Cosa separa un ideale da un’idolatria? E dove si colloca la concezione che noi oggi abbiamo di Europa? Nella prima giornata della XXXV edizione del Meeting di Rimini, Joseph H.H. Weiler, presidente dell’Istituto Universitario Europeo, ha svolto un percorso affascinante tra gli interrogativi che oggi più provocano l’Europa, e non solo. Europa: ideale o idolatria? è stata solo la prima di una serie di domande che hanno visto il professore americano in dialogo con il docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze Andrea Simoncini, partendo dall’intervento che il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione Julián Carrón  aveva scritto in occasione delle ultime elezioni europee.

“L’idolatria è quando si prende una cosa giusta e la si esagera”, ha esordito il professor Weiler. La pace, la prosperità, l’altro e l’individuo sono ideali  solo se concepiti secondo il pensiero originario di chi li ha voluti alla base del concetto di Europa. Se la pace così com’era stata pensata in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, come portatrice dell’idea di perdono, si riduce a quieto vivere, non è valore ma idolatria. La prosperità diventa idolatria quando è smania di ricchezza e non più desiderio di una dignitosa autosufficienza economica, solidarietà che tiene sempre un occhio sul bisogno dell’altro. “Il metodo europeo di rapporto con l’altro è molto originale - ha continuato Weiler - differente da quello americano, dove l’altro è accettato, ma deve diventare americano. L’Europa non ha mai voluto fare l’unione del popolo europeo, ma tra i popoli europei”.  Se si esce dall’idea di altro come risorsa proprio in quanto portatore di un'alterità, anche questo ideale diventa idolatria. Così come, da ultimo, una distorsione del concetto di individuo può portare il rischio della perdita dell’aspetto comunitario.

Di fronte alla deviazione dai valori su cui è stata costruita l’Europa, “oggi è giusto chiedere un maggiore spazio di libertà per incontrare i sinceri cercatori di verità?”, ha domandato Andrea Simoncini. “Non  mi sembra che oggi l’Europa non dia spazio a questa libertà”, ha obiettato Weiler. “Le minacce alla libertà ci sono e ci sono sempre state, ma per secoli il credente cristiano è stato in maggioranza mentre ora non lo è più. Non  siete abituati e quindi vivete come sotto attacco”.  Ma l’uomo religioso è “chi, malgrado tutta la difficoltà, non perde il suo credo. Quello che ci vuole è un atteggiamento più fiducioso del credente verso la società contemporanea. Prima di lamentarsi, bisogna ascoltarla”.  Non a caso, infatti, un punto determinante del testo di Carrón che entrambi i relatori hanno voluto porre in evidenza è stata l’importanza della non confessionalità dello Stato. “La fede forzata non è vera fede, solo avere la possibilità di dire di no a Dio vale il sì a Dio”, ha aggiunto Weiler.

Da ultimo il dialogo si è soffermato su uno dei temi più complessi che il mondo religioso, e in particolare cristiano, oggi si trova ad affrontare. Joseph Weiler ha ricordato che l’uomo religioso non è il detentore esclusivo dei valori morali, e che d’altra parte il suo essere religioso non può essere ridotto a quello. “Ciò che è proprio del religioso è la ricerca della santità”.  E qui il professore americano ha voluto porre l’accento sulla necessità che emergano “i tanti aspetti della sua vita che lo rendono diverso dagli altri, ma non superiore”. E, accanto a questo, il fattore determinante del testimoniare  con la propria vita, non tanto un’integrità morale, quanto ciò che davvero caratterizza l’uomo religioso: il suo rapporto con la trascendenza.

Testimoniare con la vita, senza avere la pretesa di imporre nulla agli altri, perché ridurre tutto alla legge sarebbe una minaccia alla libertà personale: l’uomo da soggetto diventerebbe oggetto della legge, che gli imporrebbe come comportarsi senza coinvolgere la sua ragione. Come invece ricordava Benedetto XVI al Bundestag di Berlino, i valori della fede cristiana non vengono dalla rivelazione ma dalla ragione. “Ed è a questo punto - ha ricordato ancora Weiler - che il cristiano può scendere sulla piazza pubblica e sfidare i suoi contemporanei: su concetti della ragione e non della rivelazione. Ma questo avviene solo se il cristiano approfondisce la sua natura”. Infatti, come sottolineava in chiusura dell’incontro Andrea Simoncini citando una frase di don Giussani, “la soluzione dei problemi che la vita pone ogni giorno non avviene direttamente affrontando i problemi, ma approfondendo la natura del soggetto che li affronta”.