Dopo l’incontro con la cittadinanza di Cesena, il Pontefice si è recato alla cattedrale della città emiliana, per il consueto incontro con il clero, i consacrati, i laici dei consigli pastorali, i membri della Curia e i rappresentanti delle parrocchie. Durante il percorso ha fatto una breve sosta per assistere all’inaugurazione del “Largo Pio VI”.
Al suo arrivo al Duomo, il Pontefice ha salutato i malati e si è fermato in preghiera silenziosa nella cappella della Madonna del Popolo, la stessa dove nel 1986 pregò anche san Giovanni Paolo II.
Nel suo discorso rivolto alla Chiesa di Cesena, il Papa ha sviluppato o ripercorso vari temi, iniziando dalla missione principale di ogni discepolo di Cristo, cioè quella di “annunciare e testimoniare con gioia il Vangelo”.
Tale annuncio è più efficace quando viene attuato “con unità di intenti e con una collaborazione sincera tra le diverse realtà ecclesiali”, ha ricordato il Pontefice, che ha sottolineato l’importanza della “parola-chiave” “corresponsabilità”.
Essa serve “per portare avanti il lavoro comune nei campi della catechesi, dell’educazione cattolica, della promozione umana e della carità; sia nella ricerca coraggiosa, davanti alle sfide pastorali e sociali, di forme nuove di cooperazione e presenza ecclesiale sul territorio”.
Papa Francesco ha esortato inoltre i presenti ad avere occhio per le piaghe di Gesù “visibili in tanti uomini e donne che vivono ai margini della società, anche bambini: segnati dalla sofferenza, dal disagio, dall’abbandono e dalla povertà”, o nelle “persone ferite dalle dure prove della vita, che sono umiliate, che si trovano in carcere o in ospedale”.
Per riuscire in questa missione, occorre essere uomini e donne di preghiera. Essa costituisce “la forza della nostra missione”, ha detto Francesco, sottolineando la centralità ed indispensabilità di quello che ha chiamato “l’incontro costante con il Signore, la quale permette di uscire dal proprio “orticello” e di “andare verso le periferie esistenziali”.
Mentre ha invitato il clero, i religiosi e gli operatori pastorali a recuperare la capacità di “guardare” con lo “sguardo di Gesù”, quello stesso sguardo che permette di attuare “la rivoluzione della tenerezza”, il Pontefice si è soffermato sui giovani, una categoria sulla quale la Chiesa “conta molto”. Occorre incontrarli, ascoltarli e camminare con loro, “perché possano incontrare Cristo e il suo liberante messaggio di amore”, ha detto.
In questo contesto, il Pontefice ha ribadito l’importanza di “ripristinare il dialogo tra i giovani e gli anziani, i giovani e i nonni”, un dialogo che “farà miracoli”. “Un giovane che non ha imparato, che non sa accarezzare un anziano, gli manca qualcosa. E un anziano che non ha la pazienza di ascoltare i giovani, gli manca qualcosa. Tutti e due devono aiutarsi ad andare avanti insieme”, ha sottolineato.
Ritornando al tema della gioia del Vangelo, il Pontefice ha augurato ai sacerdoti “di riscoprire continuamente, nelle diverse tappe del cammino personale e ministeriale, la gioia di essere preti”. “Non perdete questa gioia!”, così ha esortato.
“Tante volte la gente trova sacerdoti tristi, tutti ammusoniti, con la faccia da peperoncino all’aceto, e a me alcune volte viene da pensare: ma tu con cosa hai fatto colazione? Caffelatte o aceto?”, ha aggiunto il Santo Padre, il quale ha messo nuovamente in guardia dalle chiacchiere, che ha paragonato ad “un atto terroristico”. “Tu vai, butti la chiacchiera – che è una bomba –, distruggi l’altro e te ne vai contento”, così ha avvertito.
Terminato l’incontro nel Duomo, il Pontefice ha lasciato l’edificio situato in Piazza Giovanni Paolo II poco prima delle 10 e si è recato all’ippodromo della città, da dove è partito in elicottero per Bologna, la seconda ed ultima tappa del suo intenso viaggio pastorale in Emilia-Romagna.
Per leggere il discorso completo cliccare qui.