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Papa: "Quello che accade oggi in Siria è un laboratorio di crudeltà"

Incontrando i membri di Caritas Internationalis, Francesco denuncia la crisi nel Paese mediorientale dove “ognuno fa i propri interessi, nessuno pensa alla libertà di un popolo”

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“Quello che oggi accade in Siria è crudeltà, un laboratorio di crudeltà”. Sintetizza così, Francesco, l’orribile guerra che da oltre cinque anni ha devastato un paese e decimato una popolazione: “un laboratorio di crudeltà”.

“Pensiamo alla Siria, alla guerra, entrano tanti lì, a fare guerra, potenze internazionali, siriani stessi”, dice il Pontefice in un discorso tutto a braccio rivolto ai membri del Consiglio di Rappresentanza di Caritas Internationalis, ricevuti stamane in Vaticano. “Ognuno cerca il suo interesse, nessuno cerca la libertà di un popolo. Non c’è tenerezza, non c’è amore, c’è crudeltà. Quello che oggi accade in Siria è crudeltà, un laboratorio di crudeltà”.

Spunto per l’amara riflessione di Francesco è la testimonianza di uno degli operatori Caritas proveniente da Aleppo, che ha ringraziato il Pontefice a nome di tutti i cristiani siriani per la sua vicinanza. “Questo ci dà la forza di rimanere, essere testimoni di Cristo. Non è facile… Sentiamo una grande responsabilità nel continuare la presenza della Chiesa nel mondo arabo e islamico”, ha detto. Dopo di lui un’altra operatrice, attiva nel Nord Africa, ha espresso gratitudine al Papa per avergli ‘consegnato’ il mandato della tenerezza per la gente per cui lavora: “Questo ha cambiato il nostro cuore, ha trasformato il nostro sguardo”.

Francesco rinnova quindi l’invito: “Oggi ci vuole una rivoluzione della tenerezza”. Essa è necessaria soprattutto “in un mondo dove domina la cultura dello scarto. Se c’è scarto non so cosa sia tenerezza”. Un modo malato di “cardiosclerosi” che rifiuta di toccare la carne di Cristo rappresentata da tutti i deboli della società.

In tal contesto “la tenerezza è rivoluzionaria”, afferma il Santo Padre. La tenerezza “è vicinanza, è il grande gesto del Padre verso di noi: la vicinanza del suo Figlio che si è fatto vicino, si è fatto uno di noi. L’accondiscendenza del Padre. Questa è la sua tenerezza”. Una tenerezza che si traduce in amore riversato sul suo popolo che però non lo riconosce e non vuole contraccambiare. Perciò “Dio piange”, come racconta il Vangelo di oggi.

“Questo fondamento della tenerezza non è un’idea: è l’essenza del nostro Dio che è padre e madre, che dice ‘anche se una madre dimenticasse il figlio, io non ti dimenticherò”, sottolinea Papa Francesco. Ed esorta a “non avere paura della carne”, non aver paura di “toccare, baciare, abbracciare”, perché “Dio ha preso carne umana e la carne di Cristo oggi sono gli scartati, gli sfruttati, le vittime delle guerre”.

È questo ciò che serve oggi non “le proposte di spiritualità troppo teoriche” che, secondo Bergoglio, “sono nuove forme di agnosticismo e l’agnosticismo è una eresia”. Questa cultura dello scarto, inoltre, “è una sotto forma di idolatria al dio-denaro”, denuncia il Vescovo di Roma.

Le nostre società sono spesso “dominate” da essa, affermava nel suo discorso preparato ma non letto. Esse “hanno bisogno di superare l’indifferenza e il ripiegamento su sé stesse per apprendere l’arte della solidarietà”. La chiamata è dunque “ad agire contro l’esclusione sociale dei più deboli e operare per la loro integrazione”, ricordando “l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri”.

“Le odierne urgenze sociali richiedono che si metta in campo quella che San Giovanni Paolo II aveva definito una ‘nuova fantasia della carità’”, rimarca Papa Francesco; “essa si rende concreta non solo nell’efficacia degli aiuti prestati, ma soprattutto nella capacità di farsi prossimo, accompagnando con atteggiamento di condivisione fraterna i più disagiati”.

Di qui l’incoraggiamento alla Caritas a proseguire la sua missione di “portare il messaggio del Vangelo della gioia in tutto il mondo, soprattutto a chi è lasciato indietro, ma anche a chi ha il potere di cambiare le cose”. Cambiare è infatti possibile, assicura Francesco: “La povertà, la fame, le malattie, l’oppressione non sono una fatalità e non possono rappresentare situazioni permanenti. Confidando nella forza del Vangelo, noi possiamo veramente contribuire a cambiare le cose o almeno a migliorarle. Possiamo riaffermare la dignità di quanti attendono un segno del nostro amore e proteggere e costruire assieme la nostra casa comune”.

Ciò che serve, però, è il “coraggio profetico” di “rifiutare tutto ciò che umilia l’uomo, e ogni forma di sfruttamento che lo degrada”. “Continuate a porre quei piccoli e grandi segni di ospitalità e di solidarietà che hanno la capacità di illuminare la vita di bambini e anziani, di migranti e profughi in cerca di pace”, incoraggia il Pontefice. “Mettete in campo tutte le vostre energie, il vostro impegno, per lavorare in sinergia con le altre comunità di fede”; “lottate contro la povertà e, allo stesso tempo, imparate dai poveri”, lasciandovi “ispirare e guidare dalla loro vita semplice ed essenziale, dai loro valori, dal loro senso di solidarietà e condivisione”.  Il tutto per diventare “artigiani di pace e di riconciliazione tra i popoli, tra le comunità, tra i credenti”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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