In un libro la storia di Santa Maria dell’Orto

L’Editrice dei Merangoli, ha pubblicato la prima opera omnia su un luogo simbolo della Roma più vera

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Presentato a Roma il volume “Santa Maria dell’Orto. Il complesso architettonico trasteverino”, pubblicato dell’Editrice dei Merangoli, si tratta della prima opera omnia su un luogo simbolo della Roma più vera. Un volume di approfondimento che si basa su un’analisi scientifica e filologica raffinata e puntuale.
Il libro dà conto degli ultradecennali studi, condotti da un pool di docenti universitari e di esperti, che hanno esaminato e ricostruito la storia, l’evoluzione architettonica e decorativa, i tesori di un complesso che può considerarsi baricentro della fede del popolo e delle antiche corporazioni del commercio e dell’artigianato, in un crowdfunding che, nei secoli, ha contribuito alla sua costruzione, abbellimento e manutenzione.
Suggestiva la storia di Santa Maria Dell’Orto.
Allo scorcio del ‘400, la parte di Trastevere verso il porto di Ripa Grande era pressoché disabitata e quasi interamente coltivata ad orti. Un giorno, forse del 1488, “ritrovandosi una devota persona in infermità incurabile e avendo visto un’immagine dell’Immaculatissima Vergine Maria in una muraglia molto vecchia dentro di un orto… fece voto, che se della detta infermità guariva, terrebbe una perpetua lampada accesa innanzi alla suddetta figura”.
La persona guarì e mantenne la promessa: altri, seguendone l’esempio, vollero contribuire al culto pubblico dell’immagine riunendosi in Confraternita, approvata nel 1492 da Alessandro VI ed elevata poi da Sisto V, nel 1588, al rango di Arciconfraternita.
Un oratorio venne eretto intorno all’icona e forse si iniziò la costruzione di una cappella che, venne sostituita dall’attuale chiesa. Dello stesso periodo sono le notizie riguardanti il piccolo ospedale, già funzionante e forse costituitosi contestualmente al formarsi dell’aggregazione.
Nel corso del tempo s’aggregarono all’Arciconfraternita tredici Università d’arti e mestieri che gareggiarono tra loro per abbellire e ornare la chiesa profondendovi ingenti somme per assicurarsi l’opera di insigni artisti: ovunque infatti appaiono decorazioni di frutta e ortaggi segni delle Università degli Ortolani e dei Fruttaroli, molini e piccole bilance a memoria dei Molinari e Pizzicaroli. Il tacchino ligneo del XVIII secolo è dono dei Pollaroli.
La presentazione del volume, è avvenuto a Roma, nella suggestiva Biblioteca delle Arti del Complesso Monumentale di San Michele a Ripa Grande.
A illustrarne i contenuti del libro dagli studiosi Giovanna Capitelli, Rosario Giuffrè, Carlo Martigli e Claudio Strinati.
Il gruppo è stato coordinato dall’Ambasciatore Umberto Vattani.
Oltre mezzo millennio di storia e di culto Mariano hanno reso il santuario trasteverino, con il sostegno della Venerabile Arciconfraternita di Santa Maria dell’Orto, un fulcro di fede e di socialità.
Meritava dunque uno studio approfondito affinché i contemporanei conoscessero i suoi fasti e la sua importanza nel corso dei secoli.
Alla chiusura dei lavori, è seguita una visita guidata riservata al Complesso monumentale di Santa Maria dell’Orto.
Nella prefazione al volume il prof. Rosario Giuffrè ha scritto “Desidero premettere che vi sono libri che inducono fortemente a riflettere, per ciò che esprimono nelle loro pagine, altri che in più inducono a riscoprire e a riprovare a porci domande provocate proprio da ciò che è scritto, e a ciò che oltretutto inducono a leggere oltre le righe.
Questo testo, che certo non manca di chiarezze e filologiche ricostruzioni ed analisi, è esattamente un insieme di quadri e scenari che impongono una riflessione sull’insieme e sulle azioni che abbiamo il dovere di scegliere e fare”.
“Nell’universo di testimonianze, studi, azioni, prospettive, e professionalità che hanno intelligentemente costituito il corpus di questo affascinante, e complesso, volume, – ha scritto Giuffrè – tante sono le informazioni, le memorie, le personalità recuperate, odierne, antiche, remote, sparse in quell’universo che ha caratterizzato l’Urbe, nel disperdere e ritrovare, come araba fenice, un volto nei secoli”.
Il professore ha concluso: “Oggi mi dolgo per non essere riuscito a far comprendere alle diverse autorità, laiche ed ecclesiastiche, che era necessario ricostituire l’unitarietà volumetrica, funzionale, distributiva, formale e linguistica della chiesa, della rettoria, dell’ospedale distrutto, della splendida farmacia, oltre che dell’archivio storico dell’arciconfraternita, davvero eccezionale, anche per la storia della pietà in Roma, della stessa assistenza sanitaria, oltre che storia urbana dai romani, ai papi, all’unità nazionale spesso incolta”.
 

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ZENIT Staff

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