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"L’amore al bene integrale dell’uomo è la chiave di un autentico sviluppo"

Conferenza Stampa di presentazione di un nuovo Documento della Congregazione per la Dottrina della Fede e del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale

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Alle ore 11.00 di questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo una Conferenza Stampa di presentazione di un nuovo Documento della Congregazione per la Dottrina della Fede e del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, dal titolo “Oeconomicae et pecuniariae quaestiones. Considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario”.
Intervengono l’Em.mo Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I., Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; il Prof. Leonardo Becchetti, dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”; e il Prof. Lorenzo Caprio, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Riportiamo di seguito gli interventi di S.E. Mons. Ladaria Ferrer e del Prof. Caprio:
Intervento di S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I.
Oggi viene presentato un documento da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede e del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano integrale che meraviglierà molti. Sono delle Considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economicofinanziario. Perché la Congregazione affronta un tema così specifico? A questo riguardo è bene ricordare che la Costituzione apostolica Pastor bonus, la quale disciplina il servizio al S. Padre della Curia romana, afferma che compito proprio della Congregazione è promuovere e tutelare tutto ciò che riguarda la dottrina della fede e quella morale (Art. 48: Proprium Congregationis de Doctrina Fidei munus est doctrinam de fide et moribus in universo catholico orbe promovere atque tutari).
Appartiene dunque alla competenza propria del Dicastero anche l’ambito morale, e quindi – poiché il Magistero della Chiesa ha sempre ribadito con chiarezza, che «l’attività economica deve essere condotta secondo le leggi e i metodi propri dell’economia, ma nell’ambito dell’ordine morale» (GS, 64) – spetta alla Congregazione anche aiutare le dinamiche economiche a orientarsi sulla base di un’etica adeguata. Non essendo un esperto in materia mi limiterò ad alcune osservazioni generali. Lo scopo di queste Considerazioni è affermare con chiarezza che, all’origine del diffondersi di pratiche finanziarie disoneste e predatorie, vi sono anzitutto una miopia antropologica ed una progressiva crisi dell’umano che ne sono conseguite.
L’uomo, oggi, non sapendo più chi è, e cosa ci sta a fare al mondo, non sa più nemmeno come agire bene, finendo per rimanere in balìa delle sue convenienze del momento e degli interessi che dominano il mercato. L’utile del più forte ha preso sopravvento sul bene autentico ed è divenuto il vero fattore dominante i rapporti economico-sociali. In tal modo, il bene comune è sparito in molti ambienti dall’orizzonte del vivere, si è accresciuta la conflittualità delle relazioni e le disuguaglianze sono divenute più pronunciate. I soggetti economici più forti sono divenuti Superstars che si accaparrano ingenti quantità di risorse, risorse che sono sempre meno distribuite e sempre più concentrate nelle mani di pochi. È incredibile anche solo il pensare che dieci persone possano detenere quasi la metà della ricchezza mondiale: oggi questo fatto è ormai una realtà!
Perciò la Congregazione per la Dottrina della Fede, insieme con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha ritenuto opportuno dover ribadire alcune elementari evidenze antropologiche, da cui discendono diverse considerazioni, che aiutano ad un discernimento etico in quel complesso ambito che è il mondo economico-finanziario. Tale discernimento è ormai indifferibile, se non vogliamo scivolare verso un collasso sociale a livello mondiale, dalle devastanti conseguenze. Si tratta di un documento basato su alcune evidenze elementari ed universali. Il testo non intende sposare alcuna opinione di scuola, bensì solo essere uno sguardo leale su alcuni ambiti dell’attuale mondo finanziario ed offrire un giudizio etico su taluni aspetti di quegli ambiti. È questo un doveroso servizio che la Chiesa intende donare agli uomini come orientamento verso la vita buona, presupposto ineludibile per ogni forma sociale che miri ad essere il meno ingiusta possibile.
In questa occasione mi piace richiamare la figura di San Matteo, Apostolo ed Evangelista. Matteo da pubblico gabelliere – professione che spesso annoverava fra le sue file parecchi disonesti – diviene seguace di Gesù e, in tal modo, anche onesto dispensatore di una ricchezza che non è solo materiale e si volge a favore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Perciò la Chiesa venera l’Apostolo Matteo come santo protettore di coloro che svolgono attività economiche e finanziarie. La sua figura di pubblicano, divenuto buon dispensatore dei tesori del cielo, rappresenta di per sé un auspicio, affinché chi lavora nella finanza apra l’orizzonte del suo agire ad un bene che, se nasce con l’interesse di cui è portatore il singolo, non si fermi ad esso ma accetti di allargarsi fino alla considerazione del bene comune.
Come annota San Beda il Venerabile, nella lettura che il Breviario dedica a San Matteo Apostolo ed Evangelista, la sua conversione “servì di stimolo a quella di molti pubblicani, e la remissione dei suoi peccati fu modello a quella di tutti costoro”. Il nuovo documento, occupandosi delle Oeconomicae et pecuniariae quaestiones, vorrebbe essere uno stimolo proprio in questa direzione. Il testo di queste Considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario, se destinato in primo luogo ai competenti operatori economicofinanziari, interpella in realtà tutte le donne e gli uomini di buona volontà. Infatti “ogni gesto della nostra libertà, anche se può apparire fragile ed insignificante, se davvero orientato al bene autentico, si appoggia a Colui che è Signore buono della storia, e diviene parte di una positività che supera le nostre povere forze, unendo indissolubilmente tutti gli atti di buona volontà in una rete che collega cielo e terra, vero strumento di umanizzazione dell’uomo e del mondo” (n. 33).
Il documento ribadisce che l’amore al bene integrale dell’uomo è la chiave di un autentico sviluppo (cf. n. 2). Inoltre, senza un’adeguata visione dell’uomo non è possibile fondare né un’etica, né una prassi all’altezza della sua dignità e di un bene che sia realmente tale. In questo senso, la persona umana possiede un’indole peculiarmente relazionale ed una razionalità alla perenne ricerca di un guadagno e di un benessere che siano interi, non riducibili ad una logica di consumo o agli aspetti economici della vita (cf. n. 9). Proprio tale visione, consente di guardare agli altri non anzitutto come a potenziali concorrenti, bensì come a possibili alleati. E di riconoscere che ogni sistema economico legittima la sua esistenza non solo mediante la mera crescita quantitativa degli scambi, bensì documentando soprattutto la sua capacità di produrre sviluppo per tutto l’uomo e per ciascun uomo (cf. n. 10). Una certezza soggiace al testo delle Considerazioni: “il mercato, per funzionare bene, ha bisogno di presupposti antropologici ed etici che da solo non è in grado di darsi né di produrre” (n. 23). Una solida visione antropologica, con le sue implicazioni etiche, non solo è necessaria ad una vita degna per l’uomo, ma aiuta anche l’efficienza dei mercati. L’attuale situazione ci mostra come sia quanto mai urgente “una riscossa dell’umano, per riaprire gli orizzonti a quell’eccedenza di valori che sola permette all’uomo di ritrovare sé stesso, di costruire società che siano dimore ospitali ed inclusive, in cui vi è spazio per i più deboli e in cui la ricchezza viene utilizzata anche a vantaggio di tutti. Insomma, luoghi in cui per l’uomo è bello vivere ed è facile sperare” (n. 17).
***
Intervento del Prof. Lorenzo Caprio
Il documento oggi presentato è per il sottoscritto – doppiamente coinvolto, come docente universitario di finanza, e come professionista operante in questo mondo – un grande incoraggiamento, in virtù del riconoscimento del ruolo centrale che l’ambito della finanza, sempre più rilevante nel sistema economico contemporaneo, può e deve avere per la realizzazione del bene delle persone, e rappresenta un incitamento a adoperarsi affinché esso realizzi tale potenziale.
Nelle osservazioni che seguono mi focalizzerò sui contenuti della parte III del documento, quella in cui il documento non rifugge dal formulare giudizi su fenomeni verificatisi nel sistema finanziario nel recente passato. Certamente, il documento parte dalla sottolineatura della positività che un sistema finanziario ben funzionante rappresenta per il sistema economico. Tale sottolineatura non poteva però portare a ignorare i fenomeni accaduti nell’ultimo decennio, che hanno evidenziato una non adeguatezza del concreto funzionamento del sistema alle finalità che esso deve perseguire. Era necessario sottolineare fatti e accadimenti che hanno rappresentato una deviazione da un percorso costruttivo, perché essi esemplificano il realizzarsi di rischi insiti nel funzionamento del sistema finanziario, il quale – nella società odierna in particolar modo – è uno strumento con grandi potenzialità di bene se funziona correttamente, ma anche con grandi potenzialità distruttive se lasciato agli interessi egoistici e di breve periodo cui facilmente possono cedere alcune fasce di suoi operatori.
Vi è ampio consenso sul fatto che i rischi connaturati alla finanza siano riconducibili a fattori di fondo – puntualmente richiamati nel documento – quali: la pervasività e capacità dell’industria finanziaria di condizionare l’economia reale; la naturale asimmetria di competenze, informazioni e posizioni di forza tra i soggetti dominanti il sistema finanziario e la massa delle persone che al sistema partecipano; la possibilità che, in un interagire non virtuoso tra i due elementi ora richiamati, i soggetti deboli siano sfruttati o addirittura “scartati”, quando non possiedono nemmeno le caratteristiche che li rendono oggetti interessanti per lo sfruttamento. Nella parte III (“Alcune puntualizzazioni particolari”) del documento si scende quindi a formulare alcune considerazioni riguardo a specifici snodi del sistema finanziario in cui si sono manifestati nell’ultimo decennio eventi collegati a tali rischi. Esse possono essere rapidamente riepilogate come segue.
1) In generale, si sottolinea come si sia manifestata una ingenua fiducia – ma forse solo in parte ingenua, in quanto per parte rilevante è stata determinata da ben concreti interessi materiali – verso una pretesa autosufficienza allocativa dei mercati, e verso i presunti effetti positivi di tutto ciò che viene definito “innovazione finanziaria”, senza alcuna criticità riguardo alle motivazioni di quest’ultima. Il fallimento di tale approccio determina quindi l’esigenza, in un mercato che è divenuto sempre più globale, di un coordinamento e una cooperazione orientata al bene comune tra le autorità di regolamentazione nazionale dei mercati finanziari e bancari; osservazione particolarmente attuale in un momento in cui sembra di assistere, in alcune parti del mondo, alla ripresa di un approccio ideologicamente prevenuto a favore della deregulation.
2) Viene sottolineata, nell’ambito dell’attività bancaria, l’esigenza di una chiara separazione tra attività di gestione del risparmio e attività più rischiose di negoziazione, nonché l’esigenza che l’offerta di strumenti di investimento del risparmio si svolga nell’interesse dei risparmiatori e non con modalità tese esclusivamente a ottimizzare i profitti di chi tali prodotti propone. Non si può scordare che la parte preponderante della massa di mezzi raccolti dalle istituzioni finanziarie viene dal risparmio di una vita di individui che, singolarmente presi, dispongono di modesta ricchezza, la cui esigenza non è quella di massimizzare il rendimento di quanto risparmiato, ma di preservarne il potere di acquisto e trasmetterlo tra le generazioni. È delittuoso che per l’utilità di chi gestisce i processi di intermediazione finanziaria tali risparmi vengano messi a rischio, approfittando della limitata cultura finanziaria dei risparmiatori e della loro conseguente facilità a essere influenzati da chi dispone di strumenti potenti di marketing e di vendita.
3) Vengono esaminati alcuni aspetti del processo di intermediazione e innovazione finanziaria che nel recente passato si sono rivelati come particolarmente pericolosi. Uno di questi è stato la creazione di prodotti finanziari eccessivamente difficili da valutare o di carattere eccessivamente speculativo, in un vuoto di strumenti che ne controllassero e disciplinassero la diffusione. Peraltro, va sottolineato come non si condannino nel Documento gli strumenti dell’innovazione finanziaria in quanto tali, ma bensì il loro utilizzo secondo modalità non adeguate. Vale la pena al proposito rimarcare che non è solo in ambito finanziario che, nella società contemporanea, si perde ogni capacità critica nei confronti di tutto ciò che viene etichettato come frutto dell’evoluzione scientifica e tecnologica. Certamente però negli ultimi decenni tale tendenza si è manifestata anche nell’ambito della finanza, e continua tuttora a manifestarsi, basti pensare ad esempio all’affermarsi proprio oggi di fenomeni ampiamente criticati, e che tuttavia prosperano in un vuoto totale di regolamentazione, nel campo dei sistemi di pagamento (questione “criptovalute”). Viene evidenziato inoltre come si sia manifestata la possibilità, da parte di protagonisti del sistema finanziario, di intraprendere comportamenti collusivi per determinare artificiose valutazioni dei parametri fondamentali delle contrattazioni finanziarie (come il tasso interbancario e i tassi di cambio delle valute). Si rimarca poi lo scandalo della persistenza di larghe fasce del sistema finanziario globale che operano al di fuori di sistemi di regolamentazione nazionale (finanza offshore), in modalità che favoriscono fenomeni di elusione fiscale, di riciclaggio di denaro sporco e addirittura, in molte economie meno sviluppate, di distrazione di risorse pubbliche a favore di singole figure di potere;
4) Viene sottolineato il periodico riaffiorare del fenomeno – particolarmente angoscioso – del manifestarsi, in diversi paesi, di debiti pubblici insostenibili. che impediscono il risollevarsi delle economie di quei paesi, ed esigono risposte internazionali coordinate, che portino a “politiche di ragionevole e concordata riduzione del debito pubblico”, senza gravare di oneri insostenibili le fasce più deboli della popolazione.
In questa parte III il documento non si limita però a indicare specifiche situazioni o specifici strumenti finanziari che nel recente passato si sono dimostrati di particolare criticità. Viene infatti formulata anche un’analisi delle cause culturali che, a livello della mentalità dei protagonisti del sistema finanziario e quindi di ciascuna impresa finanziaria, facilitano l’insorgere delle problematicità evidenziate. Viene sottolineato che “ogni impresa costituisce un’importante rete di relazioni e, a suo modo, rappresenta un vero corpo sociale intermedio, con una sua propria cultura e prassi” e “laddove il mero profitto viene collocato al vertice della cultura di un’impresa finanziaria, ignorando le contemporanee esigenze del bene comune, ogni istanza etica viene di fatto percepita come estrinseca e giustapposta all’azione imprenditoriale”. Si recepiscono quindi indicazioni – formulate da diversi osservatori – su possibili percorsi che, a partire da strumenti di controllo già oggi esistenti nelle realtà aziendali, facilitino l’evolvere della cultura aziendale dall’attenzione al rispetto formale delle norme – originata non da un genuino accoglimento delle ragioni delle norme stesse, ma dal puro desiderio di evitare la possibilità di incorrere nelle sanzioni poste – all’accettazione e all’inclusione nei principi fondanti dell’azione delle esigenze di giustizia sostanziale da cui le norme originano; strumenti che, inoltre, promuovano la consapevolezza del fatto che l’impresa finanziaria, come ogni altra impresa, non ha come unica bussola i profitti degli azionisti, ma anche “i legittimi interessi di cui sono portatori tutti coloro che con il loro lavoro e servizio operano a vantaggio della medesima impresa, nonché i consumatori e le varie comunità locali”.
Infine, un altro importante contributo del Documento risiede nella sottolineatura di quanto può essere fatto da ciascun partecipante al sistema quando formula consapevolmente le proprie scelte di investimento e di risparmio. Si ricorda come nelle scelte di ciascuno di noi occorra orientarsi a quei beni alle cui spalle sta un percorso degno dal punto di vista etico: nel caso della gestione dei propri risparmi, ad esempio, indirizzandoli verso quelle aziende che operano con chiari criteri, ispirati ad un’etica rispettosa di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, ed in un orizzonte di responsabilità sociale.
In conclusione, vorrei sottolineare il ruolo che questo documento può avere nel fornire orientamenti per la vita professionale personale dei singoli operatori della finanza – tra i quali vi sono molti credenti – responsabilizzandoli. Economisti di fama hanno sottolineato come oggi il “mestiere della finanza” non abbia un riconoscimento di tipo valoriale per la sua utilità sociale come altri “mestieri” (le professionalità nel campo della salute, della giustizia ecc.) e come ciò possa purtroppo favorire l’opinione che etica e finanza siano due categorie concettuali che nel concreto non possono dialogare tra loro. Per questo, un documento che invece sottolinea come una finanza correttamente orientata sia un bene necessario, fornisce un indispensabile contributo. Ancora di più, quando da tale documento emergono linee-guida che i singoli possano fare proprie nel dirigere i propri comportamenti personali.
Non va dimenticato che anche il sistema finanziario è fatto di persone, per le quali è della massima importanza un supporto di incoraggiamento, assieme al richiamo del fatto che il proprio comportamento professionale non può non sottostare a ben definiti orientamenti valoriali. Quest’ultima considerazione è rivolta a ogni persona di buona volontà, e si spera possa essere da essa condivisa. Assume un significato di particolare pregnanza per il credente nella fede cristiana, il quale non può fare a meno di dirigere uno sguardo illuminato dalla propria esperienza di fede sulle conseguenze che i meccanismi del sistema economico hanno per la vita propria e del suo prossimo – tanto più se dentro a tali meccanismi si colloca il suo lavoro di ogni giorno –. Tale sguardo chiama a porsi di fronte alle realtà sociali ed economiche con quella grande lealtà nei confronti dell’esperienza che nasce dalla convinzione che essa è inevitabilmente intrisa di limite ma, ancor più inevitabilmente, inclusa in un irrevocabile progetto di redenzione; e a cogliere quindi in realtà come quelle della finanza odierna tanto le criticità che derivano in ultima analisi dal peccato, quanto le positività, in essere o in potenza, che devono essere nutrite e incoraggiate.

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ZENIT Staff

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