Il fenomeno delle migrazioni richiede “scelte giuste” da parte della politica, tuttavia la società civile e la gente comune non possono stare a guardare e devono dare il loro contributo.
Nel corso della presentazione del Messaggio di papa Francesco per la Quaresima 2016, il cardinale arcivescovo di Agrigento e presidente della Caritas italiana, Francesco Montenegro, si è soffermato a lungo con i giornalisti sul tema di maggior spicco della sua attività pastorale: l’accoglienza ai migranti.
Il porporato ha lamentato l’inerzia della politica di fronte ad un fenomeno che, oggettivamente, non si può arrestare. “Se si spostano le popolazioni è impossibile non pensare a un futuro diverso – ha spiegato -. Non bisogna idealizzare il passato ma diventare protagonisti di questa storia diversa”.
A fronte di un flusso stimato tra i 230 e i 240 milioni di migranti in tutto il mondo (un “sesto continente”, lo definisce il cardinale Montenegro) ed un Mediterraneo che è diventato una “tomba liquida”, con i suoi 25mila morti accertati (ma la cifra è probabilmente doppia), le autorità nazionali e internazionali purtroppo continuano a dare “segni di chiusura di occhi e anche chiusura di cuore”.
Non sono le migrazioni, infatti, ad essere “il male”, in quanto alla loro base vi sono “mali più profondi che vanno guariti”, a partire dalle guerre. L’accoglienza non è sempre vista come “la novità per prepararci a un mondo diverso” e “nuovo”, tuttavia i cristiani non devono rassegnarsi ma “interrogarsi”, ha osservato l’arcivescovo di Agrigento.
“È vero, io da solo non posso cambiare il mondo, ma se si realizza una rete di solidarietà e di accoglienza, se l’altro è visto in maniera così come il Vangelo mi indica”, ha aggiunto, ognuno di noi, “nel nostro piccolo o nel nostro grande”, può riuscire a “cambiare la storia”.
Infatti la storia delle migrazioni non è fatta solo di lutti, tragedie, fame, abusi e sfruttamento. C’è la realtà delle parrocchie, che rispondendo agli appelli del Papa, stanno accogliendo i rifugiati dal Medio Oriente.
A tal proposito, il porporato ha parlato di circa 26mila persone accolte in strutture ecclesiali, “spalmate su tutto il territorio”, tra cui spiccano 353 mense Caritas, dove sempre più frequenti sono gli italiani. “Si dice che stiamo superando la crisi, forse al Nord è così, ma da noi nel profondo Sud, la situazione è tragica, con intere famiglie che emigrano”, ha detto il cardinale.
Anche i laici, da parte loro, hanno saputo in tante occasioni esprimere la loro accoglienza, come dimostrano le vicende di Lampedusa, dove, dopo ogni sbarco, ha raccontato Montenegro, “le vecchiette lasciavano caffè caldo sull’uscio della porta”, mentre altri, agli immigrati, offrivano la coperta o li ospitavano in casa.
Sollecitato da una domanda di ZENIT in merito alla concezione più “prudente” nell’accoglienza ai migranti da parte di altri vescovi, in particolare dell’Europa dell’Est, il presidente della Caritas italiana risponde che “l’unitarietà di intenti non è la nostra preoccupazione”. Del resto tra gli stessi apostoli vi era “chi ha tradito, chi voleva occupare il primo posto, chi era geloso”.
Ciò che è importante è “percorrere la stessa strada” che oggi ci porta ad una realtà, quella delle migrazioni, che continuiamo a chiamare emergenza” ma che ormai fa parte della “storia”.
Le migrazioni vanno senza dubbio affrontate con “carità”, tuttavia, ha puntualizzato il cardinale Montenegro, “la carità, come ricordava Benedetto XVI, deve essere anche ‘intelligente’. Non posso chiudere gli occhi e dire: avanti tutti…”.
Da parte sua, anche papa Francesco ha sottolineato che “chi entra deve tenere conto di dove va, chi accoglie deve tener conto di chi viene – ha affermato l’arcivescovo di Agrigento -. Una carità intelligente ci permette di non cadere in errori ma di dare quello che è giusto. L’amore è dare il giusto: dare di più è spreco, dare di meno è viltà”, ha poi concluso il cardinale.
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Card. Montenegro: “Le migrazioni vanno affrontate con una 'carità intelligente'”
Secondo il presidente della Caritas italiana, di fronte alla realtà dei rifugiati, la politica continua a mostrare “chiusura di cuore”