A coronamento di un Giubileo denso di viaggi, incontri ed appuntamenti ecumenici, papa Francesco ha ricevuto stamattina in udienza nella Sala Clementina, i partecipanti alla sessione plenaria del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, sul tema Unità dei cristiani: quale modello di piena comunione?
In quanto “Vescovo di Roma e Successore di Pietro, consapevole della responsabilità affidatami dal Signore”, Francesco ha ribadito che l’unità dei cristiani è una delle sue “principali preoccupazioni”, essendo “un’esigenza essenziale della nostra fede”, e che prega “perché essa sia sempre più condivisa da ogni battezzato”.
Al tempo stesso, il Papa, ha vissuto i suoi ultimi incontri ecumenici come una “fonte di consolazione”, constatando che “il desiderio di comunione è vivo e intenso”. Invocare l’unità, ha aggiunto, significa invocare Cristo, seguirLo, “vivere il suo amore, godere del mistero del suo essere uno con il Padre, che poi è l’essenza dell’amore divino”, ha sottolineato il Santo Padre.
“Non basta essere concordi nella comprensione del Vangelo, ma occorre che tutti noi credenti siamo uniti a Cristo e in Cristo – ha proseguito -. È la nostra conversione personale e comunitaria, il nostro graduale conformarci a Lui (cfr Rm 8,28), il nostro vivere sempre più in Lui (cfr Gal 2,20), che ci permettono di crescere nella comunione tra di noi”.
Il Pontefice ha quindi messo in guardia da alcuni “falsi modelli di comunione” che non solo “non portano all’unità ma la contraddicono nella sua vera essenza”. Il primo errore è stato indicato da Bergoglio nella presunzione che l’unità possa essere “il frutto dei nostri sforzi umani, il prodotto costruito da diplomazie ecclesiastiche”, piuttosto che “un dono che viene dall’alto”.
Pertanto gli uomini non sono in grado di “fare l’unità da soli”, né di “deciderne le forme e i tempi”. Loro compito è però quello di “accogliere” il “dono” dell’unità e “renderlo visibile a tutti”, poiché “l’unità, prima che traguardo, è cammino, con le sue tabelle di marcia e i suoi ritmi, i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni, e anche le sue soste”; un cammino che “richiede pazienti attese, tenacia, fatica e impegno”, che “non annulla i conflitti e non cancella i contrasti, anzi, a volte può esporre al rischio di nuove incomprensioni”.
Non c’è alcun legame, ha sottolineato il Papa, che unisca i cristiani “più dell’esperienza di essere peccatori ma allo stesso tempo oggetto della infinita misericordia di Dio a noi rivelata da Gesù Cristo”.
Al tempo stesso, ha ribadito Francesco, “l’unità si fa camminando”, mentre tutte le “divergenze teologiche ed ecclesiologiche” che sussistono tra i cristiani potranno essere superate “secondo quello che lo Spirito Santo vorrà suggerire per il bene della Chiesa”.
Secondo errore evidenziato dal Pontefice è nel confondere l’“unità” con l’“uniformità”: la presenza di “differenti tradizioni teologiche, liturgiche, spirituali e canoniche” sono “una ricchezza e non una minaccia per l’unità della Chiesa”, purché siano “genuinamente radicate nella tradizione apostolica”. Se si tenta di “sopprimere tale diversità”, si finisce allora per “andare contro lo Spirito Santo”, grazie al quale “la varietà” e “la diversità non diventano mai conflitto”.
Compito dell’ecumenismo, ha ricordato il Santo Padre, è “rispettare le legittime diversità e portare a superare le divergenze inconciliabili con l’unità che Dio chiede”. La presenza di tali divergenze, pertanto “non ci deve paralizzare, ma spingere a cercare insieme il modo di affrontare con successo tali ostacoli”.
Terzo equivoco messo in luce dal Papa è la confusione dell’unità con l’“assorbimento”: non si cammina verso la vera unità se pratica un “ecumenismo ‘in retromarcia’”, rinnegando la propria “storia di fede”; non è neppure tollerabile, tuttavia, il “proselitismo”, ancora una volta definito da Francesco “un veleno per il cammino ecumenico”. Prima ancora di vedere “ciò che ci separa”, i cristiani devono cercare “la ricchezza di ciò che ci accumuna, come la Sacra Scrittura e le grandi professioni di fede dei primi Concili ecumenici”.
Il vero ecumenismo comporta dunque la capacità di “spostare l’attenzione da se stessi, dalle proprie argomentazioni e formulazioni”, dirigendola verso la “Parola di Dio che esige di essere ascoltata, accolta e testimoniata nel mondo”. Anche per questo, le comunità cristiane non devono “farsi concorrenza” ma “collaborare”.
A corollario e sostegno di tali concetti, il Pontefice ha concluso menzionando – come già aveva fatto durante la sua visita a Lund – il principio ecumenico formulato dal Consiglio Ecumenico delle Chiese già nel 1952, che raccomanda ai cristiani di “fare insieme tutte le cose, salvo in quei casi in cui le profonde difficoltà di convinzioni avessero imposto di agire separatamente”.
Udienza Plenaria Pontificio Consiglio Unità dei Cristiani (archivio) - Foto @ Servizio Fotografico - L'Osservatore Romano
Papa: “L’unità non è frutto di sforzi umani o diplomatici”
Ricevendo in udienza i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, Francesco mette in guardia da alcuni malintesi nel cammino ecumenico, come la pretesa dell’“uniformità”