In occasione della prossima Giornata del Mare (domenica 13 luglio), “siamo invitati a prendere coscienza dei disagi e delle difficoltà che i marittimi affrontano giornalmente e del prezioso servizio svolto dall’Apostolato del Mare nell’essere Chiesa che testimonia la misericordia e la tenerezza del Signore per annunciare il Vangelo nei porti del mondo intero”.
Lo dichiarano il cardinale Antonio Maria Vegliò e l’arcivescovo Joseph Kalathiparambil, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, nel messaggio siglato per la Giornata.
Celebrando la Domenica del Mare, il dicastero vaticano dei Migranti ha inviato “ciascun cristiano a guardarsi intorno e a rendersi conto di quanti oggetti che usiamo nella nostra vita quotidiana sono giunti a noi attraverso il duro e faticoso lavoro dei marittimi”, uomini “invisibili ai nostri occhi e agli occhi della nostra società”, per una serie di “fattori legati alla loro professione”.
La vita dei marittimi, aggiungono Vegliò e Kalathiparambil, “non è certo quella romantica e avventuriera che talvolta è presentata nei film e nei romanzi”. Si tratta, infatti, di una vita “difficile e pericolosa”, che quotidianamente sfida “la furia e la forza della natura”, il “rischio della pirateria” e “il pericolo della criminalizzazione e dell’abbandono senza salario, cibo e protezione in porti stranieri”.
Ci sono, poi, altri fattori di disagio per i marittimi. Ad esempio, si riducono sempre più “i tempi di attracco e il tempo libero dei membri degli equipaggi, mentre le misure di sicurezza hanno ristretto le possibilità di scendere a terra”. Inoltre una nave “rende economicamente solo quando naviga e, per questo, deve continuamente salpare da un porto all’altro”.
Fare il marittimo significa poi non poter scegliere i propri compagni di viaggio ed operare in equipaggi che sono “un microcosmo di persone di differenti nazionalità, culture e religioni, costrette a vivere insieme nel perimetro limitato di una nave per la durata del contratto, senza nessun interesse in comune, comunicando con un idioma che spesso non è il loro”.
I marittimi vivono dunque in uno stato di “solitudine” e di “isolamento” forzati, lontani dalle loro famiglie per tempi assai lunghi e con molte difficoltà, nell’accesso alle tecnologie (telefono, w-fi, ecc.) per contattarle. Molti dei figli dei marittimi, dunque, “nascono e crescono senza che essi possano essere presenti, accrescendo così il senso di solitudine e d’isolamento che accompagna la loro vita”.
Attraverso l’Opera dell’Apostolato del Mare, la Chiesa, con “sollecitudine materna”, offre la sua assistenza pastorale alla gente del mare, ricordano poi i massimi rappresentanti del Pontificio Consiglio per i Migranti.
Ogni anno, presso i Centri Stella Maris, i marittimi vengono “ricevuti con calore” e “possono rilassarsi lontano dalla nave e contattare i propri familiari utilizzando i diversi mezzi di comunicazione messi a loro disposizione”.
A bordo delle navi e negli ospedali, poi, essi ricevono giornalmente le visite dei volontari che assicurano loro “una parola di conforto ma anche un aiuto concreto, quando necessario”.
Da parte loro, i cappellani offrono costantemente “assistenza spirituale (celebrazione della messa, preghiere ecumeniche, ecc.) ai marittimi di tutte le nazionalità che ne hanno bisogno, specialmente nei momenti di difficoltà e crisi”.
Ultimo - ma non meno importante – ruolo dell’Apostolato del Mare è la denuncia di “abusi e ingiustizie” e la difesa dei “diritti della gente del mare”, attraverso la sollecitazione del “rispetto delle Convenzioni internazionali” da parte dell’industria marittima e dei governi.
Il Messaggio per la Giornata del Mare si conclude con un espressione di gratitudine da parte del Dicastero a “a tutti coloro che lavorano nell’industria marittima” e con l’invocazione a Maria “Stella del Mare”, affinché guidi, illumini e protegga “la navigazione di tutta la gente del mare” e “sostenga “i membri dell’Apostolato del Mare nel loro ministero pastorale”.