ROMA, venerdì, 1 giugno 2012 (ZENIT.org).- Mercoledì 30 maggio si è svolta al VII Incontro mondiale delle Famiglie una tavola rotonda dedicata al rapporto tra la famiglia e i moderni mezzi di comunicazione sociale.

Un pubblico variegato, nella grande sala delle riunioni plenarie del Mico, coinvolto in un evento di comunicazione multimediale e interattiva condotto dal giornalista di TV2000 Fabio Bolzetta, sul tema “Famiglia e comunicazione globale, il bisogno di un cambio di rapporto”.

Insieme agli interventi dei relatori, numerose le testimonianze e le domande dal pubblico: alcuni video hanno contrassegnato i passaggi tematici e molti stimoli sono giunti anche dalla “rete” internet di Facebook e Twitter.

Così si è costruito un significativo tempo di riflessione e di confronto sui grandi temi che la comunicazione globale e l’utilizzo degli strumenti tecnologici comportano per la vita delle persone e delle famiglie.

Quali i maggiori problemi di educazione e di comunicazione con i giovani? Come regolare l’utilizzo di tutti i mezzi di connessione ormai a portata di molti e dei più giovani? «Agli eterogenei media della comunicazione dobbiamo chiedere umiltà e realismo, perché spesso ci trasmettono una realtà falsata», ha detto Josè Luis Restan, esperto di informazione e direttore di trasmissioni radiofoniche e multimediali.

Non si deve lasciare ai media il compito educativo, che compete alla famiglia, pur nelle situazioni di debolezza e fragilità che spesso la connotano oggi. Alla famiglia rimane il compito di trasmettere il buon senso della vita, che non ci si può aspettare dalle più popolari e diffuse trasmissioni mediatiche.

Ci rendiamo conto che i media possono essere un supporto alla crescita dei figli - hanno concordato diversi intervenuti latinoamericani -, però vogliamo essere un soggetto vivo della comunicazione e diamo importanza al rapporto umano, alla condivisione in casa, con gli amici e all’esterno, perché il contatto virtuale non può sostituire quello personale.

«Usare i media come fattore di relazione e non di sola connessione: facebook crea “rete”, ma non comunità, a meno che le persone non decidano di fare comunità. Non fare del web un sostituto della testimonianza personale - ha sottolineato Norberto Gonzales Gaitano, docente di Opinione pubblica e di Etica della comunicazione - e tanto meno della catechesi; si possono selezionare fonti alternative sull’informazione religiosa, per non essere manipolati da visioni e informazioni parziali e scorrette». Il web può essere strumento aggregante per la famiglia e per la fede si trovano cose disparate, ma anche tante domande di ricerca e di senso.

Si tratta dunque di preparare genitori e figli a “decodificare i media” e le soluzioni classiche di come educare ai media in famiglia non funzionano più: i media ormai li abbiamo sempre in mano e ci consentono l’accesso alla “rete” in qualsiasi luogo.

Ai genitori manca il tempo per intervenire: è un dato di fatto dovuto ai ritmi frenetici del nostro vivere. Cosa fare? «Meno controllo, più governo - suggerisce Pier Cesare Rivoltella, docente di Didattica generale e Tecnologie dell'educazione -, dove il governo dice saggezza, equilibrio e serenità di rapporto, mentre il controllo evidenzia timore e inadeguatezza. La parola chiave è responsabilità».

La pedagogia del contratto emerge per costruire responsabilità e si costruisce col dialogo per avere un’esperienza educativa vera, in modo che i ragazzi capiscano di dover mettere in discussione quanto apprendono. La famiglia deve accettare ogni giorno la grande sfida e sottoporre i media a giudizio critico.