Papa Francesco visita la Sinagoga di Roma (2)

Papa Francesco nella Sinagoga di Roma - Foto © ZENIT (SC)

Papa in Sinagoga. Dialogo, missione, testimonianza

Un’analisi della visita del Pontefice di ieri alla Comunità ebraica di Roma

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Nel pomeriggio di ieri, domenica 17 gennaio 2016, Papa Francesco è andato in visita alla Tempio maggiore Ebraico di Roma.È il terzo Papa a recarsi nella Sinagoga di Roma e, come è stato messo in evidenza, nella tradizione ebraica un gesto che si ripete tre volte diventa consuetudine e, in questo caso, consuetudine di rispetto e di amore. 

Come aiuto a capire il significato del gesto e del discorso che il Santo Padre fatto con gli Ebrei propongo queste brevi riflessioni.

È chiaro per tutti i cattolici che la religione ebraica ha per il cristianesimo un posto unico e diverso dalle altre religioni, tanto è vero che S. Giovanni Paolo II li chiamò “Fratelli maggiori” e il Papa emerito Benedetto XVI “Padri nella fede”. E’ pure un fatto acquisito che la religione ebraica ha avuto e ha un posto nell’economia della salvezza. Quindi questa religione deve essere rispettata, e sono da condannare gli odi, le persecuzioni e l’antisemitismo. Dunque la testimonianza cristiana davanti agli ebrei deve essere fatta con “umiltà e sensibilità”, che vada sempre tenuto presente che è Dio che converte e non i cristiani.

Papa Francesco che non c’è opposizione tra dialogo, missione e testimonianza. I rapporti tra questi tre atteggiamenti sono molteplici e complementare. Il Papa è testimone non tanto perché dà in modo splendido il buon esempio, ma perché è martire (nome greco per dire testimone) cioè è disposto a dare la vita perché ama Cristo come Pietro “più di tutti gli altri discepoli” e ne porta l’amore a tutti.

Dialogo e conversione di sé.

Dialogo è parola che va verso l’altro e parte da una persona. Parola che oggi il Papa ha offerto è stata di un grande personalità che si è presentato con umiltà e attenzione. Lui ha messo in evidenza che  nel contesto del dialogo tra credenti di fede diversa, non si può evitare di riflettere sul cammino spirituale della conversione. Nel linguaggio biblico e cristiano, la conversione è il ritorno del cuore umile e contrito a Dio, con il desiderio di sottomettergli più generosamente la propria vita .Tutti sono chiamati costantemente a questa conversione e tutti sono chiamati da un amore particolare il cuore può aprirsi a una carità universale.

Nell’ottica cristiana, l’agente principale della conversione non è l’uomo, ma lo Spirito Santo. “E’ Lui che spinge ad annunziare il Vangelo e che nell’intimo delle coscienze fa accogliere e comprendete la parola della salvezza» (EN 75). E’ lui che guida il movimento dei cuori e fa nascere l’atto di fede in Gesù il Signore (cfr. 1 Cor. 2. 4). Il Cristiano è semplice strumento e collaboratore di Dio (Cfr. 1 Cor. 3. 9).

Dialogo per il desiderio reciproco di crescita

Anche nel dialogo, il cristiano normalmente nutre nel suo cuore il desiderio di condividere la sua esperienza di Cristo col fratello di altra religione (cfr. Atti 26, 29; ES 46). È altrettanto naturale che l’altro credente desideri qualcosa di simile.

Dialogo per l’edificazione dell’uomo e la promozione della pace.

Dio continua a riconciliare a Sé gli uomini attraverso lo Spirito. La Chiesa confida nella promessa fattale da Cristo che lo Spirito la guiderà, nella storia, verso la pienezza della verità (cfr, Gv. 16, 13). Per questo va incontro agli uomini, ai popoli e alle loro culture, conscia che ogni comunità umana ha germi di bene e di verità e che Dio ha un disegno di amore per ogni nazione (cfr. Atti 17, 26- 27). La Chiesa quindi vuole collaborare con tutti per la realizzazione di questo disegno, valorizzando cosi tutte le ricchezze della sapienza infinita e multiforme di Dio, e contribuendo alla evangelizzazione delle culture (cfr. EN 18-20, come pure il Magistero pontificio di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco).

Papa Francesco ha ribadito il profondo legame che il Cristianesimo ha con l’Ebraismo e quindi ha insistito sulla necessita di continuare un dialogo che sia ispirato dall’amore della verità. Quando in dialogo è portato avanti condotto con la giusta prudenza, non esclude nessuno.

Poiché Dio Padre principio e fine di tutti, siamo tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò, chiamati a questa stessa vocazione umana e divina, senza violenza e senza inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del e mondo nella vera pace» (GS 92; Cfr. Messaggi per la Giornata Mondiale della Pace di Paolo VI , Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco).

Il dialogo diventa cosi sorgente di speranza e fattore di comunione nella reciproca trasformazione. È lo Spirito Santo che guida la realizzazione del piano di Dio nella storia delle persone e di tutta l’umanità, fino a quando i figli di Dio dispersi dal peccato saranno riuniti nell’unità. (Cfr. Gv. 11, 52).

 

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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