In occasione della prima festa liturgica della beata Maria Cristina di Savoia, che si celebra oggi, venerdì 31 gennaio, riprendiamo l’omelia tenuta sabato 25 gennaio scorso dal cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, durante il rito di beatificazione.
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“(Egli) Ella dona largamente ai poveri
la sua giustizia rimane per sempre
la sua fronte s’innalza nella gloria”.
Così abbiamo cantato nel Salmo responsoriale di questa liturgia eucaristica che celebriamo per ringraziare il Dio tre volte Santo che ha voluto beatificare la Regina Maria Cristina di Savoia, i cui resti mortali sono sepolti in questa splendida basilica.
Napoli, che l’accolse nel novembre del 1832, come regina assieme al suo sposo Ferdinando II di Borbone, oggi gode perché la Chiesa ha riconosciuto l’eroicità delle sue virtù e la presenta alla venerazione dei fedeli come maestra del popolo cristiano.
Maria Cristina di Savoia, la “reginella santa” come era acclamata dalla corte e dal popolo napoletano, è dono prezioso per la Chiesa di Napoli e per la Chiesa universale. La sua vita e le sue opere di carità rimangono per tutti un tesoro da custodire e da imitare anche oggi. Ella fu una straordinaria donna di carità con una predilezione speciale per i poveri, i malati, le donne in difficoltà; carità autentica e incarnata nella realtà del suo tempo, carità vissuta come promozione umana e cristiana del suo popolo. Maria Cristina è stata la Regina dei poveri perché ha posto l’amore evangelico alla base del suo stile di vita semplice e sobrio, del suo impegno per il perdono e la pace in famiglia e nella società; per il sostegno alla gioventù esposta, anche allora, a pericoli di ogni genere; per la difesa dei diritti inalienabili della persona umana, consapevole che nulla è estraneo a Cristo e al suo Vangelo di quanto è veramente umano. È estremamente significativo e commovente leggere che, alla sua morte, venne consegnato al re il “tesoro della Regina”, un baule contenente le ricevute rilasciate al suo direttore spirituale, P. Terzi, dei numerosi beneficiati da Maria Cristina.
Ma la Regina incarnò la sua fede e la carità di Cristo all’interno della sua famiglia, dove fu modello di sposa e di madre. Come la donna saggia del Vangelo, fu consigliera del suo sposo, adoperandosi per la difesa e la promozione del popolo a lui affidato. Dal canto suo, Ferdinando II, nella sua azione di governo, fece suoi i desideri di bene della sua sposa che lo consigliava alla moderazione e alla clemenza, come nel caso della commutazione delle condanne a morte alla pena del carcere anche per cospiratori e nemici.
In solo tre anni, la Regina di Napoli si rese promotrice di numerose opere di carità e di promozione umana. Basta ricordare il suo coraggioso impegno per restaurare la colonia di S. Leucio per la produzione della seta e, a Torre del Greco, l’artigianato del corallo, al fine di rimettere in piedi una economia dissestata, creando posti di lavoro anche per le donne e aiutare economicamente tante famiglie povere.
Questa santità di vita fu possibile perché la Principessa Sabauda, educata dai suoi genitori alla fede e alla pietà cristiana, seppe leggere e praticare in tutta la sua vita la volontà di Dio: obbedire, con umiltà e responsabilità, al progetto che Dio aveva posto nella sua esistenza. Da tempo, ella coltivava il segreto desiderio di diventare religiosa ed entrare in un monastero di clausura, certa che Dio la chiamava alla vita religiosa. Ma quando capì, attraverso anche il padre spirituale Giovanni Battista Terzi, che, atteso anche il contesto socio – politico del suo tempo, il Signore la chiamava alla vita matrimoniale, accettò con obbedienza di percorrere la strada indicatale: “Ora ti assicuro e ti ripeto che sono tranquillissima - scriveva nel maggio 1831 allo stesso religioso olivetano - … spero che Iddio mi aiuterà sempre e mi farà conoscere la sua santa volontà … Ora io sono interamente nelle mani di Dio e per il mio avvenire spero che ci penserà lui”.
E il Signore mostrò di gradire l’offerta, donandole non solo il grande affetto, ma la devozione sincera del popolo napoletano che la acclamò sua “reginella santa”. Fin dal suo arrivo nel porto di Napoli, proveniente da Genova, la popolazione, giunta anche da altre città del Regno, nonostante la battente pioggia, l’accolse con un calore del tutto speciale, forse anche perché era stata preceduta dalla fama della sua bellezza e della sua bontà. In realtà, il corredo che ella portava, ricco di virtù umane e cristiane, segnò per sempre la storia di Napoli. Qualche giorno dopo il suo ingresso a Napoli scriveva alla contessa Valvera: “ Sono incantata da Napoli e da tutto ciò che vedo”. Così, ella conquistò subito il cuore dei napoletani con la sua straordinaria carità, facendosi carico dei più svariati bisogni dei poveri e degli indigenti.
Cari fratelli e sorelle, il rito della beatificazione della Regina Maria Cristina, che da poco abbiamo celebrato, ci insegna che la strada della santità è da tutti percorribile se ci lasciamo guidare dalla luce dello Spirito Santo, che ci anima dal di dentro e ci trasforma col battesimo. Siamo tutti chiamati ad essere santi e lo saremo realmente se conformeremo la nostra volontà a quella di Dio, se sapremo praticare la carità mettendo la nostra vita al servizio degli altri, soprattutto dei poveri e bisognosi, che incontreremo sempre sulla strada della nostra vita. La santità è realtà costitutiva della Chiesa, ne impregna la sua storia e la vivifica anche oggi. Quanti santi vivono ancora oggi tra la nostra gente: persone normali, umili, nascoste, senza eroismo visibile, ma che sanno incarnare, in gesti semplici e concreti, la carità di Cristo. La santità non ha confini di tempo, di luogo, di condizione sociale o culturale.
Chiediamo alla nostra beata di indicarci e accompagnarci per le strade della vita, tenendo sempre Dio nel cuore: “Credo in Dio, spero in Dio, amo Iddio” furono le ultime parole della beata prima della sua morte, che avvenne il 31 gennaio 1836, all’età di 24 anni.
Dio ci benedica e
‘A Maronna c’accumpagna
Immagini sulla beatificazione in http://www.ofm.org/ofm/?p=6898&lang=it