Tra le analisi essenziali e ben lucide di Oreste Bazzichi, presenti nel suo libro “Dall’Economia civile francescana all’Economia capitalistica moderna”, va riproposta l’idea di una Europa che sappia riconquistare quei valori che sono di fatto nelle sue radici cristiane e nel suo legame al pensiero francescano. Oreste Bazzichi è docente di Sociologia alla Pontificia Facoltà Teologica S. Bonaventura – Seraphicum (Roma).
Da non nascondere le difficoltà storiche-oggettive del momento, considerando che le stesse radici cristiane non sono una pianta di vite che si sradica da un luogo e si pianta in un altro. La stessa politica di chi dovrebbe rappresentare il mondo cattolico nelle sedi istituzionali rallenta spesso un processo che tanto farebbe bene al futuro europeo.
Ci troviamo dinnanzi ad uno scenario inedito dal punto di vista politico e finanziario. Ogni spinta, anche se oltranzista e rivolta a schemi che esaltano i vecchi nazionalismi, costruttori di egoismi e di chiusure pericolose, deve essere guardata nel modo più equilibrato possibile.
L’augurio è che il cristiano si riprenda il terreno che ha perso soprattutto dagli anni settanta in poi, evitando di perdere terreno per non continuare a ritirarsi dalla storia, indebolendo quella radice da cui far germogliare un nuovo tempo di risveglio sociale. Non esiste infatti un cristianesimo come programma, perché è il cristiano il programma del Vangelo.
Tutto questo spingerebbe a non avere non solo quindi preoccupazioni inevitabili, ma anche una visione speranzosa della storia, se è vero che il cambiamento arriva sempre dopo grandi sussulti, pur se a volte involuti, e non certo dopo periodi di apatia e di rassegnazione sociale e produttiva, fine a se stessi. Bazzichi invita ognuno a riflettere sul quadro sociale e politico attuale.
“C’è da chiedersi se esista ancora ancora una civiltà, uno spirito tipicamente europeo di fronte a spinte secessionistiche, a episodi di razzismo o xenofobia, alla crescente voglia di nazionalismo egoistico, che tante deviazioni, distruzioni, e disastri umani e spirituali ha provocato, alle forti migrazioni di tanti disperati verso la sempre attrattiva Vecchia Europa”.
Una domanda indiretta che riguarda il futuro del nostro vecchio continente e che deve avere risposte concrete nel breve e medio termine, pena la frantumazione di una idea forte che serve come il pane alla stabilità del nostro pianeta. Il problema oggi non è tanto chi governa gli Stati Uniti o la Russia, ma come l’Europa si presenti da Donald Trump e da Vladimir Putin, al di là di cosa vogliano i due capi “estremi” degli affari pubblici mondiali.
Un’Europa senza la sua anima cristiana e francescana, nonché senza alcuna chiarezza tra i suoi membri, rispetto a ciò che si desideri rappresentare sullo scacchiere del potere sociale, economico e politico del pianeta, è destinata a disintegrarsi e a perdere la sua storica e necessaria autonomia.
La domanda di Bazzichi non ha che una risposta, tra l’altro evidenziata in questi giorni dall’Italia, all’interno dell’incontro tra i rappresentanti degli esteri degli stati membri: “Il vecchio continente deve darsi una mossa perché si trova dinnanzi ad un’ultima chiamata”.
O comincerà ad aprirsi ai veri problemi della gente, mettendo al centro delle sue operazioni la propria vera identità, costruendo di fatto gli Stati Uniti d’Europa, oppure toccherà a singoli personaggi o a pezzi della realtà europea assurgere a novelli paladini di quei diritti base, da tempo offuscati o ignorati. Ne seguirà inevitabilmente una riproposizione di vecchie teorie protezionistiche e di chiusura che prospettano mondi migliori, anche se alla fine preparano soltanto una involuzione sociale e culturale non certo auspicabile.
Il concetto d’Europa nasce in sostanza, secondo Bazzichi, dal tramonto di un mondo e dal sorgere di uno nuovo, da attribuire storicamente, in linea di massima, da una parte alla conquista turca di Costantinopoli, 1453, che divise l’oriente e l’occidente ( Europa ); dall’altra parte alla scoperta dell’America e alla morte di Lorenzo dei Medici che mise fine al sistema italiano degli Stati, sostituito dall’idea europea. Oggi siamo in una situazione culturale simile. C’è nell’aria l’esigenza di un mondo nuovo. Dopo il tramonto si aspetta sempre un’alba luminosa.
L’inaspettato cambio di passo dell’America; Brexit; i populismi crescenti; i muri ai Balcani; le insofferenze sociali; la mancata crescita; l’austerità pressante; il non riconoscimento delle radici cristiane europee, non sono altro che i sintomi di una febbre che va ben curata per non trasformarsi in qualche malattia grave e permanente.
Tutti coloro che in questi mesi a venire dovranno prendere decisioni importanti per il futuro del vecchio continente, non potranno non avere a cuore l’avvicinamento tra ragione e fede. “Per la scuola francescana”, ricorda infatti nel suo libro Bazzichi, “la storia, quella delle vicende umane, assume un ruolo centrale nell’elaborazione della conoscenza e nella riflessione critica sociale”. Scrive H.G. Gademer: “Non è la storia che appartiene a noi, siamo noi che apparteniamo alla storia” ( Verità e metodo, Bompiani, Milano 1985 ).
Le vicende umane non sono mai perciò secondarie, per non far tornare indietro le lancette della storia, provocando quelle sventure sociali che alla fine indeboliscono sempre e comunque i già più deboli.
La matrice culturale moderna, basata sul valore della ragione, assieme all’Età dello Spirito di francescana e gioachimita memoria, rappresentano in una sintesi, ben evidente e responsabile, quel vino nuovo che nelle nozze di Cana prende corpo dall’acqua e dalla urgente richiesta di fede di Maria a Cristo Gesù.
Non può avvenire il contrario, ripete ancora l’insegnamento francescano. Non si può trasformare il vino in acqua, con il rischio di far scadere il senso alto del miracolo. Bisogna smetterla quindi di mescolare il vino della Parola con l’acqua della filosofia degli uomini che pensano da se stessi.
È arrivato il momento di risanare l’incapacità delle istituzioni europee a far fronte a situazioni sociali gravi e urgenti, per non essere riuscita a fermare il predominio dell’economia sulla politica. Il movimento francescano, con radici profonde nella novità eterna di Cristo, è stato dalle origini “fortemente presente nelle dinamiche culturali e politiche-ecclesiologiche dell’Europa”.
Si viveva in un periodo in cui l’Europa era unita dalla religione e dalla lingua latina. L’opera di san Francesco ebbe una influenza inimmaginabile nella storia della cultura del vecchio continente. Scritti, trattati, documenti, testimonianze dell’epoca ci narrano di questa influenza positiva.
Ritrovare il senso di quello spirito nel sistema evoluto dei tempi e nella considerazione reale di quanto si affaccia all’orizzonte della storia attuale, significa a mio avviso contribuire alla rinascita di un continente che risente del ruolo per il quale è stato giustamente pensato.
Non avendo saputo mantenere la sua vera identità rischia di essere assorbito da spinte involutive che nulla hanno a che vedere con le qualità umane e trascendentali di libertà, giustizia sociale, pace, dignità. Valori che trovano nel pensiero cristiano prima e nello stile di vita francescano dopo, la strada maestra per risollevare e costruire una Europa dei popoli, nuova e migliore.
L’idea francescana per risollevare l’Europa
Da San Francesco i valori che trovano nel pensiero cristiano prima e nello stile di vita francescano dopo, la strada maestra per risollevare e costruire una Europa dei popoli