescrivente un divieto assoluto, bensì una mera assenza d’obbligo”. La legge, poi, riconosce espressamente che tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione svolgono un servizio pubblico e la collaborazione consolidatasi in circa 20 anni a Bologna tra scuole comunali, statali e paritarie a gestione privata si inquadra nell’ambito di una corretta applicazione del principio di sussidiarietà, così come sancito nell’art. 118 della Costituzione. In particolare le 27 scuole convenzionate con il Comune di Bologna (la maggior parte delle quali esisteva ancora prima di quelle comunali e statali) sono riconosciute dalla legge 62/2000, e, a livello regionale, dalla Risoluzione 5172/5362, ove si dichiara la necessità di superare contrapposizioni ideologiche (pubblico/privato) per promuovere il pluralismo delle presenze e delle esperienze e, successivamente, da un Protocollo d’intesa tra Regione Emilia Romagna e Fism regionale che riconosce la funzione pubblica esercitata dalle scuole dell’Infanzia, private, senza fini di lucro, le quali vengono a far parte del sistema regionale integrato di scuole dell’infanzia, regolamentato delle leggi regionali per il diritto allo studio: L.R. 52/95, L.R. 10/99,  L.R. 26/2001.

5) I promotori del referendum negano di fatto la peculiarità del nostro “sistema scolastico pubblico”, spingendo il Comune ad abbandonare l’esperienza consolidatasi negli ultimi vent’anni. Ciò lede il principio costituzionale della libertà di scelta in materia educativa da parte dei genitori, ma soprattutto pone a repentaglio la possibilità di assicurare a molti bambini la frequenza nella scuola dell’Infanzia, facendo così ingrossare vistosamente le liste d’attesa. Infatti, con il milione di euro all’anno attualmente destinato alle scuole paritarie (2,8% della spesa del Comune per la scuola dell’infanzia) il Comune potrebbe garantire solo 145 posti (il costo per bambino nelle scuole comunali è di 6900 euro all’anno), contro i 1736 posti assicurati dalle paritarie convenzionate, ognuno dei quali gode del contributo di 600 euro e si sostiene, per il resto, con le rette pagate da genitori che versano le tasse come gli altri.

Questo referendum viene, quindi, sentito come un attacco al legittimo pluralismo educativo e alla libertà di scelta delle famiglie.

Nella lettera aperta scritta alle mamme e ai papà di Bologna dal Sindaco, Virginio Merola, si legge: «Il Comune è orgoglioso delle sue scuole e del sistema integrato che mette in relazione scuole comunali, statali e paritarie private.

Noi non siamo costretti a sostenere con un milione di euro le scuole statali. Noi non siamo costretti a dare un milione di euro alle scuole paritarie private. Noi lo facciamo perché lo riteniamo giusto. E’ questo modello che permette di avere qualità educativa diffusa e di non lasciare a casa i bambini quando i tagli del governo diventano insostenibili.

Va detto senza ambiguità: è questa per noi la scuola pubblica, non un’altra che non c’è. Oggi il vero assente è lo Stato che non garantisce la scuola dell’infanzia nemmeno a due bambini su 10. E’ bene farla finita con un imbroglio ideologico: questo non è un referendum per dire se sia meglio la scuola privata o la scuola pubblica… Non ci sono bambini di destra e di sinistra, e soprattutto bambini usati per fini politici».

In modo simile ha parlato il Ministro dell’Istruzione Carrozza, intervenendo da Firenze al congresso della Cisl scuola a pochi giorni dal referendum consultivo: «Dobbiamo pensare ai bambini che vanno a scuola e garantirne la copertura. Il mio interesse è appoggiare gli accordi che vedono il ruolo delle paritarie per coprire tutti i posti per i bambini…. Le scuole paritarie hanno degli obblighi da rispettare nei contratti con gli insegnanti, nei programmi, nel come si pongono, e hanno un valore importante perché offrono un servizio che permette a un comune di soddisfare le esigenze delle famiglie». (http://www.tempi.it/referendum-bologna-il-ministro-carrozza-vota-b-dobbiamo-pensare-ai-bambini#.UZ8UmqJU9HA).

L’iniziativa è nata dallo spiacevole fatto che numerosi bambini, figli di genitori che hanno scelto la scuola pubblica, si sono trovati in lunghe file d’attesa. Il problema va risolto, ma togliere finanziamenti alla scuola paritaria, che, con costi bassi per il Comune, fornisce un servizio di alta qualità, significa veramente restituire sostegno ai servizi pubblici di Bologna?

Ovvero, non sarà magari che il problema reale originario viene preso come spunto per promuovere, prima a livello locale e poi nazionale, un tentativo di delegittimazione della scuola paritaria, che ha una tradizione di libertà educativa, la quale si scontra inevitabilmente con le ideologie che oggi sempre più stanno offuscando il vero volto dell’uomo?