Mons. Francesco Follo - Foto © Servizio Fotografico-L'Osservatore Romano

Il Profeta: un uomo che dice parole cariche di una Presenza

IV Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 3 febbraio 2019

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Rito romano
Ger 1,4-5.17-19; Sal 70; 1 Cor 12,31-13,3; Lc 4,21-30
 
Rito ambrosiano
Penultima Domenica dopo l’Epifania
Dn 9,15-19; Sal 106; 1Tm 1,12-17; Mc 2,13-17
Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre
 
1) Una premessa sulla voce: il profeta, e sulla Parola: Gesù.
I brani di oggi, il racconto di Geremia e l’esperienza di Gesù nel Vangelo (nel Rito Romano), mettono in risalto la vocazione e l’opera del profeta che parla della vita dell’uomo secondo il progetto di Dio e della sua realizzazione.
Quindi, penso che sia utile – come premessa – ricordare che il termine profeta deriva dal greco προφήτης (pronuncia: profétes), che è parola composta dal prefisso προ- (pro, “davanti, prima”, ma anche “per”, “al posto di”) e dal verbo φημί (femì, “parlare, dire”). Letteralmente quindi significa “colui che parla davanti” o “colui che parla per, al posto di” , sia nel senso di parlare “pubblicamente” (davanti ad ascoltatori), sia in quello di parlare “prima” (anticipatamente sul futuro).
E’ altrettanto utile sapere che il termine ebraico che designa il profeta, “nabi”, può significare sia “colui che è chiamato”, sia “colui che parla”: in questo duplice significato è inscritto tutto il senso della missione del profeta: un chiamato che diventa un porta-voce, un “porta-parola”, un servo della Parola di Dio. Inoltre Il profeta non è chiamato semplicemente a parlare in nome di Dio, ma a viverne l’amore divenendo profeta del Cuore di Dio, che è misericordia.
Il profeta non è la variante biblica dell’indovino, perché non ha lo scopo di comunicare gli avvenimenti di domani e così mettersi al servizio della curiosità o del bisogno di sicurezza degli uomini.
L’elemento essenziale del profeta non è quello di predire i futuri avvenimenti; il profeta è colui che dice la verità perché è in contatto con Dio e cioè si tratta della verità valida per oggi che naturalmente illumina anche il futuro. Pertanto non si tratta di predire l’avvenire nei suoi dettagli, ma di rendere presente in quel momento la verità divina e di indicare il cammino da prendere”. (Joseph Ratzinger, Intervista con Niels Christian Hvidt, 1997).
Per questo Cristo è il Profeta rivelatore definitivo (cfr Ebr. 1, 1-2) ed eminente. Egli non solo ci conduce a Dio attraverso la Parola e la Legge, ma ci assume in sé con la sua vita e la sua Passione, e con l’Incarnazione fa di noi il suo Corpo Mistico. Ciò significa che, nelle sue radici, la profezia è presente e continua nella Chiesa, popolo di Dio regale, sacerdotale e profetico (cfr Lumen Gentium, 12).
 
 
            2) Un porta-voce e la Parola.
Cristo era veramente un profeta differente da quelli precedenti. Anche da Geremia (cfr I lettura di oggi), a cui il Nuovo Testamento allude mostrando le numerose corrispondenze tra lui e Gesù. Come l’antico profeta (Ger 11,18) anche Cristo, nella sua patria di Nazareth, viene contestato dai propri concittadini (Lc 4,29).
La delicatezza di Geremia (Id. 1,6), poi, lo avvicina al Gesù descritto da San Luca. Come Gesù (Id 23), questo profeta attaccò i detentori del potere religioso (Id 26,28) e il tempio (Id. 7,11 e Mt 21,13). Sono celibi entrambi, ed entrambi amanti dei semplici e dei puri di cuore (Ger 35). Flagellato (Id. 20,2), il profeta è condotto come agnello (Id. 11,19) alla sua passione. E persino il suo lamento su Gerusalemme (Id. 32,28), infine, si potrebbe accostare al pianto di Gesù sulla città prediletta (Mt 23,37).
Ma mentre Geremia era un porta-voce, che portava la Parola di Dio, un messaggero che si rivolgeva a chi aveva smarrito la via, Gesù Cristo è la Parola di Verità, che è Via che conduce alla vita.
Il lieto Messaggio del “profeta” Cristo è Lui stesso, fiore che germoglia a Nazareth (= giardino), frumento che si fa pane di vita e di misericordia a Betlemme (=Città del pane), sguardo che legge nel cuore tanto è penetrante, voce che scaccia il diavolo tanto è potente, parola che incanta i bambini tanto è dolce, agnello che porta il peccato e che assolve i peccatori tanto è forte di grazia e perdono.
L’insegnamento di Gesù era affascinante e autorevole e la gente accorreva ad ascoltarlo, ovunque Lui si trovasse, in una sinagoga (cfr il Vangelo del rito romano Lc 4, 21-30) o in riva al mare (cfr il Vangelo del rito ambrosiano Mc 12, 13-17).
Ma che cosa insegnava Gesù? Insegnava Dio. Annunciando la Buona Novella, parlava di Dio, ma ne parlava in modo nuovo. Ne parlava partendo dalla sua esperienza, dall’esperienza che lui stesso aveva di Dio e della vita. Gesù viveva in Dio. Egli rivelava un Dio che è Giudice di misericordia, un Dio che è vicino, sempre. Cristo, l’Uomo che vive tra gli uomini per rivelare il Cuore di Dio, è profeta della felicità (cfr le Beatitudini).
 
 
3) Profeti piccoli, non minori.
Se come Geremia, il profeta più solo e tra i profeti il più simile a Cristo (almeno secondo me), risponderemo alla nostra vocazione dicendo a Dio Padre: “Mi hai sedotto ed io mi sono lasciato sedurre” (Ger 20,7), anche noi saremo profeti, magari non grandi, non famosi, ma non meno importanti. Noi cristiani siamo chiamati ad essere profeti – non importa se piccoli o grandi -, l’importante è che siamo veri testimoni di Gesù, Profeta del Volto di Dio.
Se stiamo davanti a Dio con la semplicità dei bambini e la domanda del povero, vivremo il Vangelo e ci accorgeremo che altri “vangeli piccoli”,  altre buone notizie apparentemente poco rilevanti sono, con Cristo, tra noi: la bontà dei nostri familiari e amici, la bellezza seminata nella valli e nelle montagne, sui mari e nelle foreste. Anche questo, come i gigli del campo e l’acqua trasformata in vino, fa parte del Vangelo cioè della lieta Notizia che Cristo è il Redentore dell’uomo e del cosmo, che l’incarnazione ha fatto della Parola una presenza di verità e di salvezza.
Il grande pittore Van Gogh diceva che amava guardare i bambini nella culla, perché i loro occhi innocenti riflettono il cielo. Se diventeremo come bambini potremo avere aver gli occhi pieni di cielo e sguardi di Vangelo, allora scorgeremo la presenza evangelica di Cristo nelle piccole e grandi cose della vita, e diventeremo suoi profeti.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega “Il popolo santo di Dio partecipa pure alla funzione profetica di Cristo. Ciò soprattutto per il senso soprannaturale della fede che è di tutto il popolo, laici e gerarchia, quando « aderisce indefettibilmente alla fede una volta per tutte trasmessa ai santi »  e ne approfondisce la comprensione e diventa testimone di Cristo in mezzo a questo mondo” (CCC, n 785).
Dentro questo popolo ci sono persone che sono chiamate in modo particolare a vivere questa dimensione profetica nel quotidiano, in ciò che più che storia sembra polvere di storia: si tratta delle Vergini Consacrate.
Il matrimonio è un grandissimo valore, ma la verginità è una profezia tale che, lungi dall’essere contro gli sposati, è invece anzitutto per loro, a loro beneficio. Ad essi ricorda che il matrimonio è santo, è bello, è creato da Dio e redento da Cristo, è immagine dello sposalizio tra Cristo e la Chiesa, ma che non è tutto. Con una chiamata particolare Dio chiama queste donne consacrate a vivere una più grande intimità con Lui e ad essere nel mondo le testimoni profetiche di questa presenza divina mediante la verginità.
Mi sembra che questo sia uno dei compiti principali della verginità consacrata. E in ciò sono di conforto

  • San Cipriano (n. ca 210 – m. 258) che alle prime vergini cristiane scriveva: “Voi avete cominciato a essere ciò che noi tutti un giorno saremo” (S. Cipriano, Sul comportamento delle Vergini, 1),
  • il Rituale della Consacrazione delle Vergini che dice: “Il dono della verginità profetica ed escatologica acquista il valore di un ministero al servizio del popolo di Dio e inserisce le persone consacrate nel cuore della Chiesa e del mondo” (dalle Premesse al Rito di Consacrazione, n. 2, 1970) e
  • il Papa emerito Benedetto XVI che afferma: “La vita consacrata è chiamata a tale testimonianza profetica, legata alla sua duplice attitudine contemplativa e attiva. Ai consacrati e alle consacrate è dato infatti di manifestare il primato di Dio, la passione per il Vangelo praticato come forma di vita e annunciato ai poveri e agli ultimi della terra. “In forza di tale primato nulla può essere anteposto all’amore personale per Cristo e per i poveri in cui Egli vive. … La vera profezia nasce da Dio, dall’amicizia con Lui, dall’ascolto attento della sua Parola nelle diverse circostanze della storia” (Giovanni Paolo II, Esortazione post-sinodale ‘Vita Consecrata’, 84). In questo modo la vita consacrata, nel suo vissuto quotidiano sulle strade dell’umanità, manifesta il Vangelo e il Regno già presente e operante” (Benedetto XVI, Omelia per i Vespri – Festa della Presentazione di Gesù al Tempio, 2 febbraio 2011).
  • Papa Francesco insegna: “La la vita consacrata ha -come nota caratteristica- la profezia. Le persone consacrate i seguono il Signore in maniera speciale, in modo profetico. È questa la priorità che adesso è richiesta: «essere profeti che testimoniano come Gesù ha vissuto su questa terra … Mai un religioso deve rinunciare alla profezia.Il profeta riceve da Dio la capacità di scrutare la storia nella quale vive e di interpretare gli avvenimenti: è come una sentinella che veglia durante la notte e sa quando arriva l’aurora (cfr Is 21,11-12). Conosce Dio e conosce gli uomini e le donne suoi fratelli e sorelle. È capace di discernimento e anche di denunciare il male del peccato e le ingiustizie, perché è libero, non deve rispondere ad altri padroni se non a Dio, non ha altri interessi che quelli di Dio. Il profeta sta abitualmente dalla parte dei poveri e degli indifesi, perché sa che Dio stesso è dalla loro parte”(Lettera apostolica sulla vita consacrata, 24 novembre 2014)

 
 
Lettura Patristica
 

  1. Ambrogio alle Vergini

Tu che sei una di quelle vergini che fanno risplendere d’una luce spirituale la bellezza stessa del loro corpo; tu che giustamente sei paragonata alla Chiesa, tu, dico, che vegli durante la notte nella tua stanza: pensa sempre a Cristo e spera a ogni istante la sua venuta. Cristo entra a porte chiuse e non può mancare di venire perché l’ha promesso. Abbraccia dunque colui che hai cercato; avvicinati e ne sarai illuminata. Trattienilo. Pregalo di non partire subito, di non allontanarsi. La parola di Dio se ne va rapida; non si lascia prendere dai sonnolenti, né ritenere dai negligenti. La tua anima le vada incontro. Segui le tracce della parola divina poiché passa via rapidamente. […] Colei che cerca così Cristo, può dire: Lo abbracciai e non lo lascerò più finché non lo introdurrò alla casa di mia madre, nella stanza di colei che mi ha generata (Ct 3,4). La casa di tua madre o la sua stanza è l’intimità più segreta del tuo cuore. Conoscila questa casa e tienila pulita. Quando sarà pulita e la tua coscienza sarà pura da ogni macchia, questa casa spirituale si innalzerà poggiata sulla pietra angolare e lo Spirito Santo abiterà in lei. Chi cerca così Cristo e lo prega, non è abbandonata, ma, al contrario, viene spesso da lui visitata.
(da Ambrogio, La verginità, 12-13)
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Mons. Francesco Follo è Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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