Il calendario dell’anno è costellato di giornate in ricordo di qualche evento della storia, in sostegno di qualcuno o contro qualcosa che la mentalità corrente reputa sbagliato. Regolarmente, in prossimità di queste giornate, veniamo informati della loro esistenza e assistiamo alla retorica delle buone parole da parte delle Istituzioni.
Una di queste giornate cadeva il 26 giugno, domenica scorsa. Si tratta della Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga. L’evento è passato però sotto silenzio. Le Istituzioni, sempre così solerti nello sciorinare frasi enfatiche, hanno lasciato che l’impegno contro le sostanze stupefacenti scivolasse nell’oblio.
Come un oggetto che cade in acqua, il tema della droga, risucchiato dall’oblio dell’indifferenza, è tuttavia tornato a galla subito. Il giorno dopo, infatti, lunedì scorso, la Camera dei Deputati con la decisione di calendarizzare una proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis, ha acceso involontariamente il dibattito.
Non tutti hanno voluto accettare passivamente che il 25 luglio prossimo, in un clima mediatico notoriamente soporifero per via della stagione estiva avanzata e a pochi giorni dalla pausa del Parlamento, l’aula di Montecitorio si troverà a discutere un testo – di cui ZENIT si è già occupato – dall’eloquente titolo “Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati”. Il documento, che gode del sostegno di un intergruppo di oltre 220 parlamentari, potrebbe esser votato già il giorno successivo.
Se la legge verrà approvata, gli italiani potranno liberamente coltivare canapa fino a un massimo di cinque piante di sesso femminile e possedere i suoi derivati (marijuana e hashish). I maggiorenni avranno il diritto di detenere fino a 15 grammi di queste sostanze. Prevista inoltre l’istituzione di uno specifico Monopolio di Stato della Cannabis che autorizzerà soggetti privati a coltivare cannabis e venderla in locali dedicati.
Anche in Italia, a quel punto, si avranno i celebri coffe shop di olandese memoria. Locali in cui le persone possono trovare non solo alcol, ma anche sostanze stupefacenti con le quali “sballarsi” in libertà. Ma proprio mentre ad Amsterdam, capitale dell’Olanda, si discute da qualche anno di una possibile stretta su questo genere di locali, il Belpaese vuole imitare l’esempio.
Se l’iniziativa ha trovato l’energico sostegno degli epigoni del Partito Radicale disseminati qua e là nei vari schieramenti politici (su tutti Benedetto Della Vedova e il fresco sconfitto del ballottaggio per diventare sindaco di Roma, Roberto Giachetti), non mancano le voci di dissenso.
Su tutte quella di Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, la quale si è detta contraria a queste legge spiegando che “tutto il tema della liberalizzazione della marijuana è un business perché il mercato della criminalità resta in piedi”. Il ministro rileva che la soglia d’età dei consumatori di droga è sempre più basso (ce ne sono persino undicenni), pertanto è importante che gli adulti diano un messaggio chiaro sul fatto che drogarsi fa male.
All’attacco della liberalizzazione anche il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, con delega alla Famiglia, Enrico Costa: “Con una mano combattiamo le ludopatie, i tumori, la tossicodipendenza e, con l’altra mano, godiamo delle risorse derivanti dal gioco, dal fumo e, magari domani, dalla legalizzazione della cannabis. È coerente tutto questo?”.
Sicuramente tutto questo è un servizio che il Pd vorrebbe svolgere a favore “delle lobby e delle forze radicali”. A sostenerlo è Alessandro Pagano, deputato Ncd, il quale ricorda che il partito di Matteo Renzi, “dopo i matrimoni e le adozioni gay, vuole passare all’incasso con l’utero in affitto, ora con le droghe libere e domani con l’eutanasia”. Pagano auspica “un sussulto di dignità contro questa deriva etica e antropologica, a difesa della nostra società e dei nostri giovani”.
Sussulto che i parlamentari potrebbero avere confrontandosi con le esperienze concrete di chi alla cura nei confronti dei disagiati ha offerto la propria vita. Nel lontano 1998, in pieno dibattito sulla liberalizzazione delle droghe cosiddette “leggere”, il mensile 30giorni diede la parola a don Oreste Benzi (Comunità Giovanni XXIII), a don Pietro Gelmini (Comunità Incontro), a don Antonio Mazzi (Comunità Exodus) e a don Mario Picchi (Centro Italiano di Solidarietà).
Tagliente don Gelmini, il quale avvisava che se fosse passata una simile legge, l’Italia avrebbe avuto “un milione di zombie, giovani incapaci di intendere e di volere”, dipendenti “dalla carità della gente e dai sussidi dello Stato”. E che, senza tempra e coscienza critica, accetteranno stancamente ogni decisione che verrà presa sopra le loro teste.
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Italia. Dopo le unioni civili la droga libera?
Il 25 luglio alla Camera il ddl sulla liberalizzazione della cannabis. Per gli oppositori è nuovo segno del peso delle “lobby radicali”. Nel ’98 don Gelmini avvisò: “Una legge così produrrà moltitudini di giovani zombi”