Un discorso diretto e intenso, quello pronunciato oggi, lunedì 16 ottobre 2017, da papa Francesco durante la sua visita alla sede della FAO (“Food and Agriculture Organization”) in occasione dell’odierna Giornata Mondiale dell’Alimentazione, dedicata quest’anno al tema “Cambiare il futuro della migrazione. Investire nella sicurezza alimentare e nello sviluppo rurale”.
Parlando in spagnolo, il Pontefice ha ricordato all’inizio della sua allocuzione le origini dell’organismo ONU, fondato il 16 ottobre del 1945 a Québec, in Canada, in “un periodo di grave insicurezza alimentare e di grandi spostamenti di popolazione, con milioni di persone alla ricerca di luoghi in cui poter sopravvivere alle miserie e alle avversità causate dalla guerra”.
“La realtà odierna domanda una maggiore responsabilità a tutti i livelli non solo per garantire la produzione necessaria o l’equa distribuzione dei frutti della terra […] ma soprattutto per tutelare il diritto di ogni essere umano a nutrirsi a misura dei propri bisogni, partecipando altresì alle decisioni che lo riguardano e alla realizzazione delle proprie aspirazioni, senza doversi separare dai propri cari”, ha dichiarato Francesco.
Trovare nuove strade
Il Papa ha quindi esortato i presenti, tra cui anche i ministri dell’Agricoltura del G7, a “trovare nuove strade, per trasformare le possibilità di cui disponiamo in una garanzia che consenta ad ogni persona di guardare al futuro con fondata fiducia e non solo con qualche desiderio”.
“E’ in gioco la credibilità dell’intero sistema internazionale”, ha avvertito Francesco, che ha messo in guardia dall’assuefazione alla brutte notizie, perché conduce all’indifferenza.
Guerre e cambiamenti climatici
Papa Francesco si è soffermato in particolare sulla “relazione tra fame e migrazioni” e sul ruolo dei conflitti e dei cambiamenti climatici.
“Pensiamo alle popolazioni martoriate da guerre che durano ormai da decenni e che potevano essere evitate o almeno fermate, e invece propagano i loro effetti disastrosi tra cui l’insicurezza alimentare e lo spostamento forzato di persone”, ha sottolineato il Pontefice, che ha chiesto alla comunità internazionale un impegno “a fondo per un disarmo graduale e sistematico” e ha denunciato inoltre quella che ha chiamato la “funesta piaga del traffico delle armi”.
“A che vale denunciare che a causa dei conflitti milioni di persone sono vittime della fame e della malnutrizione, se non ci si adopera efficacemente per la pace e il disarmo?”, così ha osservato.
Per quanto riguardo i cambiamenti climatici, “ne vediamo tutti i giorni le conseguenze”, ha affermato Francesco. “La comunità internazionale è andata elaborando anche strumenti giuridici necessari, come per esempio l’Accordo di Parigi, dal quale, però, alcuni si stanno allontanando”, ha osservato, alludendo alla decisione degli USA di ritirarsi.
Mentre “riemerge la noncuranza verso i delicati equilibri degli ecosistemi, la presunzione di manipolare e controllare le limitate risorse del pianeta, l’avidità di profitto”, il Papa ha sottolineato l’importanza di cercare nuovi stili di vita.
“Siamo chiamati a proporre un cambiamento negli stili di vita, nell’uso delle risorse, nei criteri di produzione, fino ai consumi che, per quanto riguarda gli alimenti, vedono perdite e sprechi crescenti”, così ha ribadito, aggiungendo che “non possiamo rassegnarci a dire ‘ci penserà qualcun altro’”.
“Certamente guerre e cambiamenti climatici determinano la fame, evitiamo dunque di presentarla come una malattia incurabile”, così ha esortato, mentre ha denunciato i fenomeni della speculazione sulle risorse alimentari, “che le misura solamente in funzione della prosperità economica dei grandi produttori o in relazione alla potenzialità di consumo e non alle esigenze reali delle persone”, e dello spreco alimentare.
Amare i fratelli
A questo punto del suo discorso, Francesco ha posto la seguente domanda: “è troppo pensare di introdurre nel linguaggio della cooperazione internazionale la categoria dell’amore, declinata come gratuità, parità nel trattare, solidarietà, cultura del dono, fraternità, misericordia?”.
“Queste parole esprimono il contenuto pratico del termine ‘umanitario’, tanto in uso nell’attività internazionale”, ha ricordato il Papa, che ha esortato quindi ad “amare i fratelli e farlo per primi, senza attendere di essere corrisposto”.
“E’ questo un principio evangelico che trova riscontro in tante culture e religioni e diventa principio di umanità nel linguaggio delle relazioni internazionali”, ha ribadito. “Amare vuol dire contribuire affinché ogni Paese aumenti la produzione e giunga all’autosufficienza alimentare. Amare si traduce nel pensare nuovi modelli di sviluppo e di consumo, e nell’adottare politiche che non aggravino la situazione delle popolazioni meno avanzate o la loro dipendenza esterna. Amare significa non continuare a dividere la famiglia umana tra chi ha il superfluo e chi manca del necessario”, ha spiegato.
Migrazioni
“Come fermare persone disposte a rischiare tutto, intere generazioni che possono scomparire perché mancano del pane quotidiano, o sono vittime di violenza o di mutamenti climatici?”, ha chiesto poi il Papa. Perché le migrazioni, così ha avvertito, “non potranno essere fermate da barriere fisiche, economiche, legislative, ideologiche: solo una coerente applicazione del principio di umanità potrà farlo”.
Serve quindi “un incontro di popoli che arricchisca tutti e generi unione e dialogo, e non esclusione e vulnerabilità”, ha proseguito Francesco, il quale ha sottolineato che “non è accettabile, che per evitare di impegnarsi, ci si trinceri dietro a sofismi linguistici che non fanno onore alla diplomazia ma la riducono, da ‘arte del possibile’, a un esercizio sterile per giustificare egoismi e inattività”.
“E’ auspicabile che di tutto questo si tenga conto nell’elaborazione del Pacto mundial para una migración segura, regular y ordenada (Patto mondiale per una migrazione sicura, regolare e ordinata, ndr), in corso in questo momento in seno alle Nazioni Unite”, ha aggiunto il Papa, che ha chiesto di prestare “ascolto al grido di tanti nostri fratelli emarginati ed esclusi: ‘Ho fame, sono forestiero, nudo, malato, rinchiuso in un campo profughi’”. “È una domanda di giustizia, non una supplica o un appello di emergenza”, così ha ricordato.
Perciò “è necessario e urgente continuare ad attivare sforzi e finanziare programmi per fronteggiare in maniera ancora più efficace e promettente la fame e la miseria strutturale”, ha affermato il Santo Padre, che ha denunciato anche il “Land grabbing”.
“Non è lecito sottrarre le terre coltivabili alla popolazione, lasciando che il land grabbing (acaparamiento de tierras) continui a fare i suoi profitti, magari con la complicità di chi è chiamato a fare l’interesse del popolo”, ha sottolineato il Papa, che alla fine del suo discorso ha assicurato l’impegno della Chiesa cattolica.
Essa, “con le sue istituzioni”, così ha sottolineato Francesco, “vuole concorrere direttamente in questo sforzo in virtù della sua missione che la porta ad amare tutti e la obbliga anche a ricordare a quanti hanno responsabilità nazionali e internazionali il più ampio dovere di condividere le necessità dei più poveri”.
“L’augurio è che ciascuno scopra, nel silenzio della propria fede o delle proprie convinzioni, le motivazioni, i principi e gli apporti per dare alla FAO e alle altre Istituzioni intergovernative il coraggio di migliorare e perseverare per il bene della famiglia umana”, così ha concluso.
Si è trattato della seconda visita del Pontefice alla sede romana della FAO. La prima ha avuto luogo il 20 novembre del 2014, in occasione della II Conferenza Internazionale sulla Nutrizione.
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