L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.30 nella Biblioteca del Palazzo Apostolico Vaticano. Nel discorso in lingua italiana il Papa ha incentrato la sua meditazione sul tema: “Guarire il mondo” (Lettura: Mc 2,1-5.10-11). Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli. Quindi ha invitato alla preghiera per il Libano e per le vittime delle esplosioni avvenute ieri a Beirut. L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.
Catechesi del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
La pandemia sta continuando a causare ferite profonde, smascherando le nostre vulnerabilità. Molti sono i defunti, moltissimi i malati, in tutti i continenti. Tante persone e tante famiglie vivono un tempo di incertezza, a causa dei problemi socio-economici, che colpiscono specialmente i più poveri. Per questo dobbiamo tenere ben fermo il nostro sguardo su Gesù (cfr Eb 12,2) e con questa fede abbracciare la speranza del Regno di Dio che Gesù stesso ci porta (cfr Mc 1,5; Mt 4,17; CCC, 2816). Un Regno di guarigione e di salvezza che è già presente in mezzo a noi (cfr Lc 10,11). Un Regno di giustizia e di pace che si manifesta con opere di carità, che a loro volta accrescono la speranza e rafforzano la fede (cfr 1 Cor 13,13).
Nella tradizione cristiana, fede, speranza e carità sono molto più che sentimenti o atteggiamenti. Sono virtù infuse in noi dalla grazia dello Spirito Santo (cfr CCC, 1812-1813): doni che ci guariscono e che ci rendono guaritori, doni che ci aprono a orizzonti nuovi, anche mentre navighiamo nelle difficili acque del nostro tempo. Un nuovo incontro col Vangelo della fede, della speranza e dell’amore ci invita ad assumere uno spirito creativo e rinnovato. In questo modo, saremo in grado di trasformare le radici delle nostre infermità fisiche, spirituali e sociali. Potremo guarire in profondità le strutture ingiuste e le pratiche distruttive che ci separano gli uni dagli altri, minacciando la famiglia umana e il nostro pianeta.
Il ministero di Gesù offre molti esempi di guarigione. Quando risana coloro che sono affetti da febbre (cfr Mc 1,29-34), da lebbra (cfr Mc 1,40-45), da paralisi (cfr Mc 2,1-12); quando ridona la vista (cfr Mc 8,22-26; Gv 9,1-7), la parola o l’udito (cfr Mc 7,31-37), in realtà guarisce non solo un male fisico, ma l’intera persona. In tal modo la riporta anche alla comunità, guarita; la libera dal suo isolamento perché l’ha guarita. Pensiamo al bellissimo racconto della guarigione del paralitico a Cafarnao (cfr Mc 2,1-12), che abbiamo sentito all’inizio dell’udienza. Mentre Gesù sta predicando all’ingresso della casa, quattro uomini portano il loro amico paralitico da Gesù; e non potendo entrare, perché c’era tanta la folla, fanno un buco nel tetto e calano la barella davanti a lui che sta predicando. «Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati» (v. 5). E poi, come segno visibile, aggiunse: «Alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua» (v. 11). Che meraviglioso esempio di guarigione!
L’azione di Cristo è una diretta risposta alla fede di quelle persone, alla speranza che ripongono in Lui, all’amore che dimostrano di avere gli uni per gli altri. E quindi Gesù guarisce, ma non guarisce semplicemente la paralisi, guarisce tutto, perdona i peccati, rinnova la vita del paralitico e dei suoi amici. Fa nascere di nuovo, diciamo così. Una guarigione fisica e spirituale, tutto insieme, frutto di un incontro personale e sociale. Immaginiamo come questa amicizia, e la fede di tutti i presenti in quella casa, siano cresciute grazie al gesto di Gesù. L’incontro guaritore con Gesù!
E allora ci chiediamo: in che modo possiamo aiutare a guarire il nostro mondo, oggi? Come discepoli del Signore Gesù, che è medico delle anime e dei corpi, siamo chiamati a continuare «la sua opera di guarigione e di salvezza» (CCC, 1421) in senso fisico, sociale e spirituale. La Chiesa, benché amministri la grazia risanante di Cristo mediante i Sacramenti, e benché provveda servizi sanitari negli angoli più remoti del pianeta, non è esperta nella prevenzione o nella cura della pandemia. E nemmeno dà indicazioni socio-politiche specifiche (cfr S. PAOLO VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 14 maggio 1971, 4). Questo è compito dei dirigenti politici e sociali.
Tuttavia, nel corso dei secoli, e alla luce del Vangelo, la Chiesa ha sviluppato alcuni principi sociali che sono fondamentali (cfr Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 160-208), principi che possono aiutarci ad andare avanti, per preparare il futuro di cui abbiamo bisogno. Cito i principali, tra loro strettamente connessi: il principio della dignità della persona, il principio del bene comune, il principio dell’opzione preferenziale per i poveri, il principio della destinazione universale dei beni, il principio della solidarietà, della sussidiarietà, il principio della cura per la nostra casa comune. Questi principi aiutano i dirigenti, i responsabili della società a portare avanti la crescita e anche, come in questo caso di pandemia, la guarigione del tessuto personale e sociale. Tutti questi principi esprimono, in modi diversi, le virtù della fede, della speranza e dell’amore.
Nelle prossime settimane, vi invito ad affrontare insieme le questioni pressanti che la pandemia ha messo in rilievo, soprattutto le malattie sociali. E lo faremo alla luce del Vangelo, delle virtù teologali e dei principi della dottrina sociale della Chiesa. Esploreremo insieme come la nostra tradizione sociale cattolica può aiutare la famiglia umana a guarire questo mondo che soffre di gravi malattie. È mio desiderio riflettere e lavorare tutti insieme, come seguaci di Gesù che guarisce, per costruire un mondo migliore, pieno di speranza per le future generazioni (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 24 novembre 2013, 183).