Le immagini del dolore, infinito e straziante, dei profughi e il destino crudele dei tanti sventurati, inghiottiti dal mare -vittime della Guerra e della disperazione, del fanatismo religioso, dell’estremismo islamico e della universale indifferenza di Nazioni e Istituzioni internazionali- hanno riempito la cronaca di questi giorni, suscitando compassione, tenerezza, amarezza, rabbia.
Il fallimento di tante “primavere”, sostenute e promosse dai “Grandi” della Terra, nella illusione di facili e repentine soluzioni e di rapidi cambiamenti “democratici”, si accompagna all’esodo ininterrotto di popolazioni martoriate dalle dittature e dalla fame, incapaci di gestire il presente e di immaginare il proprio futuro.
Accanto alla umana e generale solidarietà e al doveroso e urgente impegno, politico e sociale -necessario per scongiurare il ripetersi di simili tragedie e per denunciare le troppe situazioni di “invivibilità”, purtroppo diffuse in tutto il pianeta- occorre, ancora una volta, fermarci a riflettere.
Nel quadro di questa ennesima catastrofe si colloca -non a caso- la memoria liturgica odierna: la Vergine del Rosario, che “colora”, di questa pia pratica devozionale, assai cara da sempre al cuore della nostra buona gente, l’intero mese di ottobre. La sua origine è legata proprio al mare, alla vittoria di Lepanto, quando, nel 1571, i Cristiani fermarono l’avanzata islamica, attribuendo alla Madre del Signore l’esito favorevole del terribile scontro.
Certo, erano altri tempi: le controversie più facilmente terminavano in aperto e aspro conflitto; forse non vi erano, allora, altre vie praticabili per ottenere pace duratura e stabile concordia tra i popoli. Oggi lo scenario è diverso, ma le minacce e le sfide sono ancor più insidiose di quattro secoli e mezzo fa. Per questo ci viene riconsegnata, idealmente, la Corona della Beata Vergine Maria: ci viene riproposta per combattere le battaglie della nostra epoca, per “scendere in campo” con le armi della carità, dell’amore, della giustizia, del perdono e della misericordia.
La preghiera non è mai “fuga dal mondo”, beata quiete ricercata per evitare le insidie e i problemi “concreti” e quotidiani: è segno, piuttosto, della vivificante presenza del Cristiano nella società, della sua attenzione al prossimo, del suo instancabile prodigarsi per dipanare le tante e crescenti contraddizioni del presente.
La preghiera del Rosario è richiesta, umile e coraggiosa, di una Grazia che non proviene da noi, ma che ci è data dal Cielo; è meditazione incessante sulla vita e sui misteri di Cristo, attraverso il Cuore di Sua Madre; è contemplazione assidua degli eventi che hanno segnato “l’economia della Salvezza” e che accompagnano, di generazione in generazione, il percorso -gaudioso, luminoso, doloroso e glorioso- del credente e della Chiesa stessa.
La Corona della Vergine ci introduce e ci immette nel vivo della nostra Storia, perché essa sia, ancor di più, evangelica via di carità condivisa, producendo la conversione del cuore, passaggio obbligato per ogni autentica e positiva “rivoluzione”, morale e sociale.
Pregare non è mai “perdere tempo”: vita e preghiera si illuminano vicendevolmente, suggerendo scelte mature, avviando nuove esperienze di Bene, tonificando l’animo con la forza di una celeste rugiada che ci rende ancor più responsabili del nostro destino e di quello del nostro prossimo. La “gloria” della Vergine non è una disincarnata beatitudine, ma il frutto santo di una esistenza tutta spesa per amore di Dio e a servizio dei propri figli.
Il richiamo alla pratica -fedele, attenta, quotidiana- del Rosario sia, per tutti, la lieta riscoperta delle vie feconde di una Fede genuina, che sappia interrogarsi, che sappia suscitare ancora domande nel cuore, che sappia mettere in crisi le coscienze e le avvii alle “periferie” della Storia, dove tanti cuori attendono -ancora oggi- l’annuncio credibile e gioioso del Vangelo.
La devozione sincera a Maria Santissima ha sempre condotto anime generose a “inventare” nuovi percorsi di carità e a “rimboccarsi le maniche”, imparando dalla sollecitudine stessa della Vergine a prodigarsi per soccorrere il bisogno degli altri. I drammi e le sciagure -viste in TV, raccontate dai mass-media o vissute “in diretta”, ogni giorno- attendono risposte concrete e convincenti, iniziando a esercitare la nostra “com-passione” proprio a beneficio di coloro che il buon Dio ci ha messo accanto, nelle nostre case.
A Fatima, la Vergine Maria ha raccomandato la recita quotidiana del Rosario; ne ha affidato la Grazia a tre semplici bambini; attraverso il Magistero, ne ha sempre caldamente sostenuto la diffusione nelle famiglie, nelle comunità parrocchiali, nei movimenti, nella Chiesa intera.
La risposta più vera, all’egoismo dell’uomo e alle ricorrenti tragedie del mondo, passa necessariamente attraverso cuori che -come quello di Maria di Nazareth- si lascino illuminare dalla Parola di Dio e siano autentico fermento evangelico, anche per questo nostro tempo.