Angelus (29/06/2019) - Foto © Servizio Fotografico - Vatican Media

"Una preghiera è veramente cristiana se ha anche una dimensione universale"

Le parole del Papa alla recita dell’Angelus

Share this Entry

Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
Prima dell’Angelus
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
L’odierna pagina evangelica (cfr Lc 10,1-12.17-20) presenta Gesù che invia in missione settantadue discepoli, in aggiunta ai dodici apostoli. Il numero settantadue indica probabilmente tutte le nazioni. Infatti nel libro della Genesi si menzionano settantadue nazioni diverse (cfr 10,1- 32). Così questo invio prefigura la missione della Chiesa di annunciare il Vangelo a tutte le genti.
A quei discepoli Gesù dice: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!» (v. 2). Questa richiesta di Gesù è sempre valida. Sempre dobbiamo pregare il “padrone della messe”, cioè Dio Padre, perché mandi operai a lavorare nel suo campo che è il mondo. E ciascuno di noi lo deve fare con cuore aperto, con un atteggiamento missionario; la nostra preghiera non dev’essere limitata solo ai nostri bisogni, alle nostre necessità: una preghiera è veramente cristiana se ha anche una dimensione universale.
Nell’inviare i settantadue discepoli, Gesù dà loro istruzioni precise, che esprimono le caratteristiche della missione. La prima – abbiamo già visto –: pregate; la seconda: andate; e poi: non portate borsa né sacca…; dite: “Pace a questa casa”…restate in quella casa…Non passate da una casa all’altra; guarite i malati e dite loro: “è vicino a voi il Regno di Dio”; e, se non vi accolgono, uscite sulle piazze e congedatevi (cfr vv. 2-10).
Questi imperativi mostrano che la missione si basa sulla preghiera; che è itinerante: non è ferma, è itinerante; che richiede distacco e povertà; che porta pace e guarigione, segni della vicinanza del Regno di Dio; che non è proselitismo ma annuncio e testimonianza; e che richiede anche la franchezza e la libertà evangelica di andarsene evidenziando la responsabilità di aver respinto il messaggio della salvezza, ma senza condanne e maledizioni.
Se vissuta in questi termini, la missione della Chiesa sarà caratterizzata dalla gioia. E come finisce questo passo? «I settantadue tornarono pieni di gioia» (v. 17). Non si tratta di una gioia effimera, che scaturisce dal successo della missione; al contrario, è una gioia radicata nella promessa che – dice Gesù – «i vostri nomi sono scritti nei cieli» (v. 20). Con questa espressione Egli intende la gioia interiore, la gioia indistruttibile che nasce dalla consapevolezza di essere chiamati da Dio a seguire il suo Figlio. Cioè la gioia di essere suoi discepoli. Oggi, per esempio, ognuno di noi, qui in Piazza, può pensare al nome che ha ricevuto nel giorno del Battesimo: quel nome è “scritto nei cieli”, nel cuore di Dio Padre. Ed è la gioia di questo dono che fa di ogni discepolo un missionario, uno che cammina in compagnia del Signore Gesù, che impara da Lui a spendersi senza riserve per gli altri, libero da sé stesso e dai propri averi.
Invochiamo insieme la materna protezione di Maria Santissima, perché sostenga in ogni luogo la missione dei discepoli di Cristo; la missione di annunciare a tutti che Dio ci ama, ci vuole salvare e ci chiama a far parte del suo Regno.
***
Dopo l’Angelus
Cari fratelli e sorelle,
anche se sono passati alcuni giorni, invito a pregare per le povere persone inermi uccise o ferite dall’attacco aereo che ha colpito un centro di detenzione di migranti in Libia. La comunità internazionale non può tollerare fatti così gravi. Prego per le vittime: il Dio della pace accolga i defunti presso di sé e sostenga i feriti. Auspico che siano organizzati in modo esteso e concertato i corridoi umanitari per i migranti più bisognosi.
Ricordo anche tutte le vittime delle stragi che recentemente sono state compiute in Afghanistan, Mali, Burkina Faso e Niger. Preghiamo insieme. [Momento di silenzio].
Rivolgo un cordiale saluto a tutti voi, romani e pellegrini! Saluto gli studenti della “Scuola Sant’Ignazio” di Cleveland (Stati Uniti), i giovani di Basiasco e Mairago, e i sacerdoti che partecipano al corso per formatori, promosso dall’Istituto “Sacerdos” di Roma. Saluto la comunità eritrea a Roma: cari fratelli e sorelle, prego per il vostro popolo! E saluto i tanti polacchi che sono qui davanti! Auguro a tutti una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione