Le confessioni del Cardinale John P. Foley

Il porporato condivide i ricordi legati alla sua vocazione

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ROMA, mercoledì, 19 agosto 2009 (ZENIT.org).- Per il Cardinale statunitense John P. Foley non c’è nulla di più importante nella vita che insegnare alle persone chi è Gesù ed aiutarle a crescere nella sua vicinanza.

In pieno Anno Sacerdotale, il Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme ha condiviso con ZENIT alcune riflessioni sulla sua vita da sacerdote.

Il Presidente emerito del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali ha riconosciuto nell’esempio dei suoi genitori e dei sacerdoti che ha incontrato ciò che gli ha permesso di scoprire la sua vocazione, evidenziando allo stesso tempo due eventi chiave della sua vita.

“Io – ha spiegato – sono entrato in seminario due volte: una dopo le Superiori e un’altra dopo l’università”.

“Nell’ultimo anno delle Superiori, era il periodo di Natale, andai nella nostra chiesa parrocchiale e mi inginocchiai di fronte alla culla”.

“E dissi: ‘ Signore, tu mi hai dato tutto ciò che ho – la mia vita, la mia famiglia, la mia fede, un’ottima educazione – e io intendo restituirti tutto”.

Così, al termine di quell’anno, il giovane entrò nel noviziato gesuita. Dopo vari mesi, si disse: “Credo che sarei più felice come sacerdote diocesano”.

John Foley lasciò quindi i gesuiti per intraprendere gli studi di Storia presso la St. Joseph’s University di Philadelphia, in Pennsylvania. 

<p>Avvenne poi qualcosa di “cruciale”: fare volontariato e insegnare il catechismo ai bambini con disabilità mentali.

“Avevo sei bambini in questa scuola ai quali insegnavo il catechismo; una volta venne la suora superiora e gli chiese: ‘ Bene, bambini, vi piace il signor Foley?’”.

“Un bambino rispose: ‘No! No! Noi amiamo il signor Foley”.

“Pensai – ha continuato – che fosse una meravigliosa distinzione, soprattutto perché fatta da un bambino con handicap mentale”.

“La suora gli domandò allora: ‘Perché ami il signor Foley’”.

“Ed egli rispose: ‘Amiamo il signor Foley perché ci insegna chi è Gesù. Ed io pensai: ‘Non c’è nulla di più importante nella vita che insegnare alla gente chi è Gesù e portarla a Gesù”.

“Questo evento ha consolidato la mia vocazione al sacerdozio”, ha confessato.

“Penso che sia stato un fatto provvidenziale l’aver lasciato il seminario la prima volta per studiare all’università, dove ho avuto un’ottima educazione ed ho anche fatto ottime esperienze nell’ambito dell’apostolato”.

Dopo essere stato catechista, partecipò quindi attivamente alle Congregazioni Mariane, al club di dibattito, al coro e al governo studentescesco, ricoprendo per un po’ l’incarico di Presidente dell’associazione degli studenti.

Entrò quindi nel seminario diocesano al termine del suo ultimo anno universitario, venendo poi ordinato sacerdote cinque anni dopo.

Sostegno familiare

“Non ho mai avuto un giorno infelice da sacerdote, ho sempre amato il sacerdozio”, confessa il porporato.

Determinante è stato il ruolo svolto dalla sua famiglia nel sostenerlo lungo il cammino vocazionale, ha detto il Cardinale Foley. “I miei genitori non hanno mai detto: ‘Ma vuoi veramente fare il sacerdote?’, e né hanno mai opposto alcuna obiezione quando ho lasciato il seminario e quando successivamente ho deciso di farvi ritorno”.

“Hanno sempre appoggiato tutto ciò che volevo fare – ha affermato –. Erano meravigliosi”.

Ha poi ricordato il contributo di una religiosa che gli regalò una copia di “Imitazione di Cristo” quando andava ancora a scuola.

Il Cardinale ha confessato di averlo letto durante le superiori e di conservare ancora quel libro, che continua a rileggere e meditare.

Dopo 47 anni di sacerdozio, ha detto che le principali difficoltà che ha dovuto affrontare riguardano la cultura, che “sembra essere sempre più secolarizzata”.

“Oggi risulta più difficile portare un messaggio spirituale alla gente – ha detto -, perché forse non è più aperta come lo era un tempo”.

Inoltre, ha aggiunto, anche le difficoltà fisiche si moltiplicano “con il passare del tempo”.

Nato in un sobborgo di Filadelfia nel 1935, ha compiuto 74 anni nel novembre scorso.

L’età, ha riconosciuto, “ti rende più lento e non puoi fare tutte le cose che ti piacerebbe poter fare”.

Tuttavia, ha aggiunto, Sant’Ignazio ci insegna nei suoi Esercizi Spirituali che “dobbiamo affidarci a Dio nella salute e nella malattia, nella povertà e nella prosperità”.

“Pertanto, dobbiamo essere indifferenti in questo senso e limitarci a fare tutto per la maggiore gloiria di Dio”, come sottolineato nel motto episcopale da lui scelto: “ad maiorem Dei gloriam“.

Momenti memorabili

Nonostante le difficoltà emerse con l’età, il Cardinale ha detto di aver vissuto alcuni eventi significativi durante il suo sacerdozio.

Il porporato ha ricordato che i momenti salienti sono associati ai due pontificati durante i quali ha potuto prestare servizio a Roma.

Il Cardinale Foley ha quindi richiamato in particolare i viaggi con Giovanni Paolo II nel 1979 in Polonia e negli Stati Uniti, così come il recente pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa e il viaggio papale dello scorso anno negli Stati Uniti.

Un altro momento fondamentale del suo ministero sacerdotale è stato quello di lavorare per 25 anni come commentatore per una rete televisiva statunitense in occasione delle cerimonie papali a Natale, durante la Settimana Santa e il Venerdì Santo.

“E’ un cammino di evangelizzazione – ha speigato – far conoscere alla gente ciò che sta accadendo durante la liturgia, affinché possano apprezzare il culto cattolico” e “affinché altri possano essere introdotti alla nostra fede e a come lavoriamo da cattolici”.

Inoltre, ha aggiunto, aiuta i cattolici “ad apprezzare di più la messa e la devozione cattolica”.

Come sacerdote, ha confessato il Cardinale, “ho vissuto dei momenti speciali di consolazione nell’aiutare le persone a vivere il loro matrimonio o nell’accogliere le persone all’interno della Chiesa”.

In particolare ha detto di ricordare con emozione il caso di un compagno di classe all’Università di Columbia, un ebreo non praticante, che anni fa gli chiese di potersi convertire al cattolicesimo.

“Anche molte delle persone con le quali avevo discusso quando ero all’università e con le quali avevo dibattutto di teologia decisero alla fine di convertirsi al cattolicesimo”.

“Questi sono per me dei grandi momenti di consolazione personale – ha ammesso –: poter aiutare gli altri a condividere la mia fede e sperare che anche loro ricevano il dono della fede”.

[Informazioni di Mercedes de la Torre, con il contributo di Genevieve Pollock]

Per l’Anno Sacerdotale, ZENIT ha deciso di offrire alcune “confessioni” riguardanti la vocazione di Cardinali, Vescovi e sacerdoti. La serie di interviste è stata inaugurata dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Benedetto XVI

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ZENIT Staff

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