Questo mondo ha bisogno di moltiplicare la presenza di sacerdoti tra la gente. È una necessità impellente perché il vangelo trovi più voci e cuori per la sua divulgazione, nonostante infiniti impedimenti che questo tempo mette in atto ogni giorno. Papa Francesco parlando qualche giorno addietro al termine del Convegno Internazionale sulla Ratio Fundamentalis, promosso dalla Congregazione per il Clero, ha sottolineato l’importanza della formazione quotidiana dei sacerdoti, a loro volta formatori del prossimo da salvare e redimere. Chiaro in proposito questo suo passaggio:
“Abbiate a cuore la formazione sacerdotale: la Chiesa ha bisogno di preti capaci di annunciare il vangelo con entusiasmo e sapienza, di accendere la speranza là dove le ceneri hanno ricoperto le braci della vita, e di generare la fede nei deserti della storia”. Per il Santo Padre tutto ruota attorno al vangelo, ecco perché va sempre annunciato con ardore e saggezza. I tempi che viviamo ci consegnano spesse volte un laicismo con il vento in poppa, irriverente verso la Parola e la storia umana da essa tracciata, fino al punto di snobbare la presenza del Figlio dell’uomo nella realtà terrena.
Il presidente della Conferenza Episcopale Calabra, mons. Vincenzo Bertolone, ci ricorda infatti in un suo recente articolo su Zenit che molte scuole delle contee inglesi del Sussex e dell’Essex, metteranno da parte il calendario gregoriano. “Il tempo non avrà più come spartiacque la venuta di Cristo: non ci sarà più un prima e dopo Cristo, ma semplicemente un avanti l’era comune ed un’era comune”. Prima è toccato al crocifisso ora l’attenzione di chi “forse si vergogna di essere cristiano” si sposta sul vero crinale dell’esistenza umana. L’orizzonte ha invece bisogno di più luce e non di tenebre, per riscaldare e rinvigorire le coscienze di ogni essere umano.
Si rischia su questa strada che chiunque trasmetta la Parola del Signore non debba più considerare alcuna differenza tra la sua Parola e la parola di ogni altro uomo o peggio che cerchi di trasformarla per un suo vantaggio personale, debellando ogni connotazione morale e diventando così un concreto veicolo del maligno. Bisogna perciò stare attenti verso coloro che con arte e scienza perversa vogliono “che il discepolo di Gesù viva nella Chiesa senza indossare l’abito del vangelo, della verità, della luce, secondo la sana dottrina che è proprio della Chiesa una, santa, cattolica, apostolica”.
Pericolo che si riproduce anche per mezzo di quelli che scelgono di stare dalla loro parte. C’è molta confusione in giro e la Chiesa va difesa da chiunque creda nella venuta del Messia e ne segue gli insegnamenti. C’è il tentativo di indebolire la sua missione universale e di rendere la sua esistenza più debole possibile, minando quella “eleganza” spirituale che solo l’abito del vangelo può tutelare e rendere visibile per la salvezza dell’altro. Forse si vorrebbe che “l’Eucaristia fosse uguale ad ogni altro pezzo di pane; che il Battesimo fosse uguale ad ogni altra ritualità religiosa; che il Sacerdozio ministeriale fosse identico in tutto al sacerdozio battesimale”.
Non è così e mai potrà esserlo! Il Signore, malgrado l’idea di un certo sistema economico e filosofico di chiudere le porte al pensiero cristiano, veglia sulla Parola. L’uomo però è da sempre nelle condizioni di ispirare il suo operato alla sapienza divina e se dall’alto non si interviene dinnanzi ad alcune storture e per “verificare fino a che punto gli uomini siano capaci di tradire, travisare, rinnegare, modificare, trasformare la sua Divina Parola, la sola che è vita eterna per noi”. È chiaro che sulla terra ognuno in piena libertà può fare ciò che desidera, ignorando magari ogni messaggio che Cristo ha lasciato agli uomini per rinnovarli e salvarli.
Non si tiene tuttavia più conto che quando si entrerà nell’eternità “allora lì il Signore non permetterà che nessuno senza abito nuziale entri nella sala del banchetto eterno. L’abito nuziale da indossare è il vangelo in ogni sua Parola, in ogni sua verità”. Non è questa una minaccia, ma un invito misericordioso a prendere coscienza di una verità così grande. Non basta perciò ricevere un sacramento per vedersi aprire le porte del regno eterno di Dio. “Ricevere un sacramento è sempre finalizzato a che noi possiamo indossare l’abito del vangelo secondo pienezza di verità, vivendo in esso e per esso per tutti i giorni della nostra vita”.
Non si può costruire, a meno che non si voglia imbrogliare il prossimo, una fede cristiana e cattolica, disinteressandosi dell’abito evangelico da portare addosso. Allo stesso modo non potrà mai essere possibile “favorire l’accesso ai sacramenti come pura ritualità pagana, rinnegando il fine di ciascuno di essi”. Si tratterebbe solo di una vera e propria distorsione della verità, favorendo di fatto la perdizione di chiunque si trovasse in tali condizioni. Oggi c’è la tendenza ad un buonismo di fondo che avvelena le acque limpide della legge del Signore.
La Parola per sua natura non può essere esposta ad interpretazioni di comodo, assicurando magari a ciascuno la salvezza pur rimanendo nel peccato e asserendo che dopo la morte “nessuno sarà escluso dal regno eterno di Dio, perché l’inferno non esiste”. Non si capisce su quale brano delle sacre scritture si possa poggiare un pensiero di tale portata.
Si ritorni alla verità del vangelo senza scorciatoie e ogni attività umana sarà rivestita di una energia superiore, capace di generare quel cambiamento che ognuno si aspetta da troppo tempo nel campo politico, economico, sociale e morale. Si indossi pertanto l’abito del vangelo per assicurarsi quella eleganza “spirituale” che più di ogni altra cosa cambia, rilancia e rinnova la vita.
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L’eleganza “spirituale” di chi indossa l’abito del Vangelo
Ritornare alla verità del Vangelo senza scorciatoie