“Veni Domine — Advent & Christmas at the Sistine Chapel”. Questo il titolo del nuovo album realizzato dal Coro della Cappella Sistina e edito dalla prestigiosa etichetta discografica “Deutsche Grammophon”, che è stato presentato oggi, martedì 24 ottobre 2017, in Vaticano durante una conferenza stampa.
Tutti i brani eseguiti sul nuovo disco, che vede la partecipazione del noto mezzosoprano romano Cecilia Bartoli, risalgono al XV e XVI secolo e sono stati composti appositamente per le celebrazioni pontificie.
Il repertorio del CD è stato scelto tra i manoscritti rinascimentali del fondo della “Cappella Sistina” conservato nella Biblioteca apostolica vaticana, definito nel corso della conferenza stampa dal prefetto della Casa Pontificia, mons. Georg Gänswein, non solo “uno scrigno davvero prezioso” ma anche “uno dei più grandi archivi di musica rinascimentale al mondo dove si trovano i manoscritti dei più grandi compositori di questo periodo storico”.
Secondo il presule tedesco, la nuova produzione è “particolarmente pregnante non solo per la qualità dell’esecuzione, ma anche per la scelta delle musiche le quali ci introducono nel cuore del mistero cristiano: l’incarnazione del Verbo, il Natale del Signore”.
Si tratta, così ha affermato il segretario particolare di Benedetto XVI, di “testi che ispirano intima gioia e ci immergono in un orizzonte di rara bellezza che esprime, per dirla con Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, l’allegrezza del creato e dell’uomo per la nascita del Salvatore”.
Da parte sua, il direttore del coro, mons. Massimo Palombella, ha affermato che il repertorio del disco è stato selezionato in funzione della “frequenza di questa musica nelle Celebrazioni Papali”.
“La produzione natalizia del Rinascimento”, ha proseguito e avvertito il direttore, risulta “leggermente lontana da ciò che noi ci aspetteremmo musicalmente circa il Natale.”
Infatti, “nella musica rinascimentale”, così ha spiegato, “la preoccupazione primaria sembra essere quella di una collocazione ‘teologica’ dell’Incarnazione in relazione a tutta la vita di Gesù.”
La conferenza stampa si è conclusa con l’esecuzione dal vivo da parte del Coro della Cappella Sistina di un brano di Giovanni Pierluigi da Palestrina. (pdm)
Riportiamo di seguito il testo dell’intervento di mons. Gänswein e di mons. Palombella.
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Mons. Gänswein
Per il terzo anno consecutivo ho l’onore ed il piacere di presentare un CD inciso dalla Cappella Musicale Pontificia, nella sua sede naturale la Cappella Sistina, edito dalla prestigiosa etichetta discografica Deutsche Grammophon.
Si tratta per me e la Prefettura della Casa Pontificia, della quale la Cappella Musicale Pontificia è parte integrante, di un appuntamento diventato una consuetudine che si consolida nel tempo ed esprime un progetto di ampio respiro e di indubbia qualità culturale e spirituale. Sinceramente, quando tre anni fa fu edito il primo CD non avrei immaginato che tale iniziativa avesse trovato tanta benevola accoglienza. Si tratta così di un traguardo, quello di oggi, significativo sotto molteplici aspetti: innanzitutto per i risultati ottenuti dai due CD già pubblicati che hanno attirato l’interesse di un pubblico vasto, poi, per il CD che stiamo presentando che è particolarmente pregnante non solo per la qualità dell’esecuzione, ma anche per la scelta delle musiche le quali ci introducono nel cuore del mistero cristiano: l’incarnazione del Verbo, il Natale del Signore. Dunque testi che ispirano intima gioia e ci immergono in un orizzonte di rara bellezza che esprime, per dirla con Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, l’allegrezza del creato e dell’uomo per la nascita del Salvatore. Inoltre, questa nuova produzione, incentrata sul tempo liturgico del Natale, si fonda sulla caratteristica – più unica che rara – di tradurre in suono i manoscritti presenti nel fondo “Cappella Sistina” conservato nella Biblioteca Apostolica, uno scrigno davvero prezioso che la Cappella Musicale, sotto la guida del Maestro Palombella e dei suoi collaboratori, sta sapientemente aprendo, direi quasi, svelando al pubblico. Prendendo in mano questo CD, con il libretto allegato, ci si potrà facilmente rendere conto del grande lavoro, che quest’anno vede anche la collaborazione del famoso mezzosoprano Cecilia Bartoli, di studio e ricerca teso ad una progettuale valorizzazione del patrimonio culturale e musicale della Santa Sede. Infatti, il fondo “Cappella Sistina” nella Biblioteca Vaticana risulta essere uno dei più grandi archivi di musica rinascimentale al mondo dove si trovano i manoscritti dei più grandi compositori di questo periodo storico.
Il traguardo raggiunto è frutto della collaborazione tra la Cappella Musicale Pontificia e Deutsche Grammophon che costituisce un valore aggiunto per entrambi le parti, di cui siamo orgogliosi e contenti.
Tutto questo, però, ha la sua piena ragion d’essere nel contesto del servizio ecclesiale che anche il Coro del Papa è chiamato a svolgere. Una produzione discografica di questo tipo è, infatti, un annuncio della Buona Notizia che si attua attraverso l’arte, specificatamente la musica, affinché il contatto di tante persone di cultura e estrazione diverse con un specifico repertorio musicale e con tutta la ricerca di Dio che vi trasuda, possa provocare una crescita nel cammino spirituale e addirittura un primo interrogarsi su Colui che è all’origine di ogni bellezza. Così anche attraverso la musica si può, come dice Papa Francesco, andare in “periferia” per offrire a tutti una concreta possibilità di incontro con un Dio che ama, perdona e desidera per ognuno di noi “vita in abbondanza”.
In tutto ciò si comprende la grande responsabilità della Cappella Sistina nel proporre il suo repertorio musicale eseguito con pertinenza estetica e alta professionalità. Per questa storica Istituzione sono lo studio quotidiano, la costante ricerca, la doverosa sperimentazione e il necessario confronto culturale, gli strumenti concreti del proprio servizio ecclesiale.
Vorrei concludere esprimendo la mia gratitudine a tutti coloro che con la loro passione e professionalità hanno permesso questa nuova produzione: al Maestro della Cappella Sistina, ai cantori adulti, ai pueri cantores e alle famiglie di questi ragazzi che, fidandosi del progetto educativo e del sereno clima che si respira nella scuola annessa alla Cappella Musicale, permettono ai loro figli di fare un’esperienza del tutto unica. Un grazie a Deutsche Grammophon e ai suoi dirigenti per la feconda collaborazione creata con il Coro del Papa e per la raffinata sensibilità culturale.
Possa davvero questo nuovo CD musicale con la sua bellezza riempire il nostro cuore di vera gioia.
[01597-IT.01] [Testo originale: Italiano]
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Mons. Palombella
I fondi musicali antichi della Biblioteca Apostolica Vaticana, tra i più cospicui e importanti al mondo, a partire dalla seconda metà del secolo XVIII hanno rappresentato, per la storiografia musicale e per la ricerca musicologica, documenti imprescindibili di riferimento. I tesori di polifonia dei periodi umanistico, rinascimentale e barocco, conservati soprattutto nelle collezioni Cappella Sistina e Cappella Giulia, sono stati e continuano ad essere oggetto di studio da parte di ricercatori di tutto il mondo, soprattutto dopo il loro trasferimento dalle cantorie delle rispettive istituzioni di appartenenza alla Biblioteca Apostolica Vaticana (anni Trenta-Quaranta del secolo scorso per i materiali della Giulia, alcuni decenni prima per quelli della Sistina). Furono così resi disponibili indici e cataloghi che consentono l’accesso e la consultazione di tali patrimoni.
Il Maestro Direttore della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” ha la fantastica opportunità di avere accesso a tutti i fondi musicali presenti in detta Biblioteca. Ciò lo pone di fronte a una duplice responsabilità culturale: in primo luogo ridare vita a composizioni ormai del tutto dimenticate; in seconda istanza sperimentare, nel confronto tra manoscritti e stampe antiche, una prassi musicale pertinente, che cerchi di tradurre, grazie agli studi scientifici e ai mezzi oggi a nostra disposizione, il “segno grafico” in “segno sonoro”.
Per la concreta fruizione dell’immensa mole del materiale musicale presente è doveroso definire un criterio di ricerca. In questo CD tale criterio è stato identificato nel tempo liturgico di Avvento e Natale, criterio di ricerca ulteriormente “raffinato” attraverso la consultazione delle diverse fonti che descrivono storicamente le Celebrazioni Papali e la loro prassi musicale. Questo lavoro ha così individuato una proposta musicale che ha come fonte primaria il fondo Cappella Sistina della Biblioteca Apostolica Vaticana, come criterio di scelta il tempo di Avvento e Natale e come ulteriore criterio di “identificazione”, la frequenza di questa musica nelle Celebrazioni Papali.
Ciò che accomuna i brani musicali di questo CD è l’intenzione di farne una edizione critica basata o sul manoscritto o sulla stampa antica presente nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Questo attento lavoro ha permesso di identificare tutti i “colores minores”, offrendo una proposta di realizzazione dei medesimi che ha richiesto talvolta agilità virtuosistiche ad alcune sezioni del coro, e ha reso possibile, attraverso la grafia rinascimentale, definire il tactus implicito indicato dal compositore e curare al meglio i corretti rapporti tra proporzioni.
Il confronto tra le composizioni del XV e del XVI secolo, e la considerazione del ruolo che la Cappella Musicale Pontificia ha avuto storicamente in questo cambio di estetica, ci conduce necessariamente a riflettere sulla Riforma Liturgica del Concilio di Trento e su quanto questo Concilio e la sua applicazione ha richiesto alla musica destinata alla Liturgia. In sintesi, l’attenzione al testo e la richiesta di emendare ciò che fosse “lascivo e impuro” scaturiva dall’istanza conciliare di riportare la musica destinata alla Liturgia alla sua funzione primaria, quella di dare forma sonora ad un testo, compiendo attraverso questo processo una “esegesi” del medesimo. Questo è ciò che esattamente fece il Canto Gregoriano. Infatti, attraverso la sua grammatica (i modi, i toni…), in quel preciso momento storico ha “spiegato” la Rivelazione, ha fatto “esegesi” della Parola di Dio. Lo stesso processo è stato compiuto dalla Polifonia rinascimentale, in un’altra estetica rispetto a quella del Canto Gregoriano. Attraverso la sua grammatica, più evoluta rispetto alla monodia, essa ha nuovamente dato forma sonora ad un testo spiegando, a suo modo, la Rivelazione.
Solo in questa prospettiva possiamo collocare rettamente la produzione natalizia del Rinascimento, la quale oggi risulta essere leggermente lontana da ciò che noi ci aspetteremmo musicalmente circa il Natale. Infatti, il clima natalizio a cui il barocco compiuto e la successiva produzione musicale ci ha abituati, non si trova ancora nella musica rinascimentale, dove invece la preoccupazione primaria sembra essere quella di una collocazione “teologica” dell’Incarnazione in relazione a tutta la vita di Gesù. In quella temperie culturale insieme al Natale risuonava intrinsecamente anche la Pasqua, compimento dell’Incarnazione, e nell’insieme si percepiva sullo sfondo, quasi come un “retrogusto”, la passione e morte di Gesù. È esattamente come nell’antica iconografia, in cui si rappresentava la Natività con il bambino deposto in una mangiatoia a forma di sarcofago, per dire chiaramente che quel neonato dovrà morire per la nostra salvezza. In questa prospettiva teologica il mottetto Dies sanctificatus di Giovanni Pierluigi da Palestrina è emblematico. Vi troviamo, infatti, l’inserzione di un frammento testuale tipicamente pasquale, “Haec dies quam fecit Dominus”, e la sezione finale con le note annerite sul testo “Exultemus, et laetemur in ea”, la quale – se si realizza con la pertinenza dei colores minores indicati – obbliga ad una estrema leggerezza che sembra non essere “conclusiva” del mottetto, ma rimandare ad un suo compimento nel giorno di Pasqua1.
Lo studio dei manoscritti e delle stampe antiche, con la preoccupazione di tradurne in suono pertinente la specifica grafia, impone necessariamente una vocalità particolare, che permetta le agilità e le raffinatezze richieste dalla stessa grafia musicale. Tale vocalità è confermata ulteriormente dalla caratteristica acustica dello spazio architettonico della Cappella Sistina, che richiede un preciso suono, molto controllato, ma insieme ricco di sfumature e colori, esattamente come gli affreschi michelangioleschi, un suono che si allontana decisamente da quello con il quale la Cappella Musicale Pontificia si era identificata in tempi più recenti, nell’ingenua illusione di essere l’erede di una “antica scuola”.
Tutta la musica presente in questo CD è stata storicamente composta per le Celebrazioni Papali e continua oggi, anche dopo la Riforma Liturgica del Concilio Vaticano II, ad esserne parte con l’attenta preoccupazione di precisa “pertinenza celebrativa”. L’incisione di un repertorio qualificato come “musica antica”, non è compiere un’operazione archeologica, o nostalgica o anche semplicemente culturale. L’operazione risponde alla volontà di restituire un segno sonoro “antico” e dunque “prezioso”, capace di resistere in modo fecondo alla storia e continuare così ad essere attuale, “vivo”. Ciò ha imposto onestamente, negli inni dei Vespri di Avvento (Conditor alme siderum) e di Natale (Christe redemptor omnium), per quanto compete il Canto Gregoriano, l’uso dei testi e delle melodie presenti nel Liber Hymnarius di Solesmes (1983) – in luogo del Graduale Mediceo o del Liber Usualis o di quanto riportato negli stessi manoscritti – libro che ci ha consegnato la Riforma Liturgica del Concilio Vaticano II, restituendoci, attraverso il serio e professionale studio dei monaci solesmensi, testi e melodie “antiche”, purificate da tante “incrostazioni” storiche.
L’opportunità e la fortuna di lavorare costantemente per la Liturgia, e in questa di essere sfidati quotidianamente dall’ultima grande Riforma Liturgica della Chiesa Cattolica, quella del Concilio Vaticano II, lentamente ci conduce “oltre” i necessari e imprescindibili studi scientifici, verso il punto di arrivo della seria professionalità nella pratica della musica “antica” scritta per la Liturgia. Ci impone anche, con tutti i limiti e le contingenze, attraverso l’immenso patrimonio culturale della Chiesa, lo sforzo di incontrare il più possibile l’uomo di oggi – non quello del Rinascimento – per offrirgli l’opportunità di andare “oltre” la contingenza, “oltre” lo spazio e il tempo e, forse, ritrovare una parte di sé stesso.
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NOTE
1 L’uso del tempus imperfectum non diminutum quale mensura di questo mottetto introduce un tempo proprio del madrigale nel mottetto sacro. Tale procedimento serve a rappresentare l’evento del Natale in un tempo allegramente mosso e, oltre a ciò, le note nere della sezione finale – nel senso di una “musica per gli occhi” – potrebbero essere interpretate come simbolo della futura strada di dolore del Cristo che gli viene predestinata già con la nascita (cf. Ackermann P., Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, III, 1 [Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, Roma, 2008], XXXVII).
[01594-IT.01] [Testo originale: Italiano]