“Non pianger più. Torna il diletto figlio
a la tua casa. È stanco di mentire.
Vieni; usciamo. Tempo è di rifiorire.
Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio”.
Le reminiscenze scolastiche ci riportano ogni tanto all’esordio dei versetti iniziali della citata poesia dannunziana dal titolo evocativo di Consolazione.
Fare memoria dell’Immacolata Concezione ci ricorda quanto consolante sia il ricordo di Maria, ma quanto dolorosi siano i ricordi del nostro errare sui sentieri dell’errore.
La partecipazione della Madonna alla Passione del Figlio, richiama tutta la drammaticità del peccato.
Maria, membro eminente del genere umano e della Chiesa, è l’icona dell’attesa redentiva che non viene scandita solo dal tempo, ma dalla qualità della sofferenza materna rigata da “lacrime di sangue”.
Gabriele D’Annunzio, il “poeta vate”, è invece l’icona dei figli di “una generazione perduta” che spegne i suoi sogni nell’utopia dei desideri consumati prima del nascere.
Il tempo dell’Avvento, dove attesa e speranza si con-fondono, è segnato dalla solennità dell’Immacolata Concezione quale altissimo momento preparatorio alla consolazione piena e vera della nascita del Messia.
L’attesa che si esprime nel tempo ha tuttavia un riverbero nello spazio inteso come “luogo interiore” nel quale avvengono i mutamenti.
È anche in questo senso che si può interpretare l’originale espressione dell’Evangelii gaudium quando Papa Francesco colloca lo spazio in una posizione preferenziale rispetto al tempo.
La parabola del figliol prodigo descrive lo sguardo di un padre misericordioso verso l’orizzonte sconfinato di una libertà offerta al Figlio la cui felicità, tuttavia, è fruibile solo se percorre la strada del ritorno verso la casa che lo ha generato e nutrito.
La nascita e la crescita sono dinamiche che nella realtà materiale non possono prescindere dalla funzione materna.
Nella dimensione soprannaturale la Vergine Maria è il segno che nel mistero di Dio esprime la funzione materna sulla seconda nascita chi era morto a causa del peccato.
Se D’Annunzio consolava la madre con promesse volontaristiche flottanti nelle sensazioni che annacquano l’effettivo rinnovamento morale, il cristiano restituisce a Dio la consolazione del dono della Madre forte dell’esperienza della misericordia.
Il perdono, che nei ruoli della vita familiare è tradizionalmente attribuito alla madre, procede da Maria attraverso una doppia dinamica: la grazia supplice e la grazia esemplare.
San Massimiliano Maria Kolbe che “capì, venerò e cantò il mistero di Maria” riconosce nella Madre di Dio la mediatrice di ogni grazia attraverso la sua meritoria preghiera, ma anche attraverso la dinamica dell’emulazione che trasforma i sentimentalismi nel sentimento volitivo che spinge alla conversione di vita.
È la via pulchritudinis, la via della bellezza che conquista, attira e trasforma.
L’Immacolata Concezione, espressione del progetto originale di Dio sull’uomo e sulla Chiesa, voluti senza né macchia, né ruga, fanno sentire forte il bisogno di purificazione, il recupero della condizione innocente dell'infanzia, dei sentimenti miti e delicati, delle piccole cose quotidiane, di una vita semplice ed autentica, ignara di finzioni e ipocrisie mondane e letterarie.
E’ tempo oramai di ritornare alla semplicità e all’innocenza della fanciullezza.
Il pallore che caratterizza il volto della mamma del D’Annunzio indica una vita desolata e reclusa nel dolore delle mura domestiche.
Il bianco che accompagna l’iconografia mariana simboleggia invece l’Immacolata Concezione di Maria.
Il poeta, in un’annunciata primavera, rivolge l’invito alla madre ad uscire per lasciarsi indorare la pelle dal sole.
Papa Francesco, come “vate” della nuova primavera ecclesiale invita la madre Chiesa all’uscita per le vie del mondo affinché, illuminata dalla luce del “Sole senza tramonto” manifesti a tutti gli uomini il suo amore materno capace di riportare ogni figliol prodigo sulla strada del ritorno al Padre.