Moneta celebrativa della Canonizzazione di Papa Paolo VI - Foto © Vatican Media

Decreto sull’iscrizione della celebrazione di San Paolo VI, Papa, nel calendario Romano Generale

Commento dell’Em.mo Card. Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti

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Decreto sull’iscrizione della celebrazione di San Paolo VI, Papa, nel calendario Romano Generale
Gesù Cristo, pienezza dell’uomo, vivente e operante nella Chiesa, invita tutti gli uomini all’incontro trasfigurante con lui, «via, verità e vita» (Gv 14, 6). I Santi hanno percorso questo cammino. L’ha fatto Paolo VI, sull’esempio dell’Apostolo del quale assunse il nome, nel momento in cui lo Spirito Santo lo scelse come Successore di Pietro.
Paolo VI (al secolo Giovanni Battista Montini) nacque il 26 settembre 1897 a Concesio (Brescia), in Italia. Il 29 maggio 1920 fu ordinato sacerdote. Dal 1924 prestò la propria collaborazione ai Sommi Pontefici Pio XI e Pio XII e, contemporaneamente, esercitò il ministero sacerdotale a favore dei giovani universitari. Nominato Sostituto della Segreteria di Stato, durante la Seconda Guerra Mondiale si impegnò a cercare rifugio ad ebrei perseguitati e a profughi. Designato successivamente Pro-Segretario di Stato per gli Affari Generali della Chiesa, a ragione del suo particolare ufficio conobbe e incontrò anche molti fautori del movimento ecumenico. Nominato Arcivescovo di Milano, si prese cura della diocesi in molti modi. Nel 1958 fu elevato alla dignità di Cardinale di Santa Romana Chiesa da san Giovanni XXIII e, dopo la morte di questi, fu eletto alla cattedra di Pietro il 21 giugno 1963. Perseverando alacremente nell’opera iniziata dai predecessori, portò a compimento in particolare il Concilio Vaticano II e diede avvio a numerose iniziative, segni della sua viva sollecitudine nei confronti della Chiesa e del mondo contemporaneo, tra cui vanno ricordati i suoi viaggi in qualità di pellegrino, intrapresi a motivo del servizio apostolico e che servirono sia a preparare l’unità dei Cristiani, sia a rivendicare l’importanza dei diritti fondamentali degli uomini. Esercitò inoltre il sommo magistero in favore della pace, promosse il progresso dei popoli e l’inculturazione della fede, nonché la riforma liturgica, approvando riti e preghiere in linea al contempo con la tradizione e l’adattamento ai nuovi tempi, e promulgando con la sua autorità, per il Rito Romano, il Calendario, il Messale, la Liturgia delle Ore, il Pontificale e quasi tutto il Rituale, al fine di favorire l’attiva partecipazione alla liturgia del popolo fedele. Parimenti, curò che le celebrazioni pontificie rivestissero una forma più semplice. Il 6 agosto 1978, a Castel Gandolfo, rese l’anima a Dio e, secondo le sue disposizioni, fu inumato in maniera umile così come aveva vissuto.
Pastore e guida di tutti i fedeli, Dio affida la sua Chiesa, pellegrina nel tempo, a coloro che egli stesso ha costituito vicari del suo Figlio. Tra costoro risplende san Paolo VI, che unì nella sua persona la fede limpida di san Pietro e lo zelo missionario di san Paolo. La sua coscienza di essere Pietro, appare bene se si ricorda che il 10 giugno 1969, in visita al Consiglio ecumenico delle Chiese a Ginevra, si è presentato dicendo: «Il mio nome è Pietro». Ma la missione per la quale si sapeva eletto la derivava anche dal nome scelto. Come Paolo ha speso la vita per il Vangelo di Cristo, valicando nuovi confini e facendosi suo testimone nell’annuncio e nel dialogo, profeta di una Chiesa estroversa che guarda ai lontani e si prende cura dei poveri. La Chiesa infatti è sempre stata il suo amore costante, la sua sollecitudine primordiale, il suo pensiero fisso, il primo fondamentale filo conduttore del suo pontificato, perché voleva che la Chiesa avesse maggior coscienza di se stessa per estendere sempre più l’annuncio del Vangelo. Considerata la santità di vita di questo Sommo Pontefice, testimoniata nelle opere e nelle parole, tenendo conto del grande influsso esercitato dal suo ministero apostolico per la Chiesa sparsa su tutta la terra, il Santo Padre Francesco, accogliendo le petizioni e i desideri del Popolo di Dio, ha disposto che la celebrazione di san Paolo VI, papa, sia iscritta nel Calendario Romano Generale, il 29 maggio, con il grado di memoria facoltativa.
Questa nuova memoria dovrà essere inserita in tutti i Calendari e Libri liturgici per la celebrazione della Messa e della Liturgia delle Ore; i testi liturgici da adottare, allegati al presente decreto, devono essere tradotti, approvati e, dopo la conferma di questo Dicastero, pubblicati a cura delle Conferenze Episcopali.
Nonostante qualsiasi cosa in contrario.
Dalla sede della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 25 gennaio 2019, festa della Conversione di S. Paolo, apostolo.
Robert Card. Sarah
Prefetto
+ Arthur Roche
Arcivescovo Segretario
***
Commento dell’Em.mo Card. Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
CORAGGIOSO APOSTOLO DEL VANGELO
Con decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti datato 25 gennaio, papa Francesco ha stabilito che la memoria di san Paolo VI venga inserita nel Calendario generale della Chiesa di Rito Romano, tenuta presente sia l’importanza universale del suo agire sia l’esempio di santità dato al Popolo di Dio. Giorno celebrativo sarà il 29 maggio, data della sua ordinazione presbiterale nel 1920, essendo il 6 agosto, giorno della sua nascita al cielo, festa della Trasfigurazione del Signore.
Se il santo è colui che, facendo fruttificare la divina grazia nelle opere, conforma la propria vita a Cristo, Paolo VI lo ha fatto rispondendo alla vocazione alla santità come battezzato, sacerdote, Vescovo, Sommo Pontefice, e ora contempla Dio faccia a faccia. Ha sempre sottolineato che «soltanto nella ricerca sincera di Dio, fatta con la preghiera, con la penitenza, con la metánoia di tutto l’essere, si possono assicurare i successi veri della vita cristiana e apostolica, e mettere in pratica il primo e sempre vivo appello del Signore alla santità: “Impletum est tempus, et appropinquavit regnum Dei; paenitemini et credite evangelio” (Marc. 1, 15). “Estote ergo vos perfecti sicut et Pater vester caelestis perfectus est”(Matth. 5, 48)» (Discorso al Sacro Collegio per gli auguri onomastici, 21 giugno 1976).
Da sacerdote, nel 1931, quando aveva già iniziato il suo servizio per la Santa Sede, dopo aver scritto che non voleva «nessuna regola, nessuna aggiunta straordinaria» che distinguesse la sua vita cristiana dalla forma normale, aggiunse che avrebbe voluto coltivare «un particolare amore a ciò che è essenziale e comune nella vita spirituale cattolica. Così – scriveva – avrò la Chiesa madre di carità: la sua Liturgia sarà la regola preferita per la mia spiritualità religiosa». E meditando sull’«imitamini quod tractatis», dal mistero dell’Eucaristia traeva la conseguente necessità dell’«immolazione della propria vita dovunque», indicandola come «la messa nella vita» unita al «semper gratias agentes» (Appunti per Esercizi spirituali a Montecassino).
Uniti al decreto sono pubblicati i testi da aggiungere nei Libri liturgici (Calendario, Messale, Liturgia delle Ore, Martirologio). L’orazione colletta fa risuonare ciò che Dio ha compiuto nel suo fedele servitore: «hai affidato la tua Chiesa alla guida del papa san Paolo VI, coraggioso apostolo del Vangelo del tuo Figlio», e gli chiede: «fa’ che, illuminati dai suoi insegnamenti, possiamo cooperare con te per dilatare nel mondo la civiltà dell’amore». Sono qui sintetizzate le principali caratteristiche del suo pontificato e del suo insegnamento: una Chiesa, che appartiene al Signore (Ecclesiam Suam), dedita all’annuncio del Vangelo, come ricordava nell’Evangelii nuntiandi, chiamata a testimoniare che Dio è amore. Sono anche indicate le letture bibliche per la Messa, scelte dal Comune per i papi, e come lettura per l’Ufficio delle letture alcuni passi dell’omelia tenuta nell’ultima Sessione pubblica del Concilio, il 7 dicembre 1965, sintetizzata dal tema: Per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo.
Paolo VI ha vissuto, prima e dopo di essere papa, guardando costantemente a Cristo di cui sentiva e proclamava la necessità per ogni uomo. Lo aveva mostrato con la sua prima Lettera pastorale da Arcivescovo di Milano intitolata, con espressione di sant’Ambrogio: Omnia nobis est Christus. In una riflessione del 5 agosto 1963, un mese e mezzo dopo la sua elezione alla Cattedra di Pietro, scriveva: «Devo ritornare al principio: il rapporto con Cristo… che deve essere fonte di sincerissima umiltà: “allontanati da me; che sono uomo peccatore…”; sia nella disponibilità: “vi farò diventare pescatori…”; sia nella simbiosi della volontà e della grazia: “per me la vita è Cristo…”». L’amore per Cristo è amore per la sua Chiesa.
Nel Pensiero alla morte poteva a ragione scrivere: «Prego il Signore che mi dia la grazia di fare della mia prossima morte dono d’amore alla Chiesa. Potrei dire che l’ho sempre amata, e che per essa, e non per altro, mi pare d’aver vissuto». Affascinato dalla figura e attività apostolica di san Paolo, quando lo Spirito Santo lo indicò quale successore di san Pietro, non risparmiò le sue energie a servizio del Vangelo di Cristo, della Chiesa e dell’umanità, vista alla luce del piano divino di salvezza. Difensore della vita umana, della pace e del vero progresso dell’umanità, come mostrano i suoi insegnamenti, volle che la Chiesa, ispirandosi al Concilio e mettendone in pratica i principi normativi, riscoprisse sempre più la sua identità, superando le divisioni del passato e molto attenta ai nuovi tempi: Chiesa di Cristo, che mette al primo posto Dio, l’annuncio del Vangelo, anche quando si prodiga per i fratelli, per costruire quella «civiltà dell’amore» inaugurata dallo Spirito nella Pentecoste. Nelle Note per il mio testamento, Paolo VI aveva scritto: «Niente monumento per me». Anche se nell’ottobre del 1989 un monumento gli fu eretto nel duomo di Milano, il vero monumento Paolo VI se l’è costruito con la sua testimonianza, con le opere, con i viaggi apostolici, con il suo ecumenismo, con il lavoro per la Nova Vulgata, con il rinnovamento liturgico e con i suoi molteplici insegnamenti ed esempi, mostrando così il volto di Cristo, la missione della Chiesa, la vocazione dell’uomo moderno e conciliando il pensiero cristiano con le esigenze dell’ora difficile nella quale ha dovuto guidare, soffrendo molto, la Chiesa.
Robert Card. Sarah
Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti

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ZENIT Staff

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