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Papa. Sacerdoti potranno assolvere aborto, valide confessioni lefebvriani

Pubblicata, a conclusione del Giubileo, la Lettera Apostolica “Misericordia et misera”. Istituita la Giornata Mondiale dei poveri

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I bambini abortiti, le madri e i medici che hanno procurato questo “gravissimo peccato”. Poi i poveri, le famiglie, le popolazioni che soffrono fame e sete, le vittime di schiavitù e tutti gli uomini e le donne privati di dignità. Ancora: i sacerdoti, i semplici credenti, i Missionari della Misericordia. I lefebvriani. L’umanità intera, specie quella sofferente, si raccoglie sotto lo sguardo di Papa Bergoglio nella Lettera Apostolica Misericordia et misera, il documento, che suggella la chiusura del Giubileo straordinario, firmato ieri in mondovisione in piazza San Pietro e consegnato ad alcuni rappresentanti del popolo di Dio.

Oggi reso pubblico, il testo vuole essere un incoraggiamento a proseguire la strada del perdono, come richiesto dal Papa nella omelia di ieri in San Pietro, offrendo chiare linee pastorali. Il titolo stesso lo suggerisce riprendendo l’espressione che Sant’Agostino utilizza per raccontare l’incontro tra Gesù e l’adultera. In esso, il Santo Padre prolunga alcune decisioni stabilite nella Bolla di indizione del Giubileo, Misericordiae Vultus, come l’assoluzione del peccato di procurato aborto: “Perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto”, scrive il Pontefice.

“Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare viene ora esteso nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario”, aggiunge. E con tutte le sue forze ribadisce “che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente”; tuttavia “non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre”. “Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione”.

Sulla stessa scia, il Papa scrive a proposito dei lefebvriani: “Nell’Anno del Giubileo avevo concesso ai fedeli che per diversi motivi frequentano le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità San Pio X di ricevere validamente e lecitamente l’assoluzione sacramentale dei loro peccati. Per il bene pastorale di questi fedeli, e confidando nella buona volontà dei loro sacerdoti perché si possa recuperare, con l’aiuto di Dio, la piena comunione nella Chiesa cattolica, stabilisco per mia propria decisione di estendere questa facoltà oltre il periodo giubilare, fino a nuove disposizioni in proposito, perché a nessuno venga mai a mancare il segno sacramentale della riconciliazione attraverso il perdono della Chiesa”.

Sul tema della riconciliazione, Papa Francesco si dice grato a tutti i Missionari della Misericordia – ovvero i sacerdoti che durante il Giubileo hanno potuto assolvere i peccati riservati alla Sede Apostolica –  “per il prezioso servizio offerto per rendere efficace la grazia del perdono”. Anche tale ministero straordinario “non si conclude con la chiusura della Porta Santa”, afferma il Papa, esprimendo il desiderio “che permanga ancora, fino a nuova disposizione, come segno concreto che la grazia del Giubileo continua a essere, nelle varie parti del mondo, viva ed efficace”. Sarà cura del Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione seguire in questo periodo post-giubilare i Missionari della Misericordia, “come espressione diretta della mia sollecitudine e vicinanza e trovare le forme più coerenti per l’esercizio di questo prezioso ministero”.

Ai semplici sacerdoti, il Vescovo di Roma rinnova invece l’invito “a prepararsi con grande cura al ministero della confessione, che è una vera missione sacerdotale”. “Vi chiedo di essere accoglienti con tutti – raccomanda il Papa – testimoni della tenerezza paterna nonostante la gravità del peccato; solleciti nell’aiutare a riflettere sul male commesso; chiari nel presentare i principi morali; disponibili ad accompagnare i fedeli nel percorso penitenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso; generosi nel dispensare il perdono di Dio”. 

Nel cuore della Lettera Apostolica trovano posto poi i poveri, alla luce anche del ‘Giubileo delle persone socialmente escluse’ celebrato a novembre. Per loro il Papa indice la Giornata mondiale dei Poveri da celebrare in tutta la Chiesa la XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, “come ulteriore segno concreto di questo Anno Santo straordinario”.  Sarà essa “la più degna preparazione per vivere la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il quale si è identificato con i piccoli e i poveri e ci giudicherà sulle opere di misericordia”.

La Giornata, spiega Bergoglio, “aiuterà le comunità e ciascun battezzato a riflettere su come la povertà stia al cuore del Vangelo e sul fatto che, fino a quando Lazzaro giace alla porta della nostra casa, non potrà esserci giustizia né pace sociale”. Non bisogna dimenticare infatti le parole di Cristo ai discepoli: “I poveri li avete sempre con voi”; pertanto, chiarisce il Papa, “non ci sono alibi che possono giustificare un disimpegno quando sappiamo che lui si è identificato con ognuno di loro”.

Non manca nel documento un’amara riflessione sulle condizioni di vita drammatiche di numerose popolazioni nel mondo che, ancor oggi, soffrono fame e sete. “Quanta preoccupazione suscitano le immagini di bambini che nulla hanno per cibarsi”, esclama Francesco, “masse di persone continuano a migrare da un Paese all’altro in cerca di cibo, lavoro, casa e pace”.  “Non avere il lavoro e non ricevere il giusto salario; non poter avere una casa o una terra dove abitare; essere discriminati per la fede, la razza, lo stato sociale…: queste e molte altre sono condizioni che attentano alla dignità della persona, di fronte alle quali l’azione misericordiosa dei cristiani risponde anzitutto con la vigilanza e la solidarietà”, sottolinea.

E prosegue: “Quante sono oggi le situazioni in cui possiamo restituire dignità alle persone e consentire una vita umana! Pensiamo solo a tanti bambini e bambine che subiscono violenze di vario genere, che rubano loro la gioia della vita. I loro volti tristi e disorientati sono impressi nella mia mente; chiedono il nostro aiuto per essere liberati dalle schiavitù del mondo contemporaneo”. “Questi bambini sono i giovani di domani; come li stiamo preparando a vivere con dignità e responsabilità?”, domanda ancora il Santo Padre. “Con quale speranza possono affrontare il loro presente e il loro futuro? Il carattere sociale della misericordia esige di non rimanere inerti e di scacciare l’indifferenza e l’ipocrisia, perché i piani e i progetti non rimangano lettera morta”. 

Un pensiero speciale viene indirizzato anche a chi soffre la malattia che, “nelle sue varie forme, è un motivo permanente di sofferenza che richiede aiuto, consolazione e sostegno”, o è rinchiuso  nelle carceri, “luoghi in cui spesso, alla pena restrittiva, si aggiungono disagi a volte gravi, dovuti a condizioni di vita disumane”. Bergoglio parla anche di una “cultura dell’individualismo esasperato”, soprattutto in Occidente, che “porta a smarrire il senso di solidarietà e di responsabilità verso gli altri” e di un analfabetismo diffuso che “impedisce ai bambini e alle bambine di formarsi e li espone a nuove forme di schiavitù”.

Tale analfabetismo persiste anche a livello spirituale: “Dio stesso rimane oggi uno sconosciuto per molti – dice il Papa – ciò rappresenta la più grande povertà e il maggior ostacolo al riconoscimento della dignità inviolabile della vita umana”. Per questo, come indicazione pratica, il Santo Padre incoraggia a compiere “le opere di misericordia corporale e spirituale” che “costituiscono fino ai nostri giorni la verifica della grande e positiva incidenza della misericordia come valore sociale”, la quale “spinge a rimboccarsi le maniche per restituire dignità a milioni di persone che sono nostri fratelli e sorelle, chiamati con noi a costruire una ‘città affidabile’”.

Non bastano, infatti, i “tanti segni concreti di misericordia” realizzati durante l’Anno Santo. “Il mondo – afferma Papa Francesco – continua a generare nuove forme di povertà spirituale e materiale che attentano alla dignità delle persone. È per questo che la Chiesa dev’essere sempre vigile e pronta per individuare nuove opere di misericordia e attuarle con generosità ed entusiasmo”.

Parlando infine alle famiglie, in un momento che ne vede la crisi, il Successore di Pietro rammenta che “il dono del matrimonio è una grande vocazione a cui, con la grazia di Cristo, corrispondere nell’amore generoso, fedele e paziente”. “La bellezza della famiglia permane immutata nonostante tante oscurità e proposte alternative… Il sentiero della vita che porta un uomo e una donna a incontrarsi, amarsi, e davanti a Dio a promettersi fedeltà per sempre, è spesso interrotto da sofferenza, tradimento e solitudine”.

Di qui l’incoraggiamento a non stancarsi d “accogliere e accompagnare”, sviluppando “una cultura della misericordia, basata sulla riscoperta dell’incontro con gli altri”, in cui “nessuno guarda all’altro con indifferenza né gira lo sguardo quando vede la sofferenza dei fratelli”. “Le opere di misericordia sono ‘artigianali’”, spiega il Papa, esse “toccano tutta la vita di una persona” e “nessuna di esse è uguale all’altra; le nostre mani possono modellarle in mille modi, e anche se unico è Dio che le ispira e unica la ‘materia’ di cui sono fatte, cioè la misericordia stessa, ciascuna acquista una forma diversa”.

Per Francesco è possibile “dar vita a una vera rivoluzione culturale proprio a partire dalla semplicità di gesti che sanno raggiungere il corpo e lo spirito, cioè la vita delle persone”. È un impegno che la comunità cristiana può fare proprio, “nella consapevolezza che la Parola del Signore sempre la chiama ad uscire dall’indifferenza e dall’individualismo in cui si è tentati di rinchiudersi per condurre un’esistenza comoda e senza problemi”.

Dunque “è questo il tempo della misericordia”, afferma il Pontefice. “È il tempo della misericordia per tutti e per ognuno, perché nessuno possa pensare di essere estraneo alla vicinanza di Dio e alla potenza della sua tenerezza. È il tempo della misericordia perché quanti sono deboli e indifesi, lontani e soli possano cogliere la presenza di fratelli e sorelle che li sorreggono nelle necessità. È il tempo della misericordia perché i poveri sentano su di sé lo sguardo rispettoso ma attento di quanti, vinta l’indifferenza, scoprono l’essenziale della vita. È il tempo della misericordia – conclude – perché ogni peccatore non si stanchi di chiedere perdono e sentire la mano del Padre che sempre accoglie e stringe a sé”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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