Udienza generale, 25 ottobre 2017 / © PHOTO.VA - OSSERVATORE ROMANO

Papa: “Il paradiso è l’abbraccio con Dio”

Catechesi nell’udienza generale di mercoledì 25 ottobre 2017

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“Il paradiso non è un luogo da favola, e nemmeno un giardino incantato. Il paradiso è l’abbraccio con Dio, Amore infinito, e ci entriamo grazie a Gesù, che è morto in croce per noi.” Queste parole bellissime papa Francesco le ha pronunciate oggi, mercoledì 25 ottobre 2017, nella sua catechesi conclusiva sul tema della speranza cristiana.
Il Pontefice ha sviluppato la sua riflessione, dedicata proprio al tema del paradiso come “meta della nostra speranza”, attorno al dialogo tra Gesù e il “buon ladrone” (Luca 23,39-43).
Come ha osservato Francesco, “paradiso” non solo è “una delle ultime parole pronunciate da Gesù sulla croce”, ma proprio qui, in questo dialogo, è anche l’unica volta che la parola compare nei vangeli.
Sulla croce il Figlio di Dio “giunge all’estremo della sua incarnazione” e ha “l’ultimo appuntamento con un peccatore, per spalancare anche a lui le porte del suo Regno”, ha proseguito il Papa.
Il “buon ladrone”, che in un testo apocrifo — gli “Atti di Pilato” — porta il nome di Disma, “non aveva opere di bene da far valere, non aveva niente, ma si affida a Gesù”, ha spiegato Francesco, che ha aggiunto: “è stata sufficiente quella parola di umile pentimento, per toccare il cuore di Gesù”.
Proprio per questo motivo, ha suggerito il Pontefice, la figura del “buon ladrone” “ci ricorda la nostra vera condizione davanti a Dio”. Infatti, “siamo suoi figli” e “Lui è disarmato ogni volta che gli manifestiamo la nostalgia del suo amore”.
“Nelle camere di tanti ospedali o nelle celle delle prigioni questo miracolo si ripete innumerevoli volte”, perché “non c’è persona, per quanto abbia vissuto male, a cui resti solo la disperazione e sia proibita la grazia”, ha sottolineato il Papa.
“Ogni volta che un uomo, facendo l’ultimo esame di coscienza della sua vita, scopre che gli ammanchi superano di parecchio le opere di bene, non deve scoraggiarsi, ma affidarsi alla misericordia di Dio”, che “è Padre” e aspetta “fino all’ultimo” il nostro ritorno.
Quando il Figliol prodigo — una delle parabole chiave del pontificato di Jorge Bergoglio — ritorna e incomincia a confessare le sue colpe, “il padre chiude la bocca con un abbraccio”, ha ricordato Francesco. “Questo è Dio: così ci ama!”, ha esclamato.
“Dove c’è Gesù, c’è la misericordia e la felicità; senza di Lui c’è il freddo e la tenebra”, e perciò, come il buon ladrone, “nell’ora della morte, il cristiano ripete a Gesù: ‘Ricordati di me’”.
Il Figlio di Dio “vuole portarci nel posto più bello che esiste” e nella casa del Padre “porterà anche tutto ciò che in noi ha ancora bisogno di riscatto”, cioè “le mancanze e gli sbagli di un’intera vita”, ha detto Francesco.
“Se crediamo questo, la morte smette di farci paura, e possiamo anche sperare di partire da questo mondo in maniera serena, con tanta fiducia”, ha aggiunto il Papa, che poi, chiudendo in certo senso il cerchio, ha menzionato un’altra figura chiave del Vangelo di Luca, la quale appare all’inizio, ossia quella del “vecchio Simeone”.
Come lui, ha suggerito il Papa, potremmo dire: “ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza” (2,29-30). Infatti, “chi ha conosciuto Gesù, non teme più nulla”.
Cliccare qui per leggere il testo intero.

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Paul De Maeyer

Schoten, Belgio (1958). Laurea in Storia antica / Baccalaureato in Filosofia / Baccalaureato in Storia e Letteratura di Bisanzio e delle Chiese Orientali.

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