In una tavola rotonda che si è svolta domenica 12 ottobre nella sala azzurra della Scuola Normale Superiore di Pisa è emerso l’interrogativo se e quanto ci sia affinità tra lo scienziato Galileo Galilei e Papa Francesco.

In effetti c’è affinità nell’umiltà con cui entrambi, Galileo e Francesco, si pongono di fronte all’umano e guardano all’opera del Creatore.

Galileo parla di un uomo che non crea nulla ma scopre le leggi e le meraviglie che governano l’universo. Legge il libro della natura come Leonardo Da Vinci e come i più grandi scienziati del Rinascimento

Lo scienziato guarda allo sviluppo della visione umana come ad un cannocchiale che arriva lontano e che ci permette di leggere il mondo della natura.

Indica la matematica, la potenza di calcolo e al medio aureo come misura e geometria con cui si può capire e dialogare con Dio.

Galileo è un credente forte, lui si fa piccolo, per dirla con le parole di Giordano Bruno, “accademico di nulla accademia”, per indagare il mistero per scrutare il cielo per capire l’infinito. È coraggioso e libero, come un bambino di fronte ai misteri.

La sua indagine scientifica parte da una certezza, l’Universo è governato da leggi di massima efficienza, il linguaggio con cui è possibile comprendere e riprodurre il funzionamento di quelle leggi è la matematica, tutto ciò che ci farà accrescere la capacità di calcolo ci avvicinerà alla comprensione del mistero e ci permetterà di comprendere e dialogare con il Creatore.

Ha detto papa Ratzinger in proposito: "Il grande Galileo ha detto che Dio ha scritto il libro della natura nella forma del linguaggio matematico. Lui era convinto che Dio ci ha donato due libri: quello della Sacra Scrittura e quello della natura. E il linguaggio della natura – questa era la sua convinzione – è la matematica, quindi essa è un linguaggio di Dio, del Creatore”.

In questo contesto la scienza e le applicazioni tecnologiche non sono contro la fede, al contrario, indicano che si può arrivare a conoscere la verità proprio attraverso un percorso in cui scienza e fede vanno insieme.

Nell’enciclica Fides et Ratio, Giovanni Paolo II parla proprio di due ali che servono all’uomo per raggiungere la verità e cioè fede e ragione

Utilizzare solo una delle due ali rende il cammino molto più difficoltoso e la comprensione della verità ne rimane limitata

Nella dimostrazione delle sue teorie, Galileo mostra una grande fede: non solo è certo di quanto ha visto e scoperto osservando con il cannocchiale, ma è convinto di come il Creatore ha organizzato il sistema solare.

Ha così tanta fede da sfidare la potente struttura ecclesiastica custode di un’interpretazione teologica che vede la terra al centro dell’universo.

Con la riabilitazione di Galileo, la Chiesa ha mostrato la sua capacità straordinaria di confessare i proprio errori ribadendo la sua lungimiranza e apertura alla ricerca scientifica e tecnologica degli umani, quale dono e benedizione del Creatore.

Ha scritto a questo proposito Papa Francesco che “internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio”.

Così come il cannocchiale costruito e utilizzato da Galileo fu strumento per guardare lontano, per allargare la capacità umana di osservazione per capire l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, papa Francesco  indica in internet e nelle reti sociali un occasione per farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla solidarietà e all’impegno serio per una vita più dignitosa.

Uno strumento che ci permette di realizzare sempre di più e sempre meglio la cultura dell’incontro fondamento di una civiltà dell’amore.

Papa Francesco è molto simile a Galileo nel rapporto con la realtà. Umile e piccolo di fronte al Creatore, forte nella fede in un Dio Buono e misericordioso. Compassionevole, Fiducioso e speranzoso nei confronti dell’umanità. Coraggioso nella vita e nelle parole, libero dalle vanità e dai condizionamenti, dotato di una grande libertà, che gli deriva dal rapporto diretto con il Creatore e con l’umanità.

Ha scritto Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: “La testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri «attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana»”.

“Dialogare significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute”.

“La nostra luminosità non provenga da trucchi o effetti speciali, ma dal nostro farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il cammino, con amore, con tenerezza. Non abbiate timore di farvi cittadini dell’ambiente digitale”.

“In questo contesto – ha concluso il Papa -  la rivoluzione dei mezzi di comunicazione e dell’informazione è una grande e appassionante sfida, che richiede energie fresche e un’immaginazione nuova per trasmettere agli altri la bellezza di Dio”.