È dedicata in particolare ai valori non negoziabili la seconda parte della prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, al Consiglio Episcopale Permanente, in corso da oggi fino a mercoledì 26 marzo.

La difesa della vita dal concepimento alla morte naturale, ha sottolineato Bagnasco, è sempre una difesa dei più deboli, affinché i “più forti e senza scrupoli” non debbano “manipolare e piegare persone e Nazioni ai propri interessi”, in nome di una “visione iperindividualista” dell’umanità.

Il “sentire profondo” del popolo, tuttavia, va in un’altra direzione e si sostanzia nell’“impegno dei doveri quotidiani”, nel “senso profondo della famiglia”, nella “solidarietà nelle relazioni”, nell’“autentico eroismo nella dedizione ai malati e agli anziani”, nella “passione responsabile nell’educazione dei figli”.

È in questa “rete virtuosa” che risiede la “speranza nel futuro” del Paese e la possibile “rinascita morale e spirituale” per la quale serve una conversione “dall’io al noi e dal mio al nostro”.

Vi sono, ha proseguito Bagnasco, numerosi “diritti umani proclamati e di fatto violati”, come ad esempio i diritti del bambino, oggi sempre più aggredito: ridotto a materiale organico da trafficare, o a schiavitù, o a spettacolo crudele, o ad arma di guerra, quando non addirittura esposto all’aborto o alla tragica possibilità dell’eutanasia”. Tragedie come queste gridano “vendetta al cospetto di Dio”, ha detto il porporato.

Il presidente della CEI ha menzionato anche la “tratta delle donne” e le numerose “forme di violenza e di barbara criminalità” perpetrate ad opera delle “forme organizzate e mafiose”, citate venerdì scorso da papa Francesco durante la veglia in memoria delle vittime della mafia.

Anche la libertà religiosa è ancora “perseguitata in troppe regioni del mondo”, ha proseguito Bagnasco, accennando poi a conflitti come quello ucraino, per il quale, il porporato ha ricordato la “gratitudine” della comunità cristiana per le 24 ore di adorazione e riconciliazione proposte da papa Francesco per tutte le Diocesi.

Bagnasco ha poi accennato alla “urgenza del compito educativo”, alla “sacrosanta libertà dei genitori nell’educare i figli” e al “diritto ad una scuola non ideologica e supina alle mode culturali imposte”, alla “preziosità irrinunciabile” che la scuola cattolica offre in tal senso.

La famiglia, “disprezzata” sul piano culturale e “maltrattata” sul piano politico – come affermato da papa Francesco qualche tempo fa – viene spesso rappresentata come un “capro espiatorio”, anziché come un “presidio universale di un’umanità migliore e la garanzia di continuità sociale”, ha detto il cardinale.

Il presidente della CEI ha quindi criticato l’iniziativa dell’UNAR Educare alla diversità a scuola, che, con la scusa di combattere bullismo e discriminazione, instilla nei bambini “preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre”.

La lettura ideologica del “genere”, ha aggiunto Bagnasco, è una “vera dittatura” che pretende di “trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni”, con il rischio di fare della scuola dei “campi di rieducazione” e di “indottrinamento”.

I figli non sono “materiale da esperimento” in mano a “tecnici” o “cosiddetti esperti”, pertanto Bagnasco ha esortato: “I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga”.

Il presidente della CEI ha infine accennato al fenomeno dell’“alcool estremo”, una piaga sociale che non dovrebbe “lasciare indifferente nessuno, tranne chi si arricchisce sul male degli altri” e che dovrebbe, piuttosto “sprigionare nell’intera società un brivido di rifiuto e di seria preoccupazione, tale da provocare investimenti seri di risorse umane, economiche e valoriali, ben più meritorie rispetto a iniziative ideologiche e maldestre”, ha quindi concluso.