di Salvatore Cernuzio

ROMA, venerdì, 14 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Focolai di tensione sociale, sanguinosi conflitti e violenze, minacce di guerra, diseguaglianze fra ricchi e poveri ed una mentalità egoistica e individualista espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato. Per non dimenticare poi il terrorismo, la criminalità internazionale, il dramma della fame, le libertà religiose violate, la marginalità con cui vengono affrontati temi come il diritto alla vita, la famiglia e i diritti sociali, e molto altro ancora.

È questo ciò che propone il mondo odierno. Eppure, nonostante tale quadro allarmante, Benedetto XVI afferma a gran voce: “La vocazione innata dell’umanità è la Pace”.  È un annuncio forte, carico di speranza e di verità, che il Pontefice non diffonde attraverso il suo nuovo profilo Twitter, ma nel Messaggio per la 46a Giornata Mondiale della Pace pubblicato e presentato questa mattina.

Il Messaggio è un documento di particolare importanza perchè verrà inviato alle Cancellerie di tutto il mondo, in quanto traccia le linee-guida su cui Benedetto XVI basa il suo tradizionale discorso del 1° dell’anno agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede.

Il tema del Messaggio del 2013 è Beati gli operatori di pace. La rinnovata constatazione che “l’uomo è fatto per la pace” ha spinto infatti il Pontefice a riflettere, in un’ottica adattata alla modernità, sulle parole di Cristo nel Discorso della Montagna: “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9). Vivere concretamente la prospettiva delle Beatitudini evangeliche è, secondo Benedetto XVI, l’unico modo per superare il male che sconvolge il mondo e costruire una società fondata su “verità, giustizia e amore”.

La pace, infatti, è un dono di Dio, ma al contempo anche un’opera umana che - scrive il Santo Padre - presuppone “un umanesimo aperto alla trascendenza e un'etica della comunione e della condivisione”, necessita di un “colloquio costante con Dio” e del “riconoscimento di essere una unica famiglia umana che si struttura con relazioni interpersonali e istituzioni dove si riconoscono i reciproci diritti e doveri”.

L'operatore di pace è quindi “colui che ricerca il bene dell'altro, il bene pieno dell'anima e del corpo e che collabora alla realizzazione del bene comune delle varie società”. Come si traduce concretamente tutto ciò?

Papa Benedetto sottolinea da subito che la realizzazione del bene comune e della pace è strettamente connessa al rispetto della vita umana nella sua integralità. I “veri operatori di pace sono coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente” afferma nel Messaggio.

La dimensione Personale a cui si riferisce il Papa, rimarca il fatto che “gli operatori di pace difendono e promuovono la vita dal concepimento fino alla morte naturale”. In tale azione di difesa e promozione, il punto nodale è “il riconoscimento della struttura naturale del matrimonio, quale unione fra uomo e donna, caratterizzata anche dal suo insostituibile ruolo sociale”, evidenzia il Santo Padre.

Per cooperare a realizzare la pace, è importante quindi che “gli ordinamenti giuridici e l'amministrazione della giustizia riconoscano il diritto all'uso del principio dell'obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l'aborto e l'eutanasia”. 

C’è poi una dimensione trascendente della vita umana, posta in essere da chi difende la libertà religiosa, intesa dal Papa “non solo come libertà di scelta della religione, ma anche come libertà di testimoniare e annunciare, compiere attività educative e di assistenza, esistere e agire come organismi sociali”. 

Infine la dimensione comunitaria. Scrive il Santo Padre: “L'operatore di pace è colui che considera fondamentali e promuove i diritti e doveri sociali che sono essenziali per la piena realizzazione dei diritti e doveri civili e politici”. Il punto centrale è qui “la minaccia al diritto al lavoro”, considerato oggi “una variabile dipendente dei meccanismi economici e finanziari”.

A tal proposito, il Pontefice riafferma la necessità di perseguire l'obiettivo della piena occupazione, la cui precondizione è che il lavoro venga “considerato da un punto di vista etico, spirituale e come bene fondamentale per la persona, per la famiglia e per la società”. Ciò esige che siano studiate e messe in atto coraggiose politiche del lavoro per tutti.

Nel Messaggio si ricalca, pertanto, la necessità di un nuovo sguardo sull'economia e di un nuovo modello di sviluppo che “sia integrale, solidale e sostenibile” e che “abbia Dio come riferimento ultimo”. In tal senso, il Papa indica due punti cruciali: da un lato, “la strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali”; dall'altro, “una considerazione adeguata e risoluta della crisi alimentare” che, secondo Benedetto XVI, è “ben più grave di quella finanziaria”.

Il tema della sicurezza degli approvvigionamenti alimentari, spiega il Pontefice, è ritornato centrale nell'agenda politica internazionale a causa di crisi connesse, tra l'altro alle oscillazioni dei prezzi delle materie prime agricole, "a comportamenti irresponsabili e ad un insufficiente controllo dei Governi e della Comunità internazionale”. È urgente, perciò, che gli operatori di pace si impegnino a creare le condizioni ottimali, specialmente per i piccoli agricoltori, per far sì che essi svolgano il lavoro della terra "in modo dignitoso e sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico”.

Richiamando il discorso del Messaggio del 2012 su "Educare i giovani alla giustizia e alla pace", il Papa, infine, concentra la sua attenzione sul tema dell'educazione, ribadendo “con forza” che gli operatori di pace sono chiamati “a coltivare l'impegno di una valida educazione sociale”.

In primo luogo è la famiglia,“cellula base della società dal punto di vista demografico, etico, pedagogico, economico e politico”, a dover svolgere un ruolo educativo di base. Essa, scrive il Papa, “ha una naturale vocazione a promuovere la vita”; per cui “va tutelato il diritto dei genitori ad educare i propri figli e il loro ruolo primario nell'educazione, in particolare, nell'ambito morale e religioso”.

Anche le comunità religiose, hanno un "immenso compito di educazione alla pace" e, in questo ambito, ricoprono un ruolo fondamentale anche le istituzioni culturali, scolastiche e universitarie “alle quali è richiesto un fondamentale contributo per il rinnovamento della classe dirigente e delle istituzioni, così come una riflessione scientifica che radichi le attività economiche e finanziarie in un fondamento antropologico ed etico”.

Il Messaggio per la Giornata della Pace 2013 si conclude quindi con l’affermazione della necessità di una “pedagogia della pace” che richiede “una ricca vita interiore, validi riferimenti morali e atteggiamenti e stili di vita appropriati” e implica “azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza”. Tutti gli atteggiamenti, cioè, “incarnati dal Signore Gesù fino al totale dono di sé”.