Alle 16.00 locali (11.00 ora di Roma), il Santo Padre Francesco è arrivato alla Cattedrale di Dhaka ed è stato accolto dal Card. Patrick D’Rozario, C.S.C., Arcivescovo di Dhaka. Lungo il percorso, il Santo Padre ha bendetto le targhe commemorative delle visite papali a Dhaka (Paolo VI, il 27 novembre 1970; San Giovanni Paolo II, il 19 novembre 1986; Francesco, 1° dicembre 2017) e dei due nuovi edifici per gli anziani e per i sacerdoti. Dopo aver salutato i 20 membri del Comitato Organizzatore, Papa Francesco e il Cardinale sono entrati nella Cattedrale dove erano presenti circa 700 fedeli e benefattori che il Papa ha salutato e benedetto. In seguito il Santo Padre si è raccolto in preghiera silenziosa nella Cappella del Santissimo e, uscito dalla chiesa, ha pregato sulla tomba dei tre precedenti Ordinari di Dhaka. Il Pontefice si è poi recato a piedi alla Casa dei sacerdoti anziani per incontrare i Vescovi del Bangladesh. I dieci Vescovi e alcuni membri del Seguito Papale si erano radunati già nella casa dove il Card. Patrick D’Rozario, C.S.C., Presidente della Conferenza Episcopale del Bangladesh, ha salutato il Papa. Il Pontefice si è rivolto ai Vescovi con un discorso.
„Vi chiedo di perseverare in questo ministero di presenza, che solo può stringere legami di comunione unendovi ai vostri sacerdoti, che sono vostri fratelli, figli e collaboratori nella vigna del Signore, e ai religiosi e alle religiose che rendono un così fondamentale contributo alla vita cattolica in questo Paese. Nello stesso tempo, vi chiederei di mostrare una vicinanza anche più grande verso i fedeli laici“, ha esortato Papa Francesco sottolineando il valore dei carismi dei laici.
L’attenzione del Santo Padre si è rivolto anche alla pastorale per i giovani e l’assistenza per i poveri. “Un obiettivo significativo indicato nel Piano Pastorale, e che si è davvero dimostrato profetico, è l’opzione per i poveri. La Comunità cattolica in Bangladesh può essere fiera della sua storia di servizio ai poveri, specialmente nelle zone più remote e nelle comunità tribali“ […]. Papa Francesco ha sottolineato l’importanza della cultura della misericordia.
In seguito, il Santo Padre ha parlato dell’importanza del dialogo interreligioso in Bangladesh: “La vostra è una nazione dove la diversità etnica rispecchia la diversità delle tradizioni religiose. L’impegno della Chiesa di portare avanti la comprensione interreligiosa tramite seminari e programmi didattici, come anche attraverso contatti e inviti personali, contribuisce al diffondersi della buona volontà e dell’armonia.“
Papa Francesco ha ricordato ai Vescovi la necessità di costruire una “nazione nell’unità, nella giustizia e nella pace“. “Quando i capi religiosi si pronunciano pubblicamente con una sola voce contro la violenza ammantata di religiosità e cercano di sostituire la cultura del conflitto con la cultura dell’incontro, essi attingono alle più profonde radici spirituali delle loro varie tradizioni.”
Dover aver pronunciato il discorso, il Santo Padre ha benedetto sette sacerdoti malati. Il programma odierno si è concluso nel giardino dell’Arcivescovado per l’incontro Interreligioso ed Ecumenico per la Pace.
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Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre pronuncia nel corso dell’incontro con i Vescovi:
Eminenza,
Cari Fratelli nell’Episcopato,
Quanto è bene per noi stare insieme! Ringrazio il Cardinale Patrick [D’Rozario] per le sue parole di introduzione, con cui ha presentato le svariate attività spirituali e pastorali della Chiesa in Bangladesh. Ho particolarmente apprezzato il suo riferimento al lungimirante Piano Pastorale del 1985, che ha messo in luce i principi evangelici e le priorità che hanno guidato la vita e la missione della comunità ecclesiale in questa giovane nazione. La mia personale esperienza di Aparecida, che ha lanciato la missione continentale in Sud America, mi ha convinto della fecondità di tali piani, che coinvolgono l’intero popolo di Dio in un continuo processo di discernimento e di azione.
Mi piace anche la durata di questo piano pastorale, perché una delle malattie dei piani pastorali è che muoiono giovani. Ma questo è vivo dall’’85: complimenti! Auguri! Si vede che è stato ben fatto, che riflette la realtà del Paese e i bisogni pastorali; e riflette anche la perseveranza dei vescovi. La realtà della comunione è stata al cuore del Piano Pastorale e continua ad ispirare lo zelo missionario che distingue la Chiesa in Bangladesh. La vostra stessa guida episcopale è stata tradizionalmente segnata dallo spirito di collegialità e di mutuo sostegno. E questo è grande! Questo spirito di affetto collegiale viene condiviso dai vostri sacerdoti e, tramite loro, si è propagato alle parrocchie, alle comunità e alle diverse forme di apostolato delle vostre Chiese locali. Esso trova espressione nella serietà con cui, nelle vostre diocesi, vi dedicate alle visite pastorali e dimostrate concreto interesse per il bene della vostra gente. Vi chiedo di perseverare in questo ministero di presenza. Voglio sottolineare che cosa vuol dire: non solo farsi vedere – si può farsi vedere mediante la tv -; ma una presenza come quella di Dio in noi, che si è fatto vicinanza, che si è fatto prossimità nell’Incarnazione del Verbo, nella condiscendenza, quella condiscendenza del Padre che ha mandato il Figlio a farsi uno di noi. E mi piace come voi abbiate coniato questa parola: “ministero di presenza”. Il vescovo è uno che è presente, che è vicino ed è prossimo. Sempre. Ripeto: perseverare in questo ministero di presenza, che solo può stringere legami di comunione unendovi ai vostri sacerdoti, che sono vostri fratelli, figli e collaboratori nella vigna del Signore, e ai religiosi e alle religiose che rendono un così fondamentale contributo alla vita cattolica in questo Paese. Una parola vorrei sottolineare sui religiosi. Siamo abituati a dire: sì, ci sono due vie di santificazione nella Chiesa: la via presbiterale e la via laicale. Ma le suorine, cosa sono? Laiche? No. Per favore, bisogna far crescere l’idea che c’è una terza via di santificazione: la via della vita consacrata. Che non è un aggettivo: “questo è un laico, una laica consacrata”; è un sostantivo:
“questo è un consacrato, questa è una consacrata”. Come diciamo “questo è un laico o una laica”, e “questo è un sacerdote”. E’ importante. Nello stesso tempo, vi chiederei di mostrare una vicinanza anche più grande verso i fedeli laici. Loro devono crescere. Bisogna promuovere la loro effettiva partecipazione nella vita delle
vostre Chiese particolari, non da ultimo tramite le strutture canoniche che fanno sì che le loro voci vengano ascoltate e le loro esperienze apprezzate. Riconoscete e valorizzate i carismi dei laici,
uomini e donne, e incoraggiateli a mettere i loro doni al servizio della Chiesa e della società nel suo complesso. Penso qui ai numerosi zelanti catechisti di questa nazione – i catechisti sono i pilastri dell’evangelizzazione! -, il cui apostolato è essenziale alla crescita della fede e alla formazione cristiana delle nuove generazioni. Essi sono veri missionari e guide di preghiera, specie nelle zone più remote. Siate attenti ai loro bisogni spirituali e alla loro costante formazione nella fede. I catechisti. Ma anche i laici che ci aiutano e ci sono vicini, i consiglieri: i consiglieri pastorali, i
consiglieri negli affari economici. In una riunione avuta sei mesi fa, ho sentito dire che forse un po’ più della metà delle diocesi, la metà o un po’ di più, ha i due consigli che il Diritto Canonico ci chiede di avere: quello pastorale e quello degli affari economici. E l’altra metà? Questo non può essere. Non è solo una legge, non è solo un aiuto, è spazio per i laici.
In questi mesi di preparazione per la prossima assemblea del Sinodo dei Vescovi, siamo tutti sollecitati a riflettere su come rendere meglio partecipi i nostri giovani della gioia, della verità e della bellezza della nostra fede. Il Bangladesh è stato benedetto con vocazioni al sacerdozio – oggi l’abbiamo visto! – e alla vita religiosa; è importante assicurare che i candidati siano ben preparati per comunicare le ricchezze della fede agli altri, particolarmente ai loro contemporanei. In uno spirito di comunione che unisce le generazioni, aiutateli a prendere in mano con gioia ed entusiasmo
il lavoro che altri hanno iniziato, sapendo che essi stessi un giorno saranno chiamati a loro volta a trasmetterlo. Quell’atteggiamento interiore di ricevere l’eredità, farla crescere e trasmetterla: questo
è lo spirito apostolico di un presbiterio. Che i giovani sappiano che il mondo non incomincia con loro, che loro devono cercare le radici, devono cercare le radici storiche, religiose… Far crescere quelle radici e trasmettere i frutti. Insegnate ai giovani a non essere sradicati; insegnate loro a colloquiare con gli anziani. Quando sono entrato qui [nell’Arcivescovado] c’erano i seminaristi delle medie. Dovevo fare loro due domande, en passant, ma ne ho fatta una soltanto, la prima, la più naturale: “Giocate a calcio?”. Tutti: “Sì!”. La seconda era: “Andate a trovare i nonni, i preti anziani? A sentire le storie della loro vita, del loro apostolato?”. I formatori del seminario devono educare i giovani seminaristi ad ascoltare i vecchi preti: lì ci sono le radici, lì c’è la saggezza della Chiesa.
Una notevole attività sociale della Chiesa in Bangladesh è diretta all’assistenza delle famiglie e, specificamente, all’impegno per la promozione delle donne. La gente di questo Paese è nota per il suo amore alla famiglia, per il suo senso di ospitalità, per il rispetto che mostra verso i genitori e i nonni e la cura verso gli anziani, gli infermi e i più indifesi. Questi valori sono confermati ed elevati dal Vangelo di Gesù Cristo. Una speciale espressione di gratitudine è dovuta a tutti coloro che lavorano silenziosamente per sostenere le famiglie cristiane nella loro missione di dare quotidiana testimonianza all’amore riconciliante del Signore e nel far conoscere il suo potere di redenzione. Come l’Esortazione Ecclesia in Asia ha segnalato, «la famiglia non è semplicemente l’oggetto della cura pastorale della Chiesa, ma ne è anche uno degli agenti di evengelizzazione più efficaci» (n. 46).
Un obiettivo significativo indicato nel Piano Pastorale, e che si è davvero dimostrato profetico, è l’opzione per i poveri. La Comunità cattolica in Bangladesh può essere fiera della sua storia di servizio ai poveri, specialmente nelle zone più remote e nelle comunità tribali; continua questo servizio quotidianamente attraverso il suo apostolato educativo, i suoi ospedali, le cliniche e i centri di salute, e la varietà delle sue opere caritative. Eppure, specie alla luce della presente crisi dei rifugiati, vediamo quanto ancora maggiori siano le necessità da raggiungere! L’ispirazione per le vostre opere di assistenza ai bisognosi sia sempre la carità pastorale, che è sollecita nel riconoscere le umane ferite e rispondere con generosità, a ciascuno personalmente. Nel lavorare per creare una “cultura di misericordia” (cfr Lett. ap. Misericordia et misera, 20). In questo lavoro, le vostre Chiese locali dimostrano la loro opzione per i poveri, rafforzano la proclamazione dell’infinita misericordia del Padre e contribuiscono in non piccola misura allo sviluppo integrale
della loro patria. Un importante momento della mia visita pastorale in Bangladesh è l’incontro interreligioso ed ecumenico che avrà luogo immediatamente dopo il nostro incontro. La vostra è una nazione dove la diversità etnica rispecchia la diversità delle tradizioni religiose. L’impegno della Chiesa di portare avanti la comprensione interreligiosa tramite seminari e programmi didattici, come anche attraverso contatti e inviti personali, contribuisce al diffondersi della buona volontà e dell’armonia. Adoperatevi incessantemente a costruire ponti e a promuovere il dialogo, non solo perché questi sforzi facilitano la comunicazione tra diversi gruppi religiosi, ma anche perché risvegliano le energie spirituali necessarie per l’opera di costruzione della nazione nell’unità, nella giustizia e nella pace. Quando i capi religiosi si pronunciano pubblicamente con una sola voce contro la violenza ammantata di religiosità e cercano di sostituire la cultura del conflitto con la cultura dell’incontro, essi attingono alle più profonde radici spirituali delle loro varie tradizioni. Essi provvedono anche
un inestimabile servizio per il futuro dei loro Paesi e del nostro mondo insegnando ai giovani la via della giustizia: «occorre accompagnare e far maturare generazioni che rispondano alla logica
incendiaria del male con la paziente ricerca del bene» (Discorso ai partecipanti alla Conferenza internazionale per la pace, Al-Azhar, Il Cairo, 28 aprile 2017). Cari confratelli Vescovi, sono grato al Signore per questi momenti di conversazione e condivisione fraterna. Sono anche contento che questo Viaggio Apostolico, che mi ha condotto in Bangladesh, mi ha permesso di testimoniare la vitalità e il fervore missionario della Chiesa in questa nazione. Nel presentare al Signore le gioie e le difficoltà delle vostre comunità locali,
chiediamo insieme una rinnovata effusione dello Spirito Santo, perché ci conceda «il coraggio di annunciare la novità del Vangelo con audacia – parrhesía – a voce alta e in ogni tempo e luogo,
anche controcorrente» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 259). Possano i sacerdoti, i religiosi, i consacrati e le consacrate, e i fedeli laici affidati alla vostra cura pastorale, trovare una sempre rinnovata forza nei loro sforzi di essere «evangelizzatori che annuncino la Buona Notizia non solo con le parole, ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio» (ibid.). A tutti voi, con grande affetto, imparto la mia benedizione, e vi chiedo, per favore, di pregare per me. Grazie.
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