Il 31 gennaio ricorre la memoria di San Giovanni Bosco ed oggi alle 11.00 l’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, ha celebrato la Santa Messa proprio a Valdocco, dallo stesso altare maggiore della Basilica di Maria Ausiliatrice dal quale tante volte don Bosco si prodigava di portare Gesù ai suoi giovani.
La Liturgia di oggi ha proposto il brano del Vangelo di Marco che racconta la guarigione della figlia di Giairo (cfr. Mc 5,21-43). “Tra i tanti insegnamenti che possiamo attingere da questo brano evangelico – ha osservato l’Arcivescovo – c’è anche quello che riguarda il rapporto di ogni educatore verso i giovani e ragazzi, soprattutto quelli ‘difficili’ – come vengono chiamati. Essi portano con sé carenze dovute anche a fattori psicologici o ambientali, più che fisiche, le quali creano a volte grosse difficoltà per i genitori, i docenti, i catechisti e gli educatori adulti in genere. Eppure, proprio a questi ‘ragazzacci’ – come venivano chiamati al tempo di San Giovanni Bosco – egli ha riservato il suo tempo e il suo cuore, trovando risposte sorprendenti e positive”.
È questo uno dei tratti più caratteristici dell’azione educativa di Don Bosco, che lo rende imitatore di Gesù e suo discepolo. Dal suo Maestro divino, egli impara a trattare con i ragazzi e giovani “scapestrati e rifiutati”, quelli “meno considerati”, scorgendo in essi “un fondo di bontà e di forza capace di farli risorgere dalla loro situazione”.
Nel profondo restano ragazzi in ricerca del senso della vita, di affetti sinceri, di gioia e speranza per il futuro. Mettono alla prova i loro educatori, per vedere se dalle belle parole sanno passare ai fatti, se oltre a parlare di amore, di rispetto e di tolleranza, sanno per primi esercitare queste virtù verso di loro, accettandone i comportamenti non come “difficili o da giudicare” secondo i nostri schemi adulti, ma da comprendere nelle loro cause più profonde e da gestire con serenità, pazienza e fiducia.
“Ciò su cui siamo oggi più carenti – ha osservato Mons. Nosiglia – sono proprio le convinzioni ed i contenuti che dobbiamo comunicare ai ragazzi. Essi se ne accorgono subito, quando siamo incerti nella proposta e timidi nell’offerta di valori e messaggi convincenti”.
Ai giovani di oggi, bombardati dai mass-media con idee, “pseudo-valori” senza alcuna valenza etica e religiosa, talvolta schiavi delle devianze anche nelle scuole, troppo spesso affascinati dall’utilizzo dei social network e della via digitale, l’educatore deve proporre un dialogo che ponga in risalto non tanto e solo i pericoli, ma anche le possibilità che vengono offerte dal saper gestire bene questi ambiti di vita, se illuminati dal Vangelo.
“Ma – si chiede l’Arcivescovo – la nostra società ama i ragazzi e i giovani? A giudicare da quanto investe in risorse e concrete possibilità offerte loro sul piano educativo e lavorativo, direi proprio di no. La sempre più scarsa considerazione sia sul piano economico, sia su quello del loro valore sociale, da parte anche delle istituzioni pubbliche, nei confronti delle scuole paritarie e degli oratori – due realtà su cui Don Bosco ha scommesso e che anche oggi rappresentano una frontiera avanzata di formazione e incontro del mondo dei ragazzi e giovani –, conduce inevitabilmente a una loro marginalità e insignificanza. La povertà crescente, poi, che attanaglia molti ragazzi e giovani, privati di una giusta autonomia per il loro presente e futuro, rappresenta un ulteriore segno del degrado sociale, che colpisce anche il nostro territorio”.
Da tali criticità consegue una situazione ancora più grave, che è la preclusione dei giovani dal mondo del lavoro. Don Bosco ci insegna ad accompagnare ogni ragazzo e giovane nella sua crescita, formando quelle competenze necessarie a impostare bene il suo futuro, mediante uno sbocco professionale.
Oggi, con tutti i mezzi e le risorse industriali e commerciali, agricole e del terzo settore che abbiamo a disposizione, ci stiamo perdendo in chiacchere nei confronti dei giovani, senza affrontare seriamente questo tema del lavoro, lasciato alla mercé di un mercato selvaggio, che cerca solo i propri interessi economici e finanziari. Ci sarebbe bisogno di un moderno “Piano Marshall” nel nostro Paese, ma anche a livello di Comunità europea, per affrontare finalmente alla radice questo problema e trovare una soluzione adeguata alla gravità della situazione.
“Al capezzale di tanti ragazzi e giovani – ha osservato Mons. Nosiglia – si affollano esperti di ogni genere, che scrivono libri su libri e sentenziano in modo assoluto su questo o quel metodo per risuscitarli alla vita. Ma Don Bosco sapeva bene – perché stava con loro ogni giorno – che la fonte prima del loro risveglio è in loro stessi”.
E per questo faceva leva sulle loro risorse interiori, per ridare la voglia di vivere, di amare, di gioire. Questo è il grande e attuale insegnamento del Santo dei giovani: “Questa deve essere anche la nostra convinzione profonda che ci anima: non ci sono solo ragazzi difficili; ci sono – e siamo noi – adulti difficili e complicati, incerti nella nostra testimonianza, indecisi e tiepidi nella fede e paternalistici nell’amore. Solo l’educatore che sa mettersi in crisi, a partire da se stesso, può trovare nell’umiltà la via che apre all’incontro con i ragazzi e i giovani e sa comunicare con il loro mondo interiore”.
“Mi auguro – ha concluso – che la figura di Don Bosco e la sua testimonianza e insegnamento suscitino in tutti noi, sacerdoti, genitori ed educatori, l’umiltà di farci discepoli dell’unico maestro di vita che è Cristo. Discepoli insieme agli stessi ragazzi, per camminare con loro sulla via che conduce al Signore e trovare in Lui le risposte più vere ed attese dal cuore di ciascuno”.
Zenit - AG
Mons. Nosiglia: "Come Don Bosco accompagniamo i giovani verso il futuro"
L’Arcivescovo di Torino ha celebrato oggi una Messa in memoria del santo, il quale ci insegna che “non ci sono ragazzi difficili, ma adulti complicati e incerti nella testimonianza”