CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 14 dicembre 2012 (ZENIT.org) - in occasione del XXX anniversario dell’avvio delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Regno Unito, una delegazione di ministri del governo britannico si è recato oggi in visita in Vaticano.
La delegazione di rappresentanti del governo di David Cameron, è stata guidata dalla baronessa Sayeeda Hussein Warsi, ministro senza portafoglio nell’esecutivo inglese, affiancata dall’arcivescovo di Westminster, Vincent Nichols.
Nel pomeriggio la baronessa Warsi ha tenuto una conferenza sul tema Il ruolo della religione nel dibattito politico e negli affari internazionali, nel corso della quale sono intervenuti i membri della Pontificia Accademia Ecclesiastica e del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. La visita si concluderà domani con l’Udienza della delegazione da papa Benedetto XVI.
Durante il saluto iniziale, monsignor Beniamino Stella, presidente della Pontifica Accademia Ecclesiastica, ha ricordato che l’istituto da lui guidato ha avuto in passato tra i suoi membri, illustri diplomatici come il cardinale Raffaele Merry del Val, “che amava profondamente le gente, la cultura e la lingue inglese”, oltre a “insigni ecclesiastici” del XIX secolo, provenienti da Oltremanica, come i cardinali Edward Henry Howard ed Henry Edward Manning.
La baronessa Warsi, dopo aver sottolineato le buone relazioni diplomatiche che intercorrono tra Santa Sede e Regno Unito, ha ricordato la visita di Benedetto XVI a Londra come un momento “storico, importante ed indimenticabile”.
Il ministro ha poi preso atto che “per incoraggiare l’armonia sociale, la gente ha bisogno di sentire più forti le proprie identità religiose ed avere più fiducia nel proprio credo religioso”. La stessa Europa deve “fidarsi di più della propria Cristianità”.
Richiamandosi all’insegnamento del Santo Padre, la baronessa Warsi ha dichiarato: “Non si possono sradicare le fondamenta cristiane dell’Europa dall’evoluzione delle nostre nazioni, così come non si possono cancellare le guglie e i pinnacoli dai panorami delle nostre città”.
Sebbene in passato “troppo sangue è stato versato in nome della religione”, è “sbagliato cancellare il ruolo della religione nel nostro continente”.
Il ministro ha poi raccontato la propria storia di figlia di immigrati pakistani, accennando al dibattito sulle disuguaglianze razziali che caratterizzava gli anni ’70-‘80. Dopo l’11 settembre, tuttavia, tale dibattito “si è spostato dalla razza alla religione”, ha osservato.
Sorprendentemente la baronessa Warsi ha raccontato di esseri “rafforzata nella fede musulmana”, proprio grazie alla “identità cristiana” dell’Inghilterra. Una considerazione che è il prodotto della scelta di educare la propria figlia in una scuola anglicana, dove “un forte senso della Cristianità non ha minacciato la nostra identità Musulmana”.
Il ministro di origini pakistane ha quindi sottolineato il ruolo determinante della Chiesa cattolica in tante circostanze storiche delicate, dalla caduta del comunismo, alla mediazione nella pace in Irlanda del Nord, fino ai soccorsi nelle catastrofi naturali quali i terremoto ad Haiti o le inondazioni in Pakistan.
Warsi ha poi descritto con particolare commozione la propria visita alla comunità cristiana di Karachi, in Pakistan, “che avevo promesso all’indimenticato ministro Shahbaz Bhatti, brutalmente assassinato”.
In quell’occasione il ministro senza portafoglio britannico ha visitato una scuola gestita da suore, il Convento di Gesù e Maria, in cui a suo tempo studiò anche l’ex primo ministro pakistano, Benazir Bhutto, la prima donna a guidare il paese asiatico.
Il dialogo interreligioso, ad avviso della baronessa Warsi, che ha citato il documento Nostra Aetate, passo in avanti nella reciproca accettazione tra le diverse religioni, non è quindi un modo per “indebolire la nostra fede ma per rafforzarla”.
Condividendo con il Santo Padre, il richiamo ad un ritorno delle religioni nel pubblico dibattito, il ministro britannico ha così concluso: “I nostri stati hanno molto da insegnare e molto da imparare reciprocamente ed io spero – anzi, ne ho fiducia – che altri stati si uniranno a noi in questo cammino”.
di Tommaso Cozzi
ROMA, giovedì 3 novembre 2011 (ZENIT.org).- “Il 3 e il 4 novembre prossimi – domani e dopo domani – i Capi di Stato o di Governo del G-20 si riuniranno a Cannes, per esaminare le principali problematiche connesse con l’economia globale. Auspico che l’incontro aiuti a superare le difficoltà che, a livello mondiale, ostacolano la promozione di uno sviluppo autenticamente umano e integrale”. E’ l’appello che Benedetto XVI ha formulato in coda all’udienza generale del 2 novembre 2011.
E’ da chiedersi se esista un nesso solo temporale tra i due eventi (commemorazione dei defunti) e il G-20, oppure se Benedetto XVI abbia voluto cogliere l’occasione per richiamarci a realtà terrene, in proiezione di altre realtà.
La forma economica dell’esistenza è diventata un linguaggio per pensare il senso, nel bene e nel male. Il senso comune rappresenta l’intera società come un sistema di bisogni.
Pensare la sfera del senso della vita, dei valori e degli ideali a partire dal bisogno significa introdurre in quella sfera molti meccanismi, molte immagini dell’economia, che tendono, anche inconsapevolmente, ad espellere dalla sfera del senso quelle dimensioni incompatibili con l’idea di bisogno. L’Occidente post-cristiano vive ormai il tempo della assenza escatologica, avendo introiettato sino in fondo il nucleo stesso di una visione materialistica del mondo, per cui l’esistenza umana si esaurisce su un piano totalmente “finito”.
È in fondo un nuovo “divino pagano, immanente al cosmo” e paradossalmente “lontanissimo dall’uomo” quello che ci presenta la nuova ricerca di senso religioso. Viviamo oggi in tempi difficili. Siamo tentati di rinchiuderci nel nostro particolare, di abdicare di fronte ai grandi ideali, di nascondere non solo il talento, ma lo stesso nostro volto per non lasciarci scomodare. Non sarebbe più utile recuperare il nostro volto, metterci in gioco, per sentire il bisogno di collaborare a costruire la storia degli uomini, non sotterrando il talento ma offrendolo per il bene di tutta l’umanità?
Il nostro tempo è segnato dal complesso fenomeno della globalizzazione economico- finanziaria. La globalizzazione ha alimentato nuove speranze, ma ha originato anche inquietanti interrogativi. Analizzando il contesto attuale, oltre ad individuare le opportunità che si dischiudono nell’era dell’economia globale, si colgono anche i rischi legati alle nuove dimensioni delle relazioni commerciali e finanziarie. La cura del bene comune impone di cogliere le nuove occasioni di ridistribuzione di ricchezza tra le diverse aree del pianeta, a vantaggio di quelle più sfavorite e finora rimaste escluse o ai margini del progresso sociale ed economico. Una solidarietà adeguata all’era della globalizzazione richiede la difesa dei diritti umani.
L’estensione della globalizzazione deve essere accompagnata da una più matura presa di coscienza, da parte delle organizzazioni della società civile, dei nuovi compiti ai quali sono chiamate a livello mondiale. Nell’epoca della globalizzazione va sottolineata con forza la solidarietà fra le generazioni. Uno dei componenti fondamentali degli attori dell’economia internazionale è il raggiungimento di uno sviluppo integrale e solidale per l’umanità. Uno sviluppo più umano e solidale gioverà anche agli stessi paesi. Per la Dottrina Sociale della Chiesa, l’economia “è solo un aspetto ed una dimensione della complessa attività umana”. Di fronte all’incedere rapido del progresso tecnico economico e alla mutevolezza, altrettanto rapida, dei processi di produzione e di consumo, il Magistero avverte l’esigenza di proporre una grande opera educativa e culturale.
Quanto mai attuale e illuminante appare il pensiero di Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus dal n 36 in poi: “Conviene ora rivolgere l’attenzione agli specifici problemi ed alle minacce, che insorgono all’interno delle economie più avanzate e sono connesse con le loro peculiari caratteristiche. Nelle precedenti fasi dello sviluppo, l’uomo è sempre vissuto sotto il peso della necessità: i suoi bisogni erano pochi, fissati in qualche modo già nelle strutture oggettive della sua costituzione corporea, e l’attività economica era orientata a soddisfarli.
È chiaro che oggi il problema non è solo di offrirgli una quantità di beni sufficienti, ma è quello di rispondere ad una domanda di qualità: qualità delle merci da produrre e da consumare; qualità dei servizi di cui usufruire; qualità dell’ambiente e della vita in generale.La domanda di un’esistenza qualitativamente più soddisfacente e più ricca è in sé cosa legittima; ma non si possono non sottolineare le nuove responsabilità ed i pericoli connessi con questa fase storica. Nel modo in cui insorgono e sono definiti i nuovi bisogni, è sempre operante una concezione più o meno adeguata dell’uomo e del suo vero bene: attraverso le scelte di produzione e di consumo si manifesta una determinata cultura, come concezione globale della vita.
È qui che sorge il fenomeno del consumismo. Individuando nuovi bisogni e nuove modalità per il loro soddisfacimento, è necessario lasciarsi guidare da un’immagine integrale dell’uomo, che rispetti tutte le dimensioni del suo essere e subordini quelle materiali e istintive a quelle interiori e spirituali. Al contrario, rivolgendosi direttamente ai suoi istinti e prescindendo in diverso modo dalla sua realtà personale cosciente e libera, si possono creare abitudini di consumo e stili di vita oggettivamente illeciti e spesso dannosi per la sua salute fisica e spirituale. Il sistema economico non possiede al suo interno criteri che consentano di distinguere correttamente le forme nuove e più elevate di soddisfacimento dei bisogni umani dai nuovi bisogni indotti, che ostacolano la formazione di una matura personalità. È, perciò, necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l’educazione dei consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di un alto senso di responsabilità nei produttori e, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di massa, oltre che il necessario intervento delle pubbliche Autorità.”
L’intervento di padre Michele Pirotta al convegno di Russia Cristiana
Dal 1880 è presente una scuola elementare, presto anche per bambini autistici