Da oltre trent’anni l’apostolato Courage offre cura pastorale a uomini e donne che sperimentano attrazione per lo stesso sesso, aiutandoli a resistere ad una cultura che spinge sempre più verso l’accettazione di uno stile di vita omosessuale.
Courage è stato fondata nel 1980 dall’allora arcivescovo di New York, il cardinale Terence Cooke, come risposta alla specifica esigenza pastorale di coloro che sperimentano un’inclinazione omosessuale. Nel corso degli anni, sotto la guida di padre John Harvey, l’apostolato si è diffuso attraverso gli Stati uniti e nel mondo.
In un intervista con ZENIT, l’attuale direttore di Courage, padre Paul Check, ci offre alcune spiegazioni sull’insegnamento della Chiesa circa l’omosessualità.
[Leggi prima parte]
C’è chi si sente offeso, quando la Chiesa afferma che l’omosessualità è un comportamento intrinsecamente disordinato. Come può la Chiesa trasmettere in modo costruttivo questa sua posizione sull’omosessualità?
Padre Check: Va chiarito che l’espressione “intrinsecamente disordinato” si riferisce all’atto omosessuale, mentre “oggettivamente disordinata” è l’inclinazione. Si tratta di una distinzione antropologica molto importante.</p>
Con grande materna carità, la Chiesa distingue tre elementi: la persona, l’inclinazione e gli atti. Questa distinzione è indispensabile: non vogliamo dare l’impressione che gli uomini e le donne con inclinazioni omosessuali siano condannati o esclusi dalla Chiesa o che Cristo non abbia posto per loro nel Suo Cuore. Al contrario, Dio offre il Suo amore e la Sua Misericordia a tutti i suoi figli, a prescindere dalle loro debolezze o dalle loro croci.
La persona è sempre buona, creata a immagine di Dio, redenta dal Preziosissimo Sangue di Cristo, chiamata alla santità per grazia nella sua vita, con la promessa di gloria nella vita che verrà. Dio non compie errori quando crea le persone. Fa gli uomini a sua immagine e somiglianza. Li prepara alla comunione con Lui, in primo luogo per sperimentare la gioia in questa vita attraverso l’azione della grazia nell’anima, poi per essere felici con Lui in cielo.
Il comportamento omosessuale – come qualunque condotta sessuale contraria alla virtù della castità, ad esempio l’adulterio – costituisce “materia grave”. Sono tre le condizioni perché un peccato sia “mortale”: materia grave, piena coscienza, deliberato consenso. Le violazioni della castità così come prescritta dal Sesto Comandamento sono sempre materia grave. Diventano peccato mortale, qualora vi sia piena coscienza e deliberato consenso. È opportuno ricordare come l’insegnamento della Chiesa sulla castità sia coerente e costante nel tempo, perché non sembri che concentriamo la nostra attenzione, e forse in maniera eccessivamente severa, su di un solo peccato specifico. La contraccezione, la convivenza e la pornografia, ad esempio, possono essere anche oggetto di grande preoccupazione pastorale, per via dei gravi danni che provocano. Il comportamento omosessuale è “intrinsecamente disordinato”, cioè non giustificabile da alcuna buona intenzione soggettiva. È sempre contrario alla natura umana, perciò non può condurre alla realizzazione di sé, né tantomeno alla santità. Quindi la Chiesa mette in guardia in modo forte e chiaro contro questi comportamenti.
Forse la difficoltà maggiore quando si parla di omosessualità nasce dall’espressione oggettivamente disordinato con cui il Catechismo descrive il desiderio sessuale nei confronti di una persona dello stesso sesso. Il termine “oggettivamente disordinato” non si applica alla persona, pertanto non c’è un giudizio morale, né tantomeno una condanna. Ciò significa che questo desiderio non è in armonia con la natura umana, perché il desiderio non può essere realizzato in modo coerente col disegno di Dio, come specificato dalla complementarità dei sessi e dal potenziale generativo della facoltà sessuale.
Non da oggi, uno dei grandi dibattiti è se esista qualcosa come la natura umana. Tuttavia il riconoscimento della natura umana – di quelle cose comuni alla famiglia umana rispetto alla fondamentale dignità umana – è davvero una parte essenziale della nostra coscienza, la capacità di distinguere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ad esempio, se qualcuno dicesse che “tutti gli Ebrei sono non-persone”, uomini di tutte le culture, religioni, età e ambienti sociali troverebbero sicuramente tale affermazione ripugnante. Come è giusto che sia. Un tale sentimento di ripugnanza è basato sulla nostra idea innata della dignità umana.
Le faccio un altro esempio: come si sentirebbe se scoprisse che qualcuno l’ha deliberatamente ingannata? Non è necessario ricorrere all’ottavo comandamento per far comprendere alla gente che mentire è contrario al bene delle relazioni umane: lo sanno tutti. Perché? Perché il desiderio di verità fa parte della nostra natura umana.
Qualcosa di strano, tuttavia, accade quando la discussione riguarda la sessualità. A quel punto quel tipo di logica, quell’innata comprensione della dignità umana e della giusta azione, spesso si ferma improvvisamente sull’uscio. Il problema specifico non riguarda il desiderio umano di amore ed affetto ma come questo vada inteso, espresso e correttamente appagato. Una delle sfide in merito al dibattito sull’omosessualità è che ciò che tutti vogliono più di ogni altra cosa – ed è ciò per cui siamo stati creati – è dare e ricevere amore. Se quello che sto dicendo suonasse come “Non puoi dare e ricevere amore nel modo che vorresti”, è chiaro che mi risponderebbero: “Perché no? Chi sei tu per dirmi che non posso?”.
In tutta onestà, ritengo che una delle ragioni per la quale stiamo affrontando la sfida attuale, è che la castità, come virtù, spesso non è considerata parte della Buona Novella in molti contesti, anche nella “Chiesa visibile”. La Redenzione è parte della Buona Novella. La Speranza è parte della Buona Novella. E nessuno osa metterlo in discussione. Se però includi nella Buona Novella anche la castità, allora il discorso è diverso. Chi tra noi ha la vocazione a testimoniare il Vangelo nel sacerdozio o nella vita religiosa, al giorno d’oggi ha la speciale missione di amare la virtù della castità e di sforzarsi di viverla gioiosamente e fedelmente, perché la castità è una virtù che non solo neutralizza i falsi desideri ma è anche una virtù che libera e che conduce all’umana felicità e alla realizzazione.
Uno degli argomenti più ricorrenti nel dibattito sul matrimonio tra persone dello stesso sesso è che coloro che vi si oppongono lo fanno solo per motivi religiosi. Che rilevanza ha un ministero come Courage per tutti gli uomini e le donne con inclinazioni omosessuali e non solo per quelli che vengono da un contesto religioso?
Padre Check: 400 anni prima della nascita di Cristo, visse un uomo intelligente e saggio chiamato Platone. Egli ignorava la dottrina del peccato originale e non dava alcun credito alla perdita della grazia, in cui io e lei crediamo.
Nel Fedro, Platone fa riferimento al “mito del carro”. Platone aveva compreso molto bene che aveva un conflitto in se stesso. E disse: “C’è un carro dentro di me. Un cavallo mi trascina in una direzione e un altro cavallo mi trascina nella direzione opposta”.
Molti anni più tardi san Paolo, nella lettera ai Romani, disse: “Non compio il bene che voglio ma faccio il male che non voglio”. Platone e san Paolo, nelle loro umili affermazioni, stavano spiegando gli effetti dell’essere fuori dalla grazia.
Ancora più di recente, Chesterton, alla fine di Ortodossia, domanda: “Come può un uomo che è nato a testa in giù, sapere che è dritto?”. Ciò suggerisce che la condizione normale e comune dell’uomo è di essere, per così dire, “anormale”, lontano dagli schemi del suo creatore…. Ed è per questo che abbiamo bisogno della grazia, per vivere delle vite moralmente rette.
Questi tre uomini si riferivano alla stessa cosa, cioè che c’è qualcosa dentro di noi che può fuorviare i nostri desideri o interessi. Si tratta di un’esperienza umana molto comune. Il Cristianesimo può spiegarla e fornirvi un antidoto, rappresentato dalla grazia.
Venendo all’amore, è un’esperienza comune che i nostri affetti, desideri e stimoli sessuali possano tradirci, metterci in conflitto con noi stessi. La virtù della castità, della purezza di cuore, comunque, assicura che ameremo e saremo amati in modo speciale, conformemente con le nostre massime aspirazioni e il nostro massimo bene. Questa virtù ci aiuta ad amare l’altro per quello che è e non per quello che questa persona può fare per noi: quest’ultimo è il modo in cui tutti vorremmo essere amati.
È per questo che la questione del matrimonio, dell’intimità umana, così come è vista dalla Chiesa, non è qualcosa che appartiene esclusivamente ai cattolici o ai cristiani ma riguarda ogni essere umano. La Chiesa, in quanto nostra madre, afferma che vi sono diversi modi di entrare in conflitto con se stessi: adulterio, fornicazione, masturbazione, contraccezione, pornografia, comportamento omosessuale. Ognuno di questi atti compromette ciò che tu desideri di più: amare ed essere amato per ciò che sei. È per questo che la questione della natura umana e dell’uso della facoltà sessuale, governata dalla retta ragione, è di interesse per chiunque e che la sollecitudine, l’attenzione e la cura della Chiesa si estendono a tutta l’umanità.
Che consigli dà ai sacerdoti che svolgono il vostro apostolato?
Padre Check: Incoraggio i miei fratelli sacerdoti a studiare attentamente la questione dell’omosessualità, così come la studia la Chiesa, poiché tutti i sacerdoti vogliono alleviare la sofferenza ed in particolare la sofferenza causata dal peccato. Tanto la Chiesa dice “no” alle leggi e alle sentenze contrarie al bene comune, quanto essa stessa dice “sì” alle singole persone, senza per questo approvare i comportamenti che siano in disaccordo con il loro stesso bene. Come ci dice papa Francesco, dobbiamo conoscere le persone, camminare con loro, essere parte del loro viaggio verso Cristo ed aiutarle innanzitutto formando relazioni umane con loro. Questo “camminare con” è certamente la missione di Courage e la vocazione di tutti i sacerdoti.
C’è spesso riluttanza ad approfondire la complessità dell’omosessualità, essendo un argomento controverso nella nostra società. Nessuno, tantomeno un sacerdote, vorrebbe essere scambiato per qualcuno che odia determinate persone e nella nostra società, quando qualcuno parla contro uno stile di vita omosessuale attivo, viene accusato di parlare contro uno specifico gruppo di persone, piuttosto che delle loro azioni. Oggi i sacerdoti hanno una speciale opportunità per far conoscere l’amore di Cristo e della Chiesa ad un gruppo di persone che si sentono come ai margini, incerte della propria situazione, forse in attesa di qualcuno che tenda loro la mano e, soprattutto, li rassicuri sull’amore e sulla misericordia di Dio.
A prescindere dalle convinzioni personali sui problemi posti dall’omosessualità, una cosa di cui sono sicuro è che tutti condividiamo il desiderio di alleviare le sofferenze e portare la pace nei cuori. Le persone che hanno attrazione per lo stesso sesso, spesso soffrono molto e in molti modi. Portano una croce pesante e costante. So che la Chiesa ha un cuore grande per loro, comprende le loro sofferenze e desidera fare qualcosa per alleviarle. Sono giunto ad amare il mio lavoro con i membri di Courage, che sono un notevole e nobile gruppo di anime. Ho imparato che coloro che si confrontano con l’omosessualità sono individui con un’ampia varietà di storie e di esperienze, ma hanno in comune il desiderio di amare ed essere amati. Courage comprende questo bisogno umano e può offrire l’aiuto, la speranza e la carità di Gesù Cristo.
[Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]