Cos’è “il Regno di Dio” tra noi? Risponde il predicatore del Papa

Commento di padre Cantalamessa alla liturgia di domenica prossima

Share this Entry

ROMA, venerdì, 6 luglio 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il commento di padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. – predicatore della Casa Pontificia – alla liturgia di domenica prossima.

* * *

XIV Domenica del Tempo Ordinario (C)
Isaia 66, 10-14c; Galati 6, 14-18; Luca 10, 1-12.17-20

“E’ VICINO A VOI IL REGNO DI DIO”

Anche questa volta commentiamo il vangelo con l’aiuto del libro di Papa Benedetto XVI su Gesú. Prima però vorrei fare un’osservazione di carattere generale. La critica mossa al libro del Papa da alcune parti è di attenersi a ciò che dicono i vangeli senza tener conto dei risultati della ricerca storica moderna che porterebbe, secondo loro, a conclusioni molto diverse. Si tratta di un’idea molto diffusa che sta alimentando tutta una letteratura tipo Il codice da Vinci di Dan Brown, e opere di divulgazione storica basate sul medesimo presupposto.

Credo sia urgente mettere in luce un fondamentale equivoco presente in tutto ciò. L’idea di una ricerca storica su Gesú unitaria, rettilinea che procede inarrestabile verso una piena luce su di lui è un puro mito che si tenta di far credere alla gente, ma in cui nessuno storico serio oggi crede più. Cito una delle più note rappresentanti della ricerca storica su Gesú, l’americana Paula Fredriksen: “I libri, scrive, si moltiplicano. Nella ricerca scientifica recente Gesú è stato presentato come una figura di sciamano del primo secolo, come un itinerante filosofo cinico, come un visionario radicale e un riformatore sociale che predica una etica egualitaria a favore degli ultimi, come un regionalista galileo che lotta contro le convenzioni religiose dell’elite della Giudea (il tempio e la Torah), come un campione della liberazione nazionale, o, al contrario, come suo oppositore e critico, e via di questo passo. Tutte queste figure sono state presentate con vigorosi argomenti e metodi accademici, tutte sono difese appellandosi a dati antichi. I dibattiti continuano briglia sciolta e il consenso –anche su punti essenziali quali i criteri in base ai quali procedere – appare una remota speranza” (1).

Spesso si fa appello ai nuovi dati e alle scoperte recenti che avrebbero finalmente messo la ricerca storica in una posizione di vantaggio rispetto al passato. Ma quanto aperte siano le conseguenze da tirare da queste nuove fonti storiche, appare dal fatto che esse hanno dato luogo a due immagini di Cristo opposte e inconciliabili tra loro, tuttora presenti sul campo. Da una parte un Gesú “in tutto e per tutto ebreo”; dall’altra un Gesú figlio della Galilea ellenizzata del suo tempo, imbevuto di filosofia cinica.

Alla luce di questo dato di fatto, mi domando: cosa avrebbe dovuto fare il Papa: scrivere un’ennesima ricostruzione storica in cui discutere e controbattere tutte le obiezioni contrarie? Quello che il Papa ha scelto di fare è stato di presentare in positivo la figura e l’insegnamento di Gesú come inteso dalla Chiesa, partendo dalla convinzione che il Cristo dei vangeli è, anche dal punto di vista storico la figura più credibile e sicura.

Dopo questa dilucidazione, veniamo al vangelo di questa Domenica. Si tratta dell’episodio dell’invio in missione dei 72 discepoli. Dove aver detto ad essi come devono andare (a due a due, come agnelli, senza portare denaro…), Gesú spiega loro anche cosa devono dire: “Dite loro: È vicino a voi il regno di Dio”.

Si sa che la frase “È giunto in mezzo a voi il regno di Dio” occupa il cuore della predicazione di Gesú ed la premessa implicita di ogni suo insegnamento. Il regno di Dio è giunto in mezzo a voi, perciò amate i vostri nemici; “il regno di Dio è giunto in mezzo a voi”, perciò se la tua mano ti scandalizza tagliala: è meglio entrare monco nel regno di Dio che con tutte e due le mani rimanerne fuori…Tutto prende senso dal regno.

Si è sempre discusso su che cosa precisamente intendeva Gesú con l’espressione “regno di Dio”. Per alcuni esso sarebbe un regno puramente interiore consistente in una vita conforme alla legge di Dio; per altri sarebbe, al contrario, un regno sociale e politico da realizzare dall’uomo, se necessario anche con la lotta e la rivoluzione. Il Papa passa in rassegna queste varie interpretazioni del passato e fa notare ciò che esse hanno in comune: il centro dell’interesse si sposta da Dio all’uomo; non si tratta più di un regno di Dio, ma di un regno dell’uomo, di cui l’uomo è l’artefice principale. Questa è un’idea di regno compatibile, al limite, anche con l’ateismo.

Nella predicazione di Gesú la venuta del regno di Dio indica che, inviando nel mondo il suo Figlio, Dio ha deciso per così dire di prendere in mano di persona le sorti del mondo, di compromettersi con esso, di agire dal suo interno. È più facile intuire cosa significa regno di Dio che spiegarlo, perché è una realtà che sorpassa ogni spiegazione.

È ancora molto diffusa l’idea che Gesú aspettasse una fine imminente del mondo e che quindi il regno di Dio da lui predicato non si realizzasse in questo mondo, ma in quello che noi chiamiamo “l’aldilà”. I vangeli contengono, in effetti, alcune affermazioni che si prestano a questa interpretazione. Ma essa non regge, se si guarda all’insieme delle parole di Cristo. “L’insegnamento di Gesú non è un’etica per coloro che attendono una rapida fine del mondo, ma per coloro che hanno sperimentato la fine di questo mondo e l’avvento in esso del regno di Dio: per coloro che sanno che ‘le cose vecchie sono passate’ e il mondo è diventato una ‘nuova creazione’, poiché Dio vi è sceso come re” (Ch. Dodd). In altre parole, Gesú non ha annunciato la fine del mondo, ma la fine di un mondo, e in ciò i fatti non l’hanno smentito.

Ma anche Giovanni Battista predicava questo cambiamento, parlando di un imminente giudizio di Dio. Dove sta dunque la novità di Cristo? La novità è racchiusa tutta in un avverbio di tempo: “ora”, “adesso”. Con Gesú il regno di Dio non è più una cosa soltanto “imminente”, ma presente. “L’aspetto nuovo ed esclusivo del messaggio di Gesú, scrive il Papa, consiste nel fatto che egli ci dice: Dio agisce adesso – è questa l’ora in cui Dio, in un modo che va oltre ogni precedente modalità, si rivela nella storia come il suo stesso Signore, come il Dio vivente”.

Da qui scaturisce quel senso di urgenza che traspare da tutte le parabole di Gesú, specialmente le cosiddette “parabole del regno. “È scoccata l’ora decisiva della storia, ora è il momento di prendere la decisione che salva; il banchetto è pronto: rifiutarsi di entrare perché si è appena preso moglie o comprato un paio di buoi o per altro motivo, significa esserne esclusi per sempre e vedere il proprio posto preso da altri.

Da quest’ultima riflessione partiamo per una applicazione pratica e attuale del messaggio ascoltato. Quello che Gesú diceva ai suoi contemporanei vale anche per noi oggi. Quell'”ora” e “oggi” durerà immutato fino alla fine del mondo (Ebr 3,13). Questo significa che la persona che ascolta oggi, magari per caso, la parola di Cristo: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,15) si trova davanti alla stessa scelta di coloro che l’ascoltavano duemila anni fa in un villaggio della Galilea: o credere ed entrare nel regno, o rifiutare di credere e rimanerne fuori.

Purtroppo, quella di credere sembra invece l’ultima delle preoccupazioni per molti che leggono oggi il vangelo o scrivono libri su di esso. Anziché sottomettersi al giudizio di Cristo, molti si ergono a suoi giudici. Gesú è più che mai sotto processo. Si tratta di una specie di “giudizio universale” alla rovescia. Soprattutto gli studiosi corrono questo pericolo. Lo studioso deve “dominare” l’oggetto della scienza che coltiva e rimanere neutrale di fronte ad esso; ma come si fa a “dominare” o rimanere neutrali di fronte all’oggetto, quando esso è Gesú Cristo? In questo caso
più che “dominare” conta “lasciarsi dominare”.

Il regno di Dio era tanto importante per Gesú che ci ha insegnato a pregare ogni giorno per la sua venuta. Noi ci rivolgiamo a Dio dicendo: “Venga il tuo regno”, ma anche Dio si rivolge a noi e dice per bocca di Gesù: “Il regno di Dio è venuto in mezzo a voi: non aspettate, entratevi!”

(1) [Testo originale inglese]: “In recent scholarship, Jesus has been imagined and presented as a type of first-century shaman figure; as a Cynic-sort of wandering wise man; as a visionary radical and social reformer preaching egalitarian ethics to the destitute; as a Galilean regionalist alienated from the elitism of Judean religious conventions (like Temple and Torah); as a champion of national liberation and, on the contrary, as its opponent and critic — on and on. All these figures are presented with rigorous academic argument and methodology; all are defended with appeals to the ancient data. Debate continues at a roiling pitch, and consensus — even on issues so basic as what constitutes evidence and how to construe it — seems a distant hope”.

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione