Scrive il mio padre spirituale: “Ci sono momenti in cui i discepoli devono camminare da soli e momenti in cui dovranno rimanere con Gesù. Questi momenti non li determina l’uomo, non li decide neanche Gesù, ma il Padre che è nei cieli. Essi servono a riportare l’uomo nella sua verità storica. A mostrargli qual’è la sua vera forza. A rivelargli lo stato reale del suo cuore, della sua mente, della sua volontà. A indicargli il grado della sua fede, della sua carità, della sua speranza. A metterlo dinanzi alla storia da solo e saggiare le risposte del suo spirito”. Questo pensiero che ha radici profonde nella missione di Cristo in mezzo agli uomini, ci aiuta a riflettere e a definire uno degli aspetti più attuali e interessanti per un credente e non. Ognuno di noi ha di solito l’inclinazione ad essere di continuo protetto da qualcuno e a riconoscere nell’altro i propri punti di forza. Rilassa l’idea che ci possa essere, senza interruzione, una risposta puntuale alle nostre domande e un consiglio a portata di mano. Ci leghiamo spesso alla persona individuata e trascuriamo di immagazzinare nel cuore la sostanza di tutto ciò che, la stessa, ci ha trasferito magari in anni di confronti, di dialoghi e rapporti ravvicinati. In qualsiasi campo tendiamo a delegare o comunque a dislocare le nostre paure, le nostre incertezze, i nostri buoni propositi. Abbiamo bisogno di sapere che c’è sempre chi è tuttavia a portata di mano e che potremmo bussare senza sosta alla sua porta, qualsiasi sia il problema da affrontare.

Ci sono due pericoli di fondo! Il primo sta nell’effettiva trasparenza spirituale e capacità della guida di riferimento a non utilizzare la fragilità di chi gli sta di fronte, per sottometterlo e plagiarne idee e pensieri. L’altro rischio, non sicuramente inferiore al precedente, sta appunto nel bisogno di chiudersi in un recinto sicuro, senza più affacciarsi all’esterno e guardare la realtà che passa in ogni caso nella storia di una persona. Certo il primo pericolo è più facile da evitare se ci si affida ad un uomo del Signore che conosciamo e di cui tocchiamo con mano la coerenza alla Parola, nel suo stile di vita; nei messaggi quotidiani; nelle sue opere di fraternità, di amore, di solidarietà verso il prossimo; nel suo insegnamento; nel cammino intrapreso nella Chiesa di Cristo; nel formare il devoto verso una fede ecclesiale, di comunione, lontana dalla tentazione di cadere nel fascino contemporaneo del “fai da te”. Nonostante questa possibile verifica si cade in modo frequente e si tende a cercare un punto di riferimento personale, attraverso le promozioni di mercato, soprattutto fuori la Chiesa, che corrispondano in toto a ciò che vogliamo. Si spera infatti di evitare di mettersi in discussione; di non far affiorare alcun senso di colpa; di non dover praticare su se stessi una rivisitazione anche dura ed efficace; di non avere il vincolo di riconoscere i propri errori;  di non essere obbligati a giustificare i propri fallimenti, senza più cercarli nella responsabilità altrui. I risultati sono devastanti, perché è facile, ne sono diretto testimone, rischiare di diventare delle vittime per tutta la vita. Tanto è vero che la libertà e la sicurezza interiore acquisite saranno così artificiali che, al primo vero reale scossone, porteranno l’interessato di turno a non rialzarsi mai più.

Bisogna comunque dire che, anche chi ha avuto la serenità di prediligere un percorso chiaro nella scelta del suo padre spirituale, potrebbe ripiombare, ad un certo punto, nelle sue paure o nelle sue incertezze, se legasse questo rapporto esclusivamente al carisma di un altro. Intanto mi preme affermare che la scelta di una guida nel Signore non è mai da considerare un atto di debolezza, ma una vera capacità di affidarsi all’obbedienza e all’ascolto della Parola, senza subire il relativismo che oggi avvolge tutti. È importante e vitale, al contrario, fare tesoro del discernimento santo, che solo un ministro di Dio è deputato a mettere in atto. Il resto è suggestione e presunto fascino temporaneo. Riprendendo le parole iniziali del mio padre spirituale si può affermare che quando si cammina sempre con Cristo Gesù tutto appare semplice, facile, spontaneo. Tutto si svolge con naturalezza. Anche il pane si moltiplica nel deserto. Il discepolo potrebbe essere tentato a non far alcuna cosa e pensare che la storia sia tutta lì. Non si pensa che domani il Maestro non ci sarà più e di conseguenza spetterà ad ognuno entrare in scena, mettersi all’opera e rendere ogni cosa semplice. È giusto perciò che si inizi a sperimentare le proprie forze attuali, la propria crescita odierna, quanto si vale da soli. Questa scienza di sé, dice il mio confessore, si acquisisce in un solo modo: distaccandosi il maestro dal discepolo. Lasciandolo per un momento solo. Mosè lasciò per quaranta giorni il suo popolo da solo nel deserto e quando ridiscese lo ritrovò idolatra. Aveva abbandonato il suo Dio e si era costruito un vitello d’oro. Se invece si resterà nel Signore e quanto si è ricevuto dalla propria guida spirituale sia stato fatto ben lievitare nel proprio cuore, si potrà affrontare, sereni, l’imprevedibilità della vita. Si darà pertanto ad altri quanto ricevuto e sarà anche facile saper remare con il mare in tempesta!

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