Preghiera con Religiose Vita Contemplativa - Foto @Vatican Media

“Cor Orans”: Istruzione applicativa sulla vita contemplativa femminile

Applicazione della Costituzione Apostolica “Vultum Dei quaerere” 

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Questa mattina, alle ore 11.00, presso la Sala Stampa della Santa Sede, in Via della Conciliazione 54, ha luogo una Conferenza Stampa di presentazione dell’Istruzione “Cor Orans” sulla vita contemplativa, della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
Intervengono: S.E. Mons. José Rodríguez Carballo, O.F.M., Segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica e P. Sebastiano Paciolla, O. Cist., SottoSegretario della medesima Congregazione.
Riportiamo di seguito l’intervento di S.E. Mons. José Rodríguez Carballo, O.F.M.:
Presentiamo oggi la nuova Istruzione applicativa della Costituzione Apostolica Vultum Dei Quaerere sulla vita contemplativa femminile Cor Orans. Come si sa, il 29 giugno 2016, il Santo Padre Francesco ha donato alla Chiesa, in particolare alle monache di vita contemplativa di rito latino, una nuova e tanto attesa Costituzione Apostolica sulla vita contemplativa femminile, dal titolo Vultum Dei quaerere, dando poi mandato alla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica di redigere un’istruzione applicativa, “istruzione che intende rendere chiare le disposizioni della legge, sviluppando e determinando i procedimenti nell’eseguirla” (Introduzione). Istruzione dunque anch’essa tanto attesa dalle monache, che in diverse occasioni avevano manifestato al dicastero il desiderio di essere aiutate a capire come declinare le indicazioni della Costituzione, sia nel concreto della vita quotidiana ordinaria, sia di fronte a situazioni straordinarie.
Quattro brevi annotazioni, prima di passare al contenuto dell’Istruzione.
a) Il titolo dell’Istruzione, Cor orans, viene preso dalle parole del Santo Padre, Papa Francesco, alle contemplative nella Costituzione Apostolica Vultum Dei Quaerere. Il titolo sintetizza molto bene la vocazione e missione delle contemplative nella Chiesa. In questo modo, oltre alle numerose note che si trovano di questa Costituitone nella presente Istruzione, già il titolo ci mette davanti alla continuità tra la Costituzione e l’Istruzione.
b) L’Istruzione, come già prima la Costituzione, riflette molto bene quanto le stesse monache hanno chiesto nelle risposte al questionario che alcuni anni fa era stato inviato a tutti i monasteri del mondo.
c) La redazione dell’Istruzione ha richiesto del tempo, perché ha comportato un lavoro attento e preciso, soprattutto dal punto di vista canonico, proprio in ordine a delineare norme e processi che salvaguardassero l’identità e la missione dei monasteri di vita contemplativa femminile, che da sempre “occupano un posto eminente nel corpo mistico di Cristo” (ivi) e che da sempre sono stati oggetto di attenzione e cura da parte della Chiesa.
d) L’Istruzione deroga alcuni canoni. Questo esigeva una approvazione specifica da parte del Santo Padre. Come si vede nella conclusione, questa approvazione è stata fatta il 25 marzo di questo stesso anno.
Contenuto dell’Istruzione
L’Istruzione si apre con una parte introduttiva a cui seguono alcune “Norme Generali”, una sorta di glossario che contribuisce a chiarire in modo preciso e sintetico il significato di alcuni termini tipici del vocabolario monastico. Quindi si sviluppa in 4 capitoli, ciascuno dei quali tratta uno dei temi che la VDq aveva demandato alla Congregazione perché fossero emanate norme applicative: l’autonomia dei monasteri, le federazioni dei monasteri, la separazione dal mondo, la formazione. In ciascuno dei 4 ambiti l’Istruzione introduce elementi che dicono della volontà di un rinnovamento, unita d’altra parte alla tutela e alla salvaguardia di quelli che sono da sempre i cardini della vita contemplativa, che vengono ribaditi con puntualità e serietà.
Nel primo capitolo, dedicato al “Monastero autonomo”, viene confermata la “giusta autonomia giuridica, di vita e di governo”, che la Chiesa riconosce ad ogni monastero sui juris (cf. n. 15), autonomia di cui vengono descritte le condizioni. Da subito l’Istruzione precisa che l’autonomia giuridica deve “presupporre una reale autonomia di vita, cioè la capacità di gestire la vita del monastero in tutte le sue dimensioni (vocazionale, formativa, governativa, relazionale, liturgica, economica…)” (n. 18): precisazione fondamentale, che rende ragione di alcuni importanti passaggi successivi dell’Istruzione, volti proprio a garantire che i monasteri sui juris vivano una vita significativa, che possa essere realmente di esempio al Popolo di Dio. Di fatto, il Dicastero ha dovuto più volte constatare con rammarico l’esistenza di monasteri non più in grado di portare avanti una vita dignitosa, senza che ci fosse una legislazione che dicesse quando e come intervenire al riguardo: l’aver colmato questa lacuna legislativa è sicuramente uno dei punti più importanti e più attesi dell’Istruzione. In questo capitolo la prima parte è dedicata alle fondazioni, prevedendo i due casi in cui a fondare sia un singolo monastero oppure una federazione: criteri di discernimento, condizioni, soggetti coinvolti, modalità di conduzione della fondazione sino alla possibilità dell’erezione canonica… “Si stabilisce che il tempo congruo tra la fondazione e l’erezione di un monastero di monache sia di quindici anni al massimo”: viene dunque fissato un termine di tempo allo scadere del quale dovrà intervenire la Santa Sede, “sentita la Superiora del monastero fondatore, la Presidente federale, l’Assistente religioso e l’Ordinario competente”, per una valutazione sull’opportunità o meno di proseguire (cf. n. 38). Anche in questo caso il desiderio è che i monasteri siano realtà vive e significative, evitando di prolungare esperienze che non hanno ragionevolmente possibilità di futuro. Ancora compito della Santa Sede è dare il benestare per l’erezione canonica, in presenza di alcuni requisiti che dicano la reale possibilità di autonomia del monastero fondato, primo fra tutti la presenza di otto monache di voti solenni (cf. n. 39). A proposito del numero delle monache componenti la comunità, il n. 45 introduce una significativa novità: “Quando in un monastero autonomo le professe di voti solenni giungono al numero di cinque, la comunità di detto monastero perde il diritto all’elezione della propria superiora. In tal caso la Presidente federale è tenuta ad informare la Santa Sede in vista della nomina della Commissione ad hoc” prevista dalla VDq (art. 8 §2). E’ questa una disposizione che sicuramente riguarda un consistente numero di monasteri, ai quali dunque verrà chiesta una presa di coscienza della propria realtà, in un dialogo con la Santa Sede e con le figure di riferimento previste dalla commissione. L’Istruzione passa quindi a considerare una particolare forma di aiuto a monasteri che perdessero la propria autonomia, quella dell’affiliazione, che “si configura come un sostegno di carattere giuridico che deve valutare se l’incapacità di gestire la vita del monastero autonomo … sia solo temporanea o irreversibile, aiutando la comunità del monastero affiliato a superare le difficoltà o a disporre quanto è necessario per addivenire alla soppressione” (n. 55): vengono quindi precisate le norme dell’affiliazione, vera e propria novità dal punto di vista legislativo. Novità preziosa, perché consentirà a molti monasteri in difficoltà di essere affiancati e sostenuti da altre comunità più fiorenti, se si apriranno in spirito di fede e di comunione a questa possibilità di aiuto fraterno, che potrà da una parte aprire percorsi di rivitalizzazione, dall’altra preparare un terreno adatto al trasferimento e all’accoglienza delle monache in caso di chiusura, perché possano continuare a vivere dignitosamente la loro consacrazione. Dopo un breve spazio dedicato alla traslazione, cioè al trasferimento di un monastero da una sede ad un’altra “per giusta causa” (n. 65), l’Istruzione tratta più ampiamente della soppressione, passo sicuramente grave, che la Santa Sede, a cui soltanto spetta il compito della soppressione, decide in un dialogo con la commissione ad hoc e dopo aver verificato l’inefficacia dell’affiliazione. L’ultima parte di questo primo capitolo è infine dedicata a stabilire le norme sulla vigilanza ecclesiale dei monasteri, stabilendo con chiarezza le competenze delle figure a cui spetta la vigilanza, e a definire le relazioni tra monastero e vescovo diocesano, indicando i punti di sollecitudine pastorale del vescovo sui monasteri nel territorio della propria Diocesi; nel caso dei monasteri affidati alla sua vigilanza, questi punti sono da aggiungersi a quelli previsti dall’Istruzione stessa al n. 85.
Il secondo capitolo è dedicato alle “Federazioni dei monasteri”, “struttura di comunione” che si deve alla Sponsa Christi, la Costituzione Apostolica per la vita contemplativa femminile del 1950, precedente quella attuale. In questi circa ormai 70 anni di vita, le federazioni hanno fatto un cammino che ha evidenziato, insieme ai tanti vantaggi e benefici per i monasteri, anche dei limiti e delle lacune a livello legislativo, che l’Istruzione si propone appunto di risolvere e colmare. Innanzi tutto l’Istruzione prevede come criterio di appartenenza ad una federazione non più solo quello geografico, ma l’“affinità di spirito e di tradizioni”, sebbene non debba essere trascurato neppure il criterio di vicinanza geografica (cf. n. 87). Inoltre, in obbedienza a VDq art. 9 §1, chiede che tutti i monasteri siano federati, aggiungendo però che “un monastero, per ragioni speciali, oggettive e motivate, con il voto del capitolo conventuale può chiedere alla Santa Sede di essere dispensato da tale obbligo” (n. 93). Dopo aver precisato alcune norme riguardanti l’amministrazione dei beni da parte della federazione – precisazione doverosa per evitare situazioni di disagio e di dubbio a volte createsi – l’Istruzione passa a delineare la figura della Presidente federale. Se il fine per cui le Federazioni sono nate è quello di permettere che “monasteri che condividono il medesimo carisma non rimangano isolati, ma lo custodiscano nella fedeltà” e si prestino “fraterno aiuto vicendevole” (n. 86), la storia di questi decenni ha evidenziato che per raggiungere tale fine era bene rafforzare la figura della Presidente federale. Pur precisando che “non è una Superiora maggiore” (n. 110), l’Istruzione le attribuisce nuovi compiti e responsabilità: sarà convisitatrice, accompagnando il Visitatore regolare nella visita canonica (n. 112) e sarà tenuta ad informare la Santa Sede dell’esito della visita (n. 115); in caso di necessità visiterà le comunità dei monasteri federati di propria iniziativa, accompagnata da una Consigliera e dall’Economa della Federazione. Sottolineato con forza dall’Istruzione è il compito che le viene affidato nell’ambito delicato della formazione. Dovrà verificare la reale possibilità di curare adeguatamente la formazione iniziale nei monasteri federati, avvisandone la Santa Sede (n.117). Dovrà vigilare anche sulla formazione delle formatrici, potenziando in questo senso la formazione a livello federale e chiedendo l‘obbligo della partecipazione (n. 118); ugualmente farà per le monache in servizio di autorità (n. 118): in entrambe i casi è tenuta ad informare la Santa Sede in caso di mancata partecipazione. Dovrà informare la Santa Sede quando un monastero perdesse la reale autonomia di vita (n. 121), e comunicare qualora una Superiora non desse il permesso ad una sorella di passare ad un altro monastero (n. 122). Spetta inoltre alla Presidente, con il consenso del suo Consiglio, concedere una proroga dell’indulto di esclaustrazione ad una monaca professa di voti solenni – quando si debba prorogare l’anno concesso dalla Superiora maggiore – per un tempo non superiore a due anni (cf. n. 178). Come si vede compiti delicati, importanti in una vita monastica, che richiedono alle monache chiamate a svolgere il servizio di Presidente sapienza, prudenza, carità, conoscenza del carisma e del diritto, come anche sufficiente libertà da impegni nella propria comunità per poter svolgere adeguatamente il proprio ruolo. L’Istruzione passa poi a delineare i compiti del Consiglio federale, anch’essi rafforzati in alcuni ambiti, sia a livello di consiglio sia a livello di consenso, parallelamente a quanto si è deciso per la figura della Presidente, e quelli dell’Assemblea federale. Là dove poi parla degli Uffici federali, insieme alla Segretaria federale emergono due figure che meritano attenzione: l’Economa federale, che già esisteva ma a cui viene ora dato un ruolo più importante, chiedendole di accompagnare la Presidente nella visita regolare (cf. n. 143), e quella della Formatrice federale, “nominata ad nutum dalla Presidente con il consenso del Consiglio federale” (cf. n. 148). L’ultima figura ad essere considerata è quella dell’Assistente religioso, che “rappresenta la Santa Sede presso la Federazione, ma non presso i monasteri che la compongono” (n. 149). Anche di lui si precisa che non è superiore maggiore, e ne vengono poi definiti compiti e modalità di nomina.
Il capitolo terzo tratta un tema di particolare interesse per i monasteri di vita contemplativa oggi, quello della “Separazione dal mondo”. Si ribadisce che “la clausura costituisce un obbligo comune a tutti gli Istituti ed esprime l’aspetto materiale della separazione dal mondo … concorrendo a creare in ogni casa religiosa un’atmosfera ed un ambiente favorevoli al raccoglimento, necessari alla vita propria di ogni Istituto, ma particolarmente quelli dediti alla contemplazione” (n. 156): dunque nella vita contemplativa “merita una particolare attenzione” (n. 157). Dopo aver ricordato i presupposti spirituali e la rilevanza della vita contemplativa nella Chiesa, ribadisce che “la modalità della separazione dall’esterno dello spazio esclusivamente riservato alle monache deve essere materiale ed efficace, non solo simbolica o spirituale”, secondo la modalità che verrà decisa dal Capitolo conventuale (cf. n. 166). Ancora esorta ogni monastero “a mantenere con ogni sollecitudine la sua fisionomia principalmente o prevalentemente contemplativa, impegnandosi … a creare e a vivere un ambito di silenzio esteriore ed interiore, nell’ascesi e nel fervido progresso spirituale, nell’accurata celebrazione della liturgia, nella vita fraterna in comune, nell’osservanza regolare e nella disciplina della separazione dal mondo” (n. 167): esortazione importante e preziosa perché ogni monastero continui ad essere fedele alla propria identità e alla propria missione nella Chiesa. In questo contesto l’Istruzione tratta l’argomento molto attuale dei mezzi di comunicazione, ribadendo quando già precisato da VDq 33-34: si chiede sobrietà e discrezione nell’uso, per salvare il raccoglimento e il silenzio, demandando al Capitolo conventuale il compito di stabilire la modalità di uso di questi mezzi, chiedendo dunque alle monache maturità di giudizio e capacità di discernimento, e soprattutto amore alla propria vocazione contemplativa. In merito poi al discorso della clausura, l’Istruzione interviene con significative modifiche rispetto alla legislazione attuale, in obbedienza a quanto disposto da VDq 31. Viene tolto al Vescovo diocesano come anche all’Ordinario religioso il compito di intervenire in merito alle concessioni di dispense dalla clausura, che ora spettano unicamente alla Superiora maggiore la quale, nel caso in cui tale dispensa supera i 15 giorni, può concederla solo dopo aver ottenuto il consenso del suo Consiglio (cf. nn. 174-175). Ancora, “per giusta causa la Superiora maggiore … con il consenso del suo Consiglio, può autorizzare l’assenza dal monastero della monaca professa di voti solenni, non per più di un anno, sentito il Vescovo Diocesano o l’Ordinario religioso” (n. 176), come anche, sempre “con il consenso del suo consiglio, può concedere l’indulto di esclaustrazione ad una monaca professa di voti solenni, non per più di un anno, previo consenso dell’Ordinario del luogo dove la monaca dovrà dimorare, dopo aver acquisito il parere del Vescovo diocesano o dell’Ordinario religioso competente” (n. 177). Infine, come già visto, sarà la Presidente federale, con il consenso del suo Consiglio, a concedere una proroga dell’indulto di esclaustrazione oltre l’anno fino a due anni, oltre i quali dovrà intervenire la Santa Sede (cf. nn. 179-180). Quindi vengono definiti i criteri per cui un monastero possa dirsi di clausura papale – l’esclusione di “compiti esterni di apostolato” (n. 183) e una vita interamente contemplativa che sia “fondamentalmente ordinata al conseguimento dell’unione con Dio nella contemplazione (n. 187) -, e ne viene stabilita la normativa. Il compito della custodia immediata della clausura viene affidato alla Superiora maggiore (cf. n 196). Diversi articoli dell’Istruzione sottolineano il suo ruolo in questo senso: è lei ad esprimere il giudizio sull’opportunità degli ingressi e delle uscite dalla clausura (cf. n. 197); a nominare una monaca professa di voti solenni per il servizio della portineria e a permettere ad una monaca claustrale di compiere i servizi delle esterne in mancanza di queste (cf. n. 198). Anche se viene comunque ricordato all’intera comunità “l’obbligo morale della tutela, della promozione e dell’osservanza della clausura papale, in modo che motivazioni secondarie o soggettive non prevalgano sul fine che tale tipo di separazione si propone (cf. n. 199). Infine l’Istruzione tratta della clausura definita nelle Costituzioni, tipica di quei “monasteri che associano alla vita contemplativa qualche attività a beneficio del popolo di Dio o praticano forme più ampie di ospitalità” in linea con la propria tradizione (cf. n. 204). Chiarito il senso della clausura monastica, introdotta in Vita Consecrata 59 da san Giovanni Paolo II e ripresa da Vdq 31, che, “in quanto descritta nelle Costituzioni o in altro codice del diritto proprio, è una peculiare espressione della clausura costituzionale” (n. 211), passa poi a delineare la normativa circa la clausura costituzionale. Anche per questo tipo di clausura è la Superiora maggiore a dare i permessi per le entrate e le uscite, a nominare le monache per il servizio della portineria e della foresteria e ad autorizzare le monache a lavorare nelle opere fuori dell’ambito della clausura (cf. nn. 217-218). Serietà e attenzione dunque alla gestione della separazione dal mondo, pur nelle varie forme previste, segno dell’altissima stima che la Chiesa nutre verso la vocazione delle monache contemplative: ed è per questa stima che la Chiesa “le incoraggia a vivere fedelmente e con senso di responsabilità lo spirito e la disciplina della clausura, per promuovere nella comunità un proficuo e completo orientamento verso la contemplazione del Dio Uno e Trino” (n. 182). Il quarto ed ultimo capitolo riguarda “la formazione”. Ribaditi alcuni principi generali, primo fra tutti che “la formazione alla vita monastica contemplativa si fonda nell’incontro personale con il Signore” (n. 221) e “consiste soprattutto nell’identificazione con Cristo” (n. 222), l’Istruzione passa a considerare le singole tappe della formazione, a partire dalla formazione permanente, considerata giustamente all’inizio perché “humus della formazione iniziale” (n. 231; VDq 13). Si ribadisce l’assoluta importanza della formazione permanente, che “deve essere considerata come prioritaria sia nel progetto di vita comunitario, sia nel progetto di vita di ciascuna monaca” (n. 232); a tal fine ogni comunità “è chiamata ad elaborare un programma di formazione permanente sistematico ed integrale, che abbracci tutta l’esistenza della persona” (n. 238). Si affida alla Superiora maggiore il compito di promuovere la formazione permanente, ma si ricorda anche che è responsabilità “di ogni membro della comunità assicurare che la vita fraterna sia formativa” (nn. 239- 240). Infine “si consiglia caldamente la collaborazione tra diverse comunità monastiche, usando i mezzi di comunicazione opportuni” (n. 241). Quindi l’Istruzione passa ad elencare in modo preciso ed esauriente gli strumenti della formazione permanente. Passa poi a trattare della formazione iniziale, “strutturata in tre tappe consecutive: il postulantato, il noviziato e il tempo della professione temporanea o juniorato, precedute dall’aspirantato” (n. 251). La tappa dell’aspirantato e quella del postulantato risultano essere una novità dal punto di vista legislativo, perché non presenti nel Codice di diritto Canonico. Se il postulantato era stato previsto e regolamentato nel diritto proprio di alcuni Istituti, l’aspirantato ad oggi era lasciato alla libertà dei singoli Istituti, con alcune indicazioni di massima nel diritto proprio. L’istruzione lo prevede come tappa della durata di dodici mesi, che può anche essere prolungata fino a due anni, (cf. n. 268), affidando alla Superiora maggiore con il suo consiglio il compito di “stabilire i tempi e le modalità che l’aspirante trascorrerà in comunità e fuori del monastero, tenendo conto di ogni singola candida
ta” (n. 263): viene dunque sottolineata l’importanza di questa tappa preliminare, “considerato come una prima conoscenza del monastero da parte della candidata e della candidata da parte della comunità” (n. 262), nell’attenzione alla persona che si ha di fronte, alla sua situazione a alla sua storia. Segue il postulantato, anch’esso della durata di dodici mesi ma prolungabile fino a due anni, “tappa necessaria per l’adeguata preparazione al noviziato” (n. 269), tempo durante il quale le postulanti “vivono in monastero e seguono le prescrizioni della maestra” (n. 276). Quindi il noviziato, “il tempo della prova, che ha come obiettivo quello di portare la candidata a prendere conoscenza più piena della vocazione secondo uno specifico carisma, verificandone la reale e concreta capacità di viverlo con gioia e generosità, particolarmente in quanto si riferisce alla vita fraterna” (n. 278). Rimangono invariate le disposizioni canoniche circa il noviziato che “ha la durata di due anni dei quali il secondo è quello canonico” (n. 279). Da ultimo la tappa dello juniorato, tempo in cui “l’inserimento nella vita della comunità è pieno, dunque l’obiettivo è quello di sperimentare la capacità della professa temporanea di trovare un proprio equilibrio tra le varie dimensioni della vita monastica … riuscendo a realizzare una propria personale sintesi del carisma” (n. 285). “La professione temporanea è emessa per tre anni e rinnovata annualmente sino al compimento di cinque anni” (n. 287); il tempo può essere prolungato dalla Superiora maggiore, ma “facendo attenzione che non si superino i dodici anni di formazione iniziale” (n. 288). Si osserva così il mandato di Vdq 65, secondo il quale “alla formazione iniziale si deve riservare uno spazio di tempo sufficientemente ampio, non inferiore ai nove anni e né superiore ai dodici”. In ogni caso, tanta è l’attenzione e la cura che il Dicastero vuole si abbia per la formazione, sia iniziale, sia permanente o continua, come pure la formazione delle superiore dei monasteri, delle formatrici e delle econome, che verranno pubblicati dal Dicastero stesso, a seguito e completamento della presente Istruzione, degli Ordinamenti che preciseranno ulteriormente obiettivi, strumenti, criteri e modalità delle varie tappe e dei vari ambiti di formazione (cf. n. 289).
Nelle disposizioni finali si ribadisce con forza ai monasteri che ancora non fossero federati di ottemperare entro un anno all’obbligo di entrare in un Federazione, a meno che non ne siano stati legittimamente dispensati. Questa insistenza è dovuta ai tanti problemi nati in questi anni dall’isolamento di alcuni monasteri, da una parte, e dall’importanza di camminare anche nella vita monastica verso un’ecclesiologia di comunione, dall’altra. Fedeltà alla tradizione e serietà nel ribadire i presupposti e i criteri della vita contemplativa, unite a volontà di rinnovamento in ascolto del cammino della Chiesa dopo il Vaticano II, alla luce dei documenti del Magistero: questi i due binari su cui corre l’Istruzione, che consegnamo alle monache, insieme agli Ordinamenti che presto seguiranno, per ribadire l’amore e la stima che la Chiesa nutre verso di loro. Per concludere Con l’Istruzione Cor Orans, la Chiesa, e in particolare il nostro Dicastero, vuole mostrare, ancora una volta, il grande apprezzamento che ha per la vita contemplativa femminile. E poiché il diritto segue la vita, con questa Istruzione abbiamo cercato di adeguare la legislazione alla vita dei monasteri e, in certi casi, alle possibilità reali di questi nell’osservanza della normativa propria. Questa Istruzione aiuti la vita contemplativa femminile a continuare ad essere “custode di gratuità e di ricca fecondità apostolica” e a essere “sempre testimone visibile di misteriosa e multiforme santità”, arricchendo la Chiesa di Cristo con frutti di grazie e misericordia” (CO, Introduzione). Questo è il nostro augurio.

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ZENIT Staff

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