Come abitualmente accade, nel variegato panorama della Fede le umili origini nascondono e anticipano spesso gloriosi e imprevedibili sviluppi. È la logica stessa del Vangelo, che si rinnova sempre, secondo la perenne e inesausta fantasia dello Spirito. Come la prima timida e ridotta comunità dei discepoli dilaterà progressivamente i suoi contorni, fino ai confini stessi del mondo, così in tutte le epoche l’annuncio della Pasqua, il seme della Parola di Dio e la forza salvifica dei Sacramenti si estenderanno in ogni angolo della terra, partendo dal cuore e dalla voce di poche e fragili creature e producendo dovunque il frutto buono della Grazia.
Anche una povera tela, probabilmente di scarso interesse e valore artistico, abbandonata e dimenticata dagli uomini, rivelerà a Pompei la sua potenza evocativa e carismatica ai milioni di pellegrini che, in un flusso continuo, sarebbero giunti -e continuano ad affluire- al Santuario.
La vicenda di Pompei è segnata, in modo evidente, dal contrasto tra i limiti della nostra umanità e la ricchezza insondabile della divina Misericordia. Proprio in prossimità dell’antica “città dei morti”, sommersa dalla lava e distrutta nel furore di una natura impazzita, sorge la “cittadina dell’amore”, della carità operosa, della devozione fervida e sincera alla Madre di Dio. Là dove si erano levate al cielo le grida disperate di quelle povere vittime, soffocate dalla cenere e dal fumo, si innalza da oltre un secolo la ininterrotta litania del Rosario, fonte di salvezza per ogni uomo e luce di speranza certa, tra le rovine di sepolte civiltà.
Nel regno della desolazione e del silenzio, si ricomincia a vivere, a costruire e ad amare, volgendo lo sguardo a quegli occhi colmi di misericordia e a quelle mani di aurora, che consegnano ai Santi, alla Chiesa -e a noi fedeli- la corona del Rosario, efficace rimedio ai ricorrenti mali della vita, fiduciosa breccia celeste, che attraversa le travagliate vicende del mondo.
La “Supplica”, recitata presso il Santuario stesso e diffusa ormai in ogni luogo della cristianità, è come una corale e universale invocazione -rivolta alla Madre di Dio- che raccoglie il nostro incessante penare e lo offre al Cielo. In quella intensa e fervida preghiera sembra rileggersi la nostra quotidiana fatica di credere e di camminare nelle vie del Signore. In essa riecheggia l’eco dei nostri drammi e delle nostre ferite, l’ansia dei nostri cuori, offuscati dalla colpa, ma protesi a una salvezza desiderata, ricercata e implorata. Ci volgiamo supplici alla Vergine Santa, quali poveri e miseri figli, bisognosi di tutto: a Lei, “Madre dei peccatori”, che ci accoglie senza attendere che diveniamo giusti e virtuosi, ma così come siamo, con le nostre imperfezioni, che La rendono ancora più compassionevole nei nostri confronti. “Madre dei peccatori”, che ci vuole santi; Madre di Misericordia, che ci ottiene da Dio il perdono, la riconciliazione, la pace e ci incoraggia a ripartire, a non scoraggiarci mai, a riprendere la via.
A Lei, “onnipotente per grazia” -come dice la Supplica- sappiamo di poter ricorrere sempre, in qualunque situazione ci troviamo: nella gioia tranquilla, che accompagna talvolta le nostre giornate, o nella prova e nella difficoltà, che segnano spesso il nostro percorso e rendono amara la vita.
Da Pompei si irradia, in Europa e in ogni continente, l’appello che sgorga dal Cuore Immacolato di Maria: “Fate quello che vi dirà”, ritornate alle sorgenti della Grazia, al Vangelo di Cristo, alla sua Chiesa, dimora in terra per chi è chiamato a essere un giorno “concittadino del Cielo”, con la Vergine e con i Santi.Tu sei l'onnipotente per grazia, tu dunque puoi aiutarci, o Maria!
Anche in questa epoca, difficile e piena di contraddizioni, la preghiera è la nascosta risorsa che ci consente di guardare al presente e al futuro con la fiducia di chi non si sente mai solo né abbandonato. “Chi prega si salva”, diceva giustamente Sant’Alfonso de’ Liguori; chi prega affida se stesso a Colui che si fece uomo “propter nos homines et propter nostram salutem”: al di fuori di Gesù non vi è nome in cui possiamo essere salvati. Fuori del Cuore di questa Madre non vi è cuore che sappia comprenderci e ricondurci alla Verità e al Bene: cioè a Cristo Signore.
La “Supplica” si chiude con un “inno” al Rosario che commuove ogni volta e che invita ad assecondare, finalmente, il desiderio della Vergine di introdurre nelle nostre giornate, nelle nostre famiglie, nei luoghi dove viviamo e incontriamo il nostro prossimo, quella “catena dolce”, che ci unisce al Cielo e ci rende più fratelli in Cristo:
“0 Rosario benedetto di Maria, Catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza, negli assalti dell'inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell'ora di agonia, a te l'ultimo bacio della vita che si spegne.
E l'ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti”.
Padre Mario Piatti icms è direttore della rivista “Maria di Fatima”