Udienza Generale (21/11/2018) - Foto © Vatican Media

"Siamo chiamati a essere attenti e vigilanti"

Videomessaggio del Santo Padre Francesco ai partecipanti al Festival della Dottrina Sociale della Chiesa a Verona (Italia)

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Pubblichiamo di seguito il testo del Videomessaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato, in occasione dell’apertura dei lavori, ai partecipanti all’ottava edizione del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa, in corso a Verona dal 22 al 25 novembre 2018, sul tema “Il rischio della libertà”:
Videomessaggio del Santo Padre
Cari amici,
un caro saluto a tutti voi che partecipate all’ottava edizione del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa. Gli organizzatori hanno scelto come tema “Il rischio della libertà”, per invitare alla riflessione su ciò che sostiene da sempre il cammino degli uomini, delle donne, della società e delle civiltà.
Non poche volte, però, il desiderio di libertà – che è il grande dono di Dio alla sua creatura – ha assunto forme deviate, generando guerre, ingiustizie, violazioni dei diritti umani. Come cristiani, fedeli al Vangelo e consapevoli della responsabilità che abbiamo verso tutti i nostri fratelli, siamo chiamati a essere attenti e vigilanti perché “il rischio della libertà” non perda il suo significato più alto e impegnativo. Rischiare, infatti, significa mettersi in gioco. Ed è questa la nostra prima chiamata.
Tutti insieme dobbiamo impegnarci per eliminare ciò che priva gli uomini e le donne del tesoro della libertà. E, nello stesso tempo, ritrovare il sapore di quella libertà che sa custodire la casa comune che Dio ci ha dato. Tante sono le situazioni in cui, anche oggi, gli uomini e le donne non possono mettere a frutto la propria libertà, non possono rischiarla. Ne sottolineo tre: l’indigenza, il dominio della tecnologia, la riduzione dell’uomo a consumatore.
Anzitutto, l’indigenza, procurata da grandi ingiustizie, che continuano a essere perpetrate in tutto il mondo, anche nelle nostre città. «Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” – no, non sono sfruttati – ma sono rifiuti, “avanzi”» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 53). È la cultura dello scarto!
Se un uomo o una donna sono ridotti ad “avanzo”, non solo sperimentano su di loro i frutti cattivi della libertà altrui, ma vengono defraudati della possibilità stessa di “rischiare” la propria libertà per se stessi, per la propria famiglia, per una vita buona, giusta e dignitosa. C’è, poi, un’altra situazione che influisce negativamente sull’esperienza della libertà ed è lo sviluppo tecnologico, quando non è accompagnato da un adeguato sviluppo della responsabilità, dei valori e della coscienza. Si perde così il senso del limite con la conseguenza di non vedere le sfide epocali che abbiamo davanti.
L’assolutizzazione della tecnica può ritorcersi contro l’uomo. Come ricordava San Paolo VI, nel discorso per il 25° anniversario della FAO: «I progressi scientifici più straordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo» (16 novembre 1970).
La terza situazione negativa è rappresentata dalla riduzione dell’uomo a mero consumatore. Qui la libertà da “rischiare” rimane solo un’illusione. Infatti, «tale paradigma fa credere a tutti che sono liberi finché conservano una pretesa libertà di consumare, quando in realtà coloro che possiedono la libertà sono quelli che fanno parte della minoranza che detiene il potere economico e finanziario» (Enc. Laudato si’, 203). Questa non è libertà, è schiavitù: l’esperienza quotidiana viene segnata dalla rassegnazione, dalla sfiducia, dalla paura, dalla chiusura.
Nonostante queste deviazioni, mai viene meno in ognuno di noi il desiderio di “rischiare” la propria libertà. Anche in chi ha vissuto e vive situazioni di schiavitù e di sfruttamento. Durante il Festival avrete modo di ascoltare testimonianze di libertà ritrovata: ad esempio, dalla prostituzione, dalla morsa dell’usura, e così via. Sono storie che attestano una liberazione in atto, che dà forza e speranza. Sono storie che fanno dire: sì, è possibile il rischio della libertà!
Anche se alcuni hanno paura di andare controcorrente, molti, nella loro quotidianità, vivono stili di vita sobri, solidali, aperti, accoglienti. Sono loro la vera risposta alle varie schiavitù perché si muovono come persone libere. Accendono desideri sopiti, aprono orizzonti, fanno desiderare il bene. La libertà vissuta non si limita mai a gestire ciò che succede perché contiene in sé sempre qualcosa che porta oltre. La libertà non uccide mai i sogni, ma costruisce nella vita ciò che molti desiderano ma non hanno il coraggio di perseguire.
Certamente essere liberi è una sfida, una sfida permanente: affascina, avvince, dà coraggio, fa sognare, crea speranza, investe sul bene, crede nel futuro. Contiene, quindi, una forza che è più forte di ogni schiavitù. Il mondo ha bisogno di persone libere! «La persona umana tanto più cresce, matura e si santifica quanto più entra in relazione, quando esce da sé stessa per vivere in comunione con Dio, con gli altri e con tutte le creature. Così assume nella propria esistenza quel dinamismo trinitario che Dio ha impresso in lei fin dalla sua creazione. Tutto è collegato, e questo ci invita a maturare una spiritualità della solidarietà globale che sgorga dal mistero della Trinità» (ibid., 240).
Per questo la libertà dell’uomo scopre se stessa fino in fondo, quando comprende di essere generata e sostenuta dalla libertà amorosa del Padre, che si rivela nel Figlio nel volto della Misericordia. Sotto il suo sguardo compassionevole, ogni uomo può sempre riprendere il cammino del “rischio della libertà”.
Carissimi, vi auguro di essere persone libere e di non avere paura di spendervi e sporcarvi le mani per realizzare il bene e aiutare chi è nel bisogno. Rinnovo il mio saluto cordiale a tutti i partecipanti e, in particolare, ai molti volontari che ogni anno offrono la loro disponibilità. Un saluto al Vescovo di Verona, Mons. Giuseppe Zenti, che ospita la manifestazione, e un grazie a Don Vincenzi per il servizio svolto per la diffusione, la conoscenza, la sperimentazione della Dottrina Sociale della Chiesa. Vi assicuro la mia vicinanza, e la mia preghiera. Di cuore, vi do la mia benedizione. E, per favore, non dimenticate di pregare per me. Grazie!

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ZENIT Staff

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