Durante l’omelia pronunciata nella prima messa celebrata a Cuba dopo diverse settimane passate a Roma per l’elezione del nuovo pontefice, il cardinale Jaime Ortega ha rivelato le parole che il cardinale Jorge Mario Bergoglio ha pronunciato nel corso della congregazione generale dei cardinali prima si entrare in conclave.
Sabato mattina 23 marzo, nel corso della celebrazione nella Cattedrale di L’Avana, alla presenza del Nunzio Apostolico a Cuba, monsignor Bruno Musarò; dei Vescovi Ausiliari Alfredo Petit Havana e Juan de Dios Hernández, e del clero che ha rinnovato le promesse sacerdotali,
l’Arcivescovo dell’Avana ha raccontato che nel corso delle Congregazioni generali, il Cardinale Jorge Mario Bergoglio ha fatto un discorso “magistrale, perspicace, coinvolgente e vero”.
L’intervento del cardinale Bergoglio è articolato in quattro punti ed esprime la sua personale visione sulla Chiesa nel tempo presente.
Il primo di questi punti è centrato sull’evangelizzazione, e afferma che “la Chiesa deve lasciare tutto e andare nelle periferie”, non solo quelle geografiche, ma anche quelle umane ed esistenziali. Deve raggiungere gli ultimi, avvicinare le persone dove si manifesta il
peccato, il dolore, l’ingiustizia e l’ignoranza.
Il secondo punto è una critica forte alla Chiesa “autoreferenziale”, che guarda se stessa con una sorta di “narcisismo teologico” che la allontana dal mondo e che “pretende di tenere Gesù Cristo per se, senza farlo uscire fuori”.
Al punto tre il cardinale Bergoglio ha spiegato le conseguenze di questa visione autoreferenziale e cioè una Chiesa che non evangelizza più e che svolge una vita mondana per sé.
Secondo l’arcivescovo di Buenos Aires bisogna tener conto di queste gravi conseguenze della Chiesa autoreferenziale per “far luce sui possibili cambiamenti e riforme di cui la Chiesa ha urgente bisogno”. Nel suo ultimo punto il cardinale Bergoglio ha confessato ai cardinali
la speranza di un “uomo che, partendo dalla contemplazione di Gesù Cristo, possa aiutare la Chiesa a avvicinarsi alle periferie esistenziali dell’umanità”.
Nell’indicare le caratteristiche del nuovo Pontefice, Il cardinale Bergoglio non immaginava neanche lontanamente che sarebbe toccato proprio a lui, riparare la barca di Pietro.
Il cardinale Ortega è rimasto così colpito da quanto aveva sentito che ha chiesto a Bergoglio, se poteva avere il testo. L’arcivescovo di Buenos Aires gli ha detto che aveva fissato alcuni
punti ma che non l’aveva scritto.
La mattina dopo Il cardinale Bergoglio “con estrema delicatezza” ha consegnato ad Ortega un foglio in cui aveva fissato i punti del suo intervento così come se lo ricordava. Il cardinale Ortega ha chiesto se poteva pubblicarlo una volta concluso il Conclave, e Bergoglio gli ha detto di sì. Una volta che l’arcivescovo di Buenos Aires è diventato Papa Francesco, il cardinale Ortega ha chiesto se poteva ancora pubblicare il testo del suo intervento alle Congregazioni Generali e il Pontefice gli ha confermato che poteva farlo.
Così la rivista dell’arcidiocesi dell’Avana Palabra Nueva, diretta da Orlando Marquez, ha pubblicato una trascrizione del manoscritto consegnato dal Cardinale Jorge Mario Bergoglio al Cardinale Jaime Ortega.
Il testo riporta l’intervento del futuro papa Francesco nella trascrizione da lui stesso compilata nel corso dell’intervento svolto nella congregazione generale prima del Conclave.
Orlando Marquez l’ha inviata a ZENIT per la pubblicazione e diffusione. Il testo è già stato pubblicato onell’edizione spagnola di ZENIT: http://www.zenit.org/es/articles/discurso-decisivo-del-cardenal-bergoglio-sobre-la-dulce-y-confortadora-alegria-de-evangelizar.
Ne riportiamo una traduzione in italiano:
La dolce e confortante gioia di evangelizzare
Si è fatto riferimento alla evangelizzazione. È la ragione per la Chiesa. “Conserviamo la dolce e confortante gioia di evangelizzare, anche quando occorre [...] sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo» (Paolo VI). È lo stesso Gesù Cristo che, dal di
dentro, ci spinge.
1) Evangelizzare suppone zelo apostolico. Evangelizzare suppone nella Chiesa la parresia (testimonianza, ndr) di sé stessa. La Chiesa è chiamata ad uscire da se stessa e andare nelle periferie, non solo geografiche, ma anche nelle periferie esistenziali: dove alberga il
mistero del peccato, il dolore, l’ingiustizia, l’ignoranza, dove c’è il disprezzo dei religiosi, del pensiero, e dove vi sono tutte le miserie.
2) Quando la Chiesa non esce per evangelizzare, diventa auto-referenziale e si ammala (cfr. La donna curva ripiegata su se stessa di cui parla Luca nel Vangelo (13,10-17). I mali che, nel
tempo, colpiscono le istituzioni ecclesiastiche sono l’auto-referenzialità e una specie di narcisismo teologico. Nell’Apocalisse Gesù dice che Lui è alla porta e bussa. Ovviamente il testo si riferisce al fatto che lui colpisce la porta dal di fuori per entrare... Ma penso ai momenti in cui Gesù bussa dall’interno per lasciarlo uscire. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Cristo dentro di sé e non lo fa uscire.
3) Quando la Chiesa è auto-referenziale, crede involontariamente di avere una luce propria. Non è più la certezza di mirare il mysterium lunae, invece va verso un male tanto grave noto come mondanità spirituale (Secondo de Lubac, è il peggior male che possa capitare alla Chiesa). La Chiesa vive per dare gloria degli uni agli altri. In parole povere ci sono due immagini della Chiesa: la Chiesa evangelizzatrice che diffonde “Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans” e la Chiesa mondana che vive in sè e per sé stessa. Questa analisi dovrebbe far luce sui possibili cambiamenti e sulle riforme che devono essere fatte per la salvezza delle anime.
4) Pensando al prossimo Papa, c’è bisogno di un uomo che, che dalla contemplazione e dall’adorazione di Gesù Cristo aiuti la Chiesa a uscire da se stessa verso la periferia esistenziale dell’umanità, in modo da essere madre feconda della “dolce e confortante gioia di
evangelizzare”.