Teresa di Lisieux, poco tempo prima di morire, l’ha detto chiaramente:
“Sento che sto per entrare nel riposo [...]. Ma sento soprattutto che sta per cominciare la mia missione, la mia missione di fare amare il buon Dio come l’amo io, di comunicare la mia piccola via alle anime. Se il buon Dio esaudirà i miei desideri, il mio cielo scorrerà sulla terra sino alla fine del mondo. Sì, voglio passare il mio cielo e fare del bene sulla terra”.
Teresa è passata all’altra vita, portandosi con sé la voglia di continuare a soccorrere e salvare. E quando muore un nonno, una madre, un amico, un padre…vuoi che anche questi non si portino dietro l’amore per i loro cari? E vuoi che Dio sia sordo al loro desiderio di continuare a proteggere ed aiutare le persone che amano tanto? Siamo circondati da un mondo invisibile attivissimo e felicissimo di esserci. I nostri cari continuano a starci vicini, con un amore che è operoso e partecipe delle nostre cose.
Una mia amica mi ha scritto questa lettera. L’ho letta ai ragazzi a scuola. È una perla preziosa privata, ma che può essere di conforto a tanti. Buona lettura.
“Ricordo ancora il racconto della mia maestra di scuola: ‘Durante l’ultima guerra mondiale, un ragazzo e la sorella più piccola stavano scappando per raggiungere un rifugio anti-aereo, perché c’era in atto un terribile bombardamento. Si trovarono ad un certo punto senza via d’uscita, tra macerie di palazzi bombardati precedentemente e indecisi se tornare indietro, perché probabilmente sarebbero caduti in mano ai tedeschi, dal momento che c’era il coprifuoco e non sarebbero dovuti essere là. Una ragazzina, sbucata chissà da dove, indicò loro un passaggio nascosto. Non appena lo ebbero percorso, si voltarono indietro, ma la ragazzina sembrava essersi dileguata. Dopo essersi messi in salvo, si resero conto che la ragazzina era la loro sorella maggiore: era morta prima della guerra, era vestita con lo stesso cappottino azzurro con cui era ritratta in una fotografia, e loro si rammaricarono di non aver avuto il tempo per rendersene conto e riabbracciarla’.
Gli occhi della maestra si erano riempiti di lacrime, ed io ero affascinata dalla narrazione! Dentro di me stava prendendo coscienza che certi fatti inspiegabili possono accadere. Come quel 23 gennaio. Mia madre era andata in chiesa per la celebrazione in onore di Padre Pio. Stava passando un periodo di grande incertezza e sofferenza. All’uscita dalla chiesa, si sedette ad aspettarmi. Era in una piazzetta non molto grande, con diverse auto parcheggiate, in pieno centro storico e sempre molto frequentata.
Vide avvicinarsi un uomo, alto, con un lungo cappotto scuro e un cappello con la tesa abbassata che le impediva di vederne il volto.
Lei ebbe paura, si guardò intorno, in cerca di aiuto, ma in quel momento non passava nessuno, non transitava nessuna macchina. D’improvviso, sembrò che lo spazio e il tempo fossero sospesi, come in attesa di qualcosa o qualcuno… Lei strinse la borsetta sotto il braccio, raggomitolandosi su se stessa, perché temeva fosse un borseggiatore. L’uomo la raggiunse e mentre la sfiorava, le disse: “Stai tranquilla che la Madonna ti sta aiutando su tutto!” e senza rallentare, si allontanò fino a dileguarsi.
Non appena sparì alla sua vista, lo spazio intorno a lei riprese vita, come se tornasse a respirare dopo aver trattenuto il fiato. Solo quando fu in macchina con me, si rese conto che la voce dell’uomo era quella di suo fratello, morto tanti anni prima. Già, mia madre… Alla vigilia del giorno che avrebbe cambiato per sempre la mia vita, ero seduta sul divano di casa, ad occhi chiusi. Stavo pregando, stavo parlando con Dio.
Non so spiegare, ma avvertii nella stanza una presenza forte (mi dispiace non riuscire a trovare una definizione migliore per descrivere quell’atmosfera intorno a me). Aprii gli occhi e mi trovai di fronte mia madre, la mamma dei giorni migliori, vestita di rosso e sorridente. Trasalii per lo stupore e lei scomparve. Alla luce di quello che successe il giorno seguente, cara Cristina, capisco il suo sorriso rassicurante. Era un messaggio perché non disperassi. Tu sai quanto dolore e quanta sofferenza mi porto ancora dietro insieme a tutta la mia famiglia.
Tu dici sempre che spesso non è una situazione drammatica a farci soffrire tanto, ma è il suo perdurare nel tempo ad esasperare la nostra vita. Ed è per questo che nei momenti di maggior disperazione, quando non so cosa darei per poter sollevare il ricevitore e sentire di nuovo la sua voce, le sue parole di consolazione e di speranza, quella visione di un attimo mi fa riprendere fiato dopo la corsa, come bere un sorso d’acqua nell’arsura del deserto.
Per concludere, dimenticavo un particolare importante. Anni dopo quel racconto rivolto ad una scolaresca di bambine, la maestra mi confidò che quell’episodio era successo a lei e suo fratello, che ce lo aveva riportato in maniera impersonale, perché non voleva suggestionarci più di tanto. Aggiunse che, appena finito il bombardamento, con il fratello erano ritornati nel punto dove avevano imboccato il passaggio nascosto indicato dalla sorellina scomparsa, ma non ne avevano trovata traccia.”
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(tratto da www.intemirifugio.it)