di Luca Marcolivio

RIMINI, domenica, 26 agosto 2012 (ZENIT.org) – La libertà religiosa è l’alfa e l’omega di tutte le libertà dell’uomo. Numerosi sono stati gli incontri, le iniziative e gli interventi su questo tema, durante l’ultimo Meeting di Rimini, e il convegno Politica internazionale e libertà religiosa, tenutosi venerdì sera, ne ha rappresentato una sorta di sintesi.

L’incontro, moderato dal presidente del Centro internazionale di Comunione e Liberazione, Roberto Fontolan, ha visto la presenza di personalità di spicco del mondo religioso, politico e diplomatico: il presidente dell’Assemblea generale dell’ONU, Nassir Adulaziz al-Nasser, il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi di Sant’Agata, e il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, il cardinale Jean Louis Tauran.

Al-Nasser ha espresso la propria preoccupazione per le violazioni della libertà religiosa in tutto il mondo, ormai sempre più tristemente numerose. “Tali questioni continuano a turbarci”, ha detto il presidente dell’Assemblea generale dell’ONU, confermando l’impegno delle Nazioni Unite in questo campo.

Tra le iniziative del Palazzo di Vetro, Al-Nasser ha annunciato l’imminente proiezione del documentario Al di là del bene e del male, sul tema del perdono. “L’umanità – ha aggiunto – deve costruire ponti abbastanza forti da resistere all’urto delle differenze”. La diversità, secondo Al-Nasser è un valore che si tutela tanto più si è consapevoli dei vantaggi che questa comporta , godendo dei frutti della globalizzazione.

Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata ha invece sottolineato la volontà del governo italiano di dialogare con tutte le popolazioni del Mediterraneo sia sul piano economico che culturale. Sotto questo punto di vista, il ministro ha posto in evidenzia l’aumento del 20% degli scambi commerciali dell’Italia con le nazioni nordafricane e mediorientali.

Terzi ha poi affermato che l’Italia ha tutte le carte in regola per la difesa delle minoranze religiose, cristiane in particolare. È opportuna, a tal fine, anche un’opera educativa che sensibilizzi i giovani sull’esistenza di situazioni di guerra e di martirio.

“Il tema della religione – ha spiegato il capo della diplomazia italiana – è stato per troppo tempo marginalizzato in Europa. Le vicende legate al rispetto della libertà religiosa erano considerate sconvenienti: in politica occorre riportare i valori fondamentali come la libertà religiosa e i diritti umani”.

Citando le parole di papa Benedetto XVI, il ministro degli Esteri ha inoltre affermato che “limitare la libertà religiosa significa coltivare una visione riduttiva dell’essere umano”.

Il cardinale Tauran ha osservato che se si parla così tanto di libertà religiosa è proprio perché questo principio è uno dei più costantemente violati, menzionando a tal proposito, il recente caso della bambina down condannata a morte in Pakistan per blasfemia.

“Fino al 1945 – ha detto Tauran – il problema della libertà religiosa era gestito all’interno di ogni singolo stato ma gli orrori della seconda guerra mondiale fecero emergere la necessità di un accordo su quali fossero i diritti dell’uomo su base internazionale”.

La libertà religiosa, ha proseguito il porporato francese, “si fonda sulla natura stessa dell’uomo come è stata creata da Dio”, pertanto lo stato “non deve interferire con la vita religiosa, almeno fino a quando non vengono lesi i diritti altrui”. Lo stato quindi deve “prendere atto che l’uomo è per natura religioso, che il fatto religioso è parte integrante della società” e che “un mondo senza Dio sarebbe un mondo disumano”.

In conclusione il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso ha dichiarato: “L’uomo è grande quando fa della sua vita una risposta all’amore di Dio”. E, citando Charles Peguy, ha esortato: “Cerchiamo di mantenere aperta la porta della speranza e dell’amore. Dio ci ha costruiti come speranza”.

Delineando una sintesi dei contributi dei tre relatori, il moderatore Roberto Fontolan ha concluso l’incontro, descrivendo il cammino verso la libertà religiosa come un “cammino ancora lungo”, in cui ogni persona deve “fare  la sua parte, non aspettandosi un’azione dall’alto ma servendosi di un ‘io’ pienamente umano”.