Dopo aver trattato nelle ultime catechesi del mercoledì, il tema della Chiesa come madre, che indica ai suoi figli la strada della salvezza e li difende dal male, in occasione dell’Udienza Generale di stamattina, papa Francesco si è soffermato su come la Chiesa stessa ci insegni le opere di misericordia.
“Un buon educatore punta all’essenziale – ha spiegato -. Non si perde nei dettagli, ma vuole trasmettere ciò che veramente conta perché il figlio o l’allievo trovi il senso e la gioia di vivere. È la verità! E l’essenziale, secondo il Vangelo, è la misericordia”.
Essendo stato Gesù Cristo a dirci: “Siate misericordiosi” (Lc 6,36) e non potendo esistere “un cristiano che non sia misericordioso”, la Chiesa “si comporta come Gesù”, ovvero evita di tenere “lezioni teoriche sull’amore, sulla misericordia” o di diffondere nel mondo una “filosofia” o una “via di saggezza”: il cristianesimo, ha puntualizzato il Papa, “è anche tutto questo ma per conseguenza, di riflesso”.
La “madre Chiesa” offre innanzitutto “l’esempio”: le sue parole servono soprattutto ad “illuminare il significato dei suoi gesti”, a partire dal “dare da mangiare e da bere a chi ha fame e sete, a vestire chi è nudo” e lo fa “con l’esempio di tanti santi e sante che hanno fatto questo in modo esemplare” ma anche “con l’esempio di tantissimi papà e mamme, che insegnano ai loro figli che ciò che avanza a noi è per chi manca del necessario”.
Francesco ha anche lodato la “sacra” regola dell’“ospitalità” che da sempre anima le “famiglie cristiane più semplici”, dove “non manca mai un piatto e un letto per chi ne ha bisogno”.
Bergoglio ha poi raccontato l’aneddoto di una giovane mamma, conosciuta nella sua passata diocesi, che aveva insegnato ai tre figlioletti – il più grande di circa 7 anni – a “dare da mangiare a chi aveva fame”, distribuendo non gli avanzi ma metà dei pasti stessi. “Questo è un bell’esempio che mi ha aiutato tanto”, ha detto il Papa, esortando poi le mamme presenti ai insegnare ai propri figli a condividere “le loro cose con chi ha bisogno”.
La Chiesa, inoltre, sulla scia di Gesù e di molti santi, “insegna a stare vicino a chi è malato” e, ancora oggi, sono tanti gli uomini e le donne “semplici” che “mettono in pratica quest’opera di misericordia in una stanza di ospedale, o di una casa di riposo, o nella propria casa”.
C’è poi la misericordia verso i carcerati: “La misericordia supera ogni muro, ogni barriera, e ti porta a cercare sempre il volto dell’uomo, della persona - ha commentato il Pontefice -. Ed è la misericordia che cambia il cuore e la vita, che può rigenerare una persona e permetterle di inserirsi in modo nuovo nella società”.
Le opere di misericordia della Chiesa, tuttavia, si spingono fino a “chi è abbandonato e muore solo”, come hanno fatto “la beata Teresa per le strade di Calcutta” e, assieme a lei, “tanti cristiani che non hanno paura di stringere la mano a chi sta per lasciare questo mondo”.
Anche nel dramma della morte inevitabile, “la misericordia dona la pace a chi parte e a chi resta, facendoci sentire che Dio è più grande della morte, e che rimanendo in Lui anche l’ultimo distacco è un “arrivederci”.
La Chiesa, ha proseguito papa Francesco, insegnando agli uomini le opere di misericordia, ci ricorda quanto ciò sia “essenziale per la salvezza”. Tuttavia, ha sottolineato, “non basta amare chi ci ama” o “fare il bene a chi ci fa del bene”.
“Per cambiare il mondo in meglio bisogna fare del bene a chi non è in grado di ricambiarci, come ha fatto il Padre con noi, donandoci Gesù”, grazie al quale nessuno di noi ha “pagato” nulla per la propria redenzione. “Fare il bene senza aspettare una’altra cosa di ricambio, così di contraccambio. Così ha fatto il padre con noi e noi dobbiamo fare lo stesso”, ha poi concluso.