Intensa, gioiosa ed emozionante la veglia di preghiera delle famiglie tenuta sabato 3 ottobre in piazza San Pietro a Roma e presieduta dal Pontefice. Un saluto inaugurale per l’inizio del sinodo i cui lavori dureranno dal 4 al 25 ottobre con tema La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa nel mondo contemporaneo.

Una piazza gremita di fedeli, fidanzati, mariti e mogli, compagni che insieme ai responsabili di associazioni e carismi presenti in Italia hanno imparato a dire ogni giorno “permesso, grazie, scusa” al proprio coniuge, realizzando l’intima unione della Chiesa con l’intera famiglia umana e offrendo la santità della vita familiare.

“Gareggiate nello stimarvi a vicenda… lo Spirito Santo viene in aiuto alla nostra debolezza facendo sorgere ogni giorno il perdono e la speranza”: queste le parole di don Paolo Gentili presidente della Cei che ha aggiunto “non abbiamo paura della differenze…impariamo a costruire ponti in questa società dove c’è l’abitudine di costruire muri”.

Una comunione di propositi, di speranza per una famiglia che non vuole essere esaminata, studiata, intesa solo nel suo valore sociologico quanto invece essere semplicemente scoperta e rivalutata. Nessuno ha mai detto che la vita da coniuge, da genitore, da figlio sia sempre facile, quante volte è capitato di pensare “perché proprio a me?”, e grazie alle testimonianze riportate durante la preghiera ognuno ha potuto imparare il valore del sacrificio, dell’ascolto, dell’accettazione dell’altro in quanto essere umano, della comprensione e della meditazione.

I fidanzati Sara Ledda e Guan Jiron Ponz, lei italiana e lui cubano, ci hanno insegnato quanto Dio possa rassicurare un cuore gelato dalle esperienze personali, riscaldandolo e nutrendolo e quanto “siamo infatti consapevoli che il nostro amore cresce solamente nella debolezza, nell’imparare ad accoglierci veramente per quello che siamo… iniziano le discussioni perché quei difetti sembrano ostacoli insuperabili. Poi, capisci che non sono ostacoli insuperabili ma gradini. Se li riesci a salire, ti regalano un panorama stupendo”.

Stefano e Lorena Girardi, di un paese vicino Trento sono sposati da 24 anni e hanno 4 figli. Loro ci hanno insegnato quanto sia difficile amare l’altro quando non corrisponde più al nostro ideale o quando lo si avverte lontano nei momenti di difficoltà “questo genera conflitti, incomprensioni che minano i nostri fragili “vasi di creta” che custodiscono quel tesoro grande che è il nostro Amore. Ma il Vasaio non manca nel suo lavoro di manutenzione… Affidare al Signore queste nostre fragilità è sempre stata una forza immensa, una speranza” come veder crescere i propri figli, vederli iniziare a camminare sulle proprie gambe come il bambino che impara a stare in piedi da solo.

Francesco e Lucia Masi, sposati da 35 anni, invece ci hanno insegnato cosa vuol dire amare l’altro nella malattia. Lei colpita da una patologia autoimmune, costretta a periodi sulla sedia a rotelle e a sopportare dolori atroci, lui marito fedele che le sta accanto e spinge la sua carrozzina con “quel respiro che si fa sempre più affannoso durante le salite... Il Signore mi accompagna, mi prende per mano, mi appoggio e con Lui non ho paura e cammino”.

Testimonianze toccanti in cui ognuno di noi può immedesimarsi, commuoversi, trovare sicurezza, un abbraccio, un accompagnarsi vicendevole verso un cammino che non sarà facile ma in cui non saremo mai soli.

Le aspettative da questo Sinodo sono altissime. Il 2015 ci porta davanti domande e dubbi riguardo alcune delle più accese questioni riguardanti la famiglia, da quelle più conosciute quali il divorzio a quelle più attuali quali l’omosessualità e la nuova questione familiare che essa impone. “Capire che famiglia è dove c’è amore e non importa se questo amore è fra uomo e donna, o solo due uomini o solo due donne. Siamo tutti creature del Signore”, “mi aspetto una Chiesa più vicina ai figli di genitori separati, che guidi, che insegni e accompagni i ragazzi a non perdere la fede in Dio, a capire che Cristo non abbandona nemmeno nelle avversità e non siamo mai soli”. Queste le parole di chi vive la realtà di un figlio che ha scoperto la propria sessualità o di chi invece è figlio di genitori divorziati e si trova quotidianamente a fare i conti con una realtà cruda e solitaria.

Papa Francesco durante la sua omelia afferma che si possono vincere le tenebre, specialmente in una vita circondata da tentazioni dove è facile dissertare, smarrirsi e perdere le responsabilità. Amando gli altri si impara ad amare Dio, l’altro è un dono che rimane tale solo quando percorre strade aperte. Secondo il Santo Padre, il Sinodo deve ritrovare la Dignità, la Coesistenza e il Valore della famiglia: questo il suo maggiore compito. La Chiesa è una casa aperta e può rischiarare la “notte dell’uomo”, rigenerandosi nel cuore misericordioso di Dio perché “ogni famiglia è una luce nel buio del mondo”.