Appello dei missionari del PIME nelle Filippine sul rapimento di padre Giancarlo Bossi

ZAMBOANGA (Filippine), lunedì, 2 luglio 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo un appello del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) per la liberazione di padre Giancarlo Bossi, rapito il 10 giugno a Payao, nell’isola di Mindanao.

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Il Signore disse a Caino: “Dov’è Abele, tuo fratello?”
Egli rispose, ” Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?”. (Gen 4,9)

Noi, missionari del PIME nelle Filippine, ora chiediamo: “Dov’è nostro fratello Giancarlo Bossi?”

Egli è stato rapito lo scorso 10 giugno in Payao, Zamboanga, Sibugay. Da allora ci è stato detto che sarebbe stato rilasciato entro poche ore, entro pochi giorni…

Ci è stato detto che sia le forze governative che i contatti del MILF stavano sorvegliando tutte le aree possibili, tutti i possibili gruppi armati, e tutti i possibili testimoni, perfino i nascondigli più segreti, usando strumenti tecnici di ultima tecnologia.

Ci è stato detto che emissari sono stati mandati con cellulari per verificare se Giancarlo fosse vivo, ci è stato detto che sono state procurate medicine per la sua ipertensione, ci è stato detto che sta bene e si sposta a cavallo. Ci è stato detto che i sequestratori chiedono 15 millioni di pesos…

Ma quando noi cerchiamo di verificare tutte queste notizie, noi siamo arrivati alla conclusione che sono tutte false notizie.

Militari, civili e autorità religiose chiedono una “prova di vita”, ma fino ad ora non abbiamo prove (che sia in vita), non c’è chiara identificazione dei sequestratori, non c’è conferma di avvistamento, non c’è richiesta di riscatto, non c’è rivendicazione e motivazione del suo improvviso rapimento. Noi sappiamo che Giancarlo non può sparire come un fantasma. E’ troppo grosso e deve essere difficile nasconderlo.

Noi siamo molto preoccupati per lui.

Dai fatti sappiamo che i suoi sequestratori sono un numeroso gruppo armato che certamente ha cellulari e connessioni con varie personalità influenti e organizzazioni. Perché non possono essere identificati? Perché non dichiarano il loro scopo?

A questo punto, noi crediamo che si tratti di una perversa messa in scena, le false notizie sono parte di questa messa in scena, e coloro che fabricano queste notizie sanno che stanno solo ingannando la pubblica opinione. Perché?

Si tratta di un tentativo per coprire qualche altro scopo?

Abbiamo ricevuto molte dichiarazioni di preoccupazione (solidarietà) e molta gente sincera di tutte le fedi sono uniti in preghiera. Siamo molto grati a ciascuno di loro. Siamo stati toccati dalla dichiarazione del Consortium of the Bangsamoro Civil Society (CBCS) che ha posto una domanda: “Chi ci guadagna dal rapimento di un prete?” La loro domanda certamente merita una risposta. La gente comune già capisce, al di là delle molte bugie.

Noi siamo convinti che parecchia gente ed organizzazioni conoscano la verità. Perché essi rispondono come Caino, “NON LO SO. SONO FORSE IL GUARDIANO DI MIO FRATELLO?” Sono forse loro i responsabili di quanto è successo a Giancarlo, come Caino era responsabile di ciò che era successo ad Abele?

Noi ancora crediamo, speriamo e preghiamo che Giancarlo sia vivo. Preghiamo anche che fra quelli che conoscono cosa è veramente successo ci sia qualcuno che possa dire la verità. Gesù ha detto ” la verità vi farà liberi”. Allo stesso modo Allah, il Misericordioso e il Clemente, non può sopportare i falsi, perché Egli è un amante della verità.

I missionari del PIME delle Filippine
29 giugno, 2007

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ZENIT Staff

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