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Papa Francesco: Oggi la fraternità e l’integrazione rappresentano sfide urgenti

Udienza alla Comunità del Pontificio Collegio Maronita in Roma

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Alle ore 12 di oggi, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Francesco riceve in Udienza la Comunità del Pontificio Collegio Maronita in Roma, nella ricorrenza del decimo anniversario di approvazione del nuovo Statuto del Collegio.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti nel corso dell’incontro:
Eccellenza, cari Fratelli, vi saluto con affetto, contento di accogliervi. Quest’anno ricorre il decimo anniversario dell’approvazione del nuovo Statuto del vostro Collegio. È l’occasione, oltre che per incontrarci, anche per fare memoria della vostra storia e per approfondire le vostre radici. In realtà, questo stesso tempo che trascorrete a Roma è un tempo per rinsaldare le radici. Penso alle radici presenti nel nome stesso della vostra Chiesa, che ci riporta a san Marone – lo avete celebrato pochi giorni fa – e, con lui, al monachesimo, a quella forma di vita che non si accontenta di una fede moderata e discreta, ma avverte il bisogno di andare oltre, di amare con tutto il cuore. Vite povere agli occhi del mondo, ma preziose per Dio e per gli altri. È attingendo a queste sorgenti pure che il vostro ministero sarà acqua buona per gli assetati di oggi. Il nostro cuore, come una bussola, cerca dove orientarsi e si dirige verso ciò che ama; «dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore» (Mt 6,21), dice Gesù. Voi, in questi anni, aiutati dalla formazione spirituale, dallo studio, dalla vita comunitaria, avete la grazia di assestare bene il cuore, perché trovi lo slancio dei vostri grandi padri e madri nella fede. C’è però il rischio, oggi, di venire assorbiti dalla cultura del provvisorio e dell’apparenza. Questi anni sono l’occasione per farsi gli anticorpi contro la mondanità e la mediocrità. Sono anni di esercizio nella “palestra romana”, dove con l’aiuto di Dio e di chi vi accompagna nel cammino potete rinsaldare le fondamenta: anzitutto quelle di una indispensabile disciplina spirituale, che si fonda sui pilastri della preghiera e del lavoro interiore. Una preghiera liturgica e personale a cui non bastino bei riti, ma che porti la vita davanti al Signore e il Signore dentro la vita. Un lavoro interiore paziente che, aperto al confronto, aiutato dallo studio e temprato dall’impegno, operi un discernimento che riconosca le tentazioni e smascheri le falsità, per vivere il ministero nella più grande libertà, senza doppiezze, senza infingimenti. L’arricchimento umano, intellettuale e spirituale che ricevete in questi anni non è un premio per voi, tanto meno un bene da far fruttare per la propria carriera, ma un tesoro destinato ai fedeli che vi aspettano nelle vostre Eparchie e ai quali la vostra vita attende di essere donata. Perché non sarete chiamati a esercitare, anche bene, un incarico – non basta! – ma a vivere una missione, senza risparmio, senza tanti calcoli, senza limiti di disponibilità. Avrete voi stessi bisogno di ascoltare tanto la gente: Dio, infatti, vi confermerà anche attraverso le loro vite, attraverso molti incontri, attraverso le sue imprevedibili soprese. E voi, come Pastori a stretto contatto col gregge, assaporerete la gioia più genuina quando vi chinerete su di loro, facendo vostre le loro gioie e le loro sofferenze, e quando, al termine della giornata, potrete raccontare al Signore l’amore che avrete ricevuto e donato. Tutto questo siete chiamati a vivere in un tempo non privo di sofferenze e di pericoli, ma anche gravido di speranze. Il popolo che vi sarà affidato, disorientato dall’instabilità che purtroppo continua a ripercuotersi sul Medio Oriente, cercherà in voi dei Pastori che lo consolino: Pastori con la parola di Gesù sulle labbra, con le mani pronte ad asciugare le lacrime e ad accarezzare volti sofferenti; Pastori dimentichi di sé e dei propri interessi; Pastori che non si scoraggiano mai, perché traggono ogni giorno dal Pane Eucaristico la dolce forza dell’amore che sazia; Pastori che non hanno paura di “farsi mangiare” dalla gente, come pani buoni offerti ai fratelli. Di fronte alle molteplici necessità che vi attendono, può venire la tentazione di agire alla maniera del mondo, ricercando chi è forte piuttosto che chi è debole, guardando a chi ha mezzi piuttosto che a chi ne è privo. Ma quando arriva questa tentazione, occorre tornare subito alle radici, a Gesù che rifiutò il successo, la gloria, il denaro, perché l’unico tesoro che orientava la sua vita era la volontà del Padre: annunciare la salvezza per tutti i popoli, proclamare con la vita la misericordia di Dio. Questo cambia la storia. E tutto comincia dal non perdere di vista Gesù, dal guardarlo come lo hanno guardato San Marone, San Charbel, Santa Rafqa e molti altri vostri “eroi di santità”. Sono loro i modelli da imitare per respingere le tentazioni di carrierismo, potere, clericalismo. Il corso che onora la vita cristiana non è l’ascesa verso i premi e le sicurezze appaganti del mondo, ma la discesa umile nel servizio. È la strada di Gesù, non ce n’è un’altra. Vorrei ancora condividere con voi due desideri, pensando al vostro prezioso ministero. Il primo: la pace. Oggi la fraternità e l’integrazione rappresentano sfide urgenti, non più rimandabili, e a questo proposito il Libano non ha solo qualcosa da dire, ma una speciale vocazione di pace da compiere nel mondo. Tra i figli della vostra terra, voi, in modo particolare, sarete chiamati a servire tutti come fratelli, anzitutto sentendovi di tutti fratelli. Aiutati dalle vostre conoscenze, adoperatevi perché il Libano possa sempre corrispondere «alla sua vocazione di essere luce per i popoli della regione e segno della pace che viene da Dio» (GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. postsin. Una speranza nuova per il Libano, 125). Il secondo desiderio riguarda i giovani. Come Chiesa vogliamo averli sempre più a cuore, accompagnarli con fiducia e pazienza, dedicando loro tempo e ascolto. I giovani sono la promessa dell’avvenire, il più serio investimento per il vostro ministero. Papa Benedetto, incontrandoli, disse: «Giovani del Libano, siate accoglienti e aperti, come Cristo vi chiede e come il vostro Paese vi insegna» (Incontro con i giovani, 15 settembre 2012). A voi la missione di aiutarli ad aprire il cuore al bene, perché sperimentino la gioia di accogliere il Signore nella loro vita. Cari fratelli, vi ringrazio per la vostra presenza e, mentre vi affido alla protezione di Nostra Signora del Libano e dei vostri grandi Santi, vi do la mia benedizione e vi chiedo di ricordarmi nella preghiera. Grazie!

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ZENIT Staff

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