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“Diritti a Todi”: il festival che dà voce a tutti

Oggi la giuria guidata dal regista Vicari chiude la seconda edizione inaugurata mercoledì da Corradino Mineo

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Convegni, eventi e tanto cinema, a Todi (Pg) i diritti umani tornano protagonisti della seconda edizione del Festival internazionale.
Human Rights International Film Festival 2017 conclude la quattro giorni di proiezioni tra corti e lungometraggi con il responso della giuria che valuta i lavori in concorso, tra i circa duecento arrivati da tutto il mondo. Le proiezioni aperte al pubblico hanno animato riflessioni importanti che culmineranno con la premiazione di questa sera per il Miglior Documentario, il Miglior Cortometraggio e la Miglior Colonna sonora.
Difesa e tutela dei diritti umani trovano nel documentario sociale un luogo mai banale di incontro, dove Own Air e Teatri di Nina seminano da diversi anni. Oltre a queste realtà nella cittadina umbra è giunto il sostegno di associazioni internazionali, da Save the Children a Cittadinanzattiva.
Il direttore artistico Francesco Cordio ha illustrato a ZENIT lo spirito che anima quest’anno Diritti a Todi.
Rispetto all’edizione 2016 qual è il valore aggiunto della seconda edizione del Festival?
Oltre alle anteprime cinematografiche internazionali siamo l’arricchimento di questa edizione viene da stimoli artistici come spettacoli teatrali e mostre di artisti. Il festival cresce anche grazie ai convegni che attirano scolaresche e cittadini.
Patrocini istituzionali e grandi partner turistico-commerciali, quest’anno cresce anche il senso di responsabilità per il lavoro effettuato?
Questo livello di sostegno ci inorgoglisce e ci ha spronati ancora più a strutturare una edizione che possa lasciare il segno tra visitatori e spettatori.
Un festival dal respiro internazionale pregiudica la partecipazione di qualche Paese del mondo su temi delicati quali i diritti umani?
Il nostro festival non chiuderà mai le frontiere, anzi la selezione rappresenta un’apertura a qualsiasi pensiero del pianeta. Nove lungometraggi e tredici cortometraggi in concorso da tutti i continenti, ma senza dubbio stupisce anche noi vedere a Todi il regista di un lavoro internazionale sul Capo del Governo Indiano, presentare il suo film con il volto mascherato per le minacce già ricevute in fase di riprese.
Ci sono obiettivi che con la sua squadra può già dire di aver raggiunto rispetto ai valori che ispirano il festival?
Il fatto soltanto di essere in terra umbra, terra di santi, di diritti, di dialogo è già un ottimo punto di partenza. I risultati quando arriveranno, non saremo noi a mostrarli, per di più quest’anno c’è una Giuria Stampa di tutto rispetto alla quale non sfugge nulla!
I registi e le società di produzione spesso attendono molti anni prima che il loro lavoro sia riconosciuto dall’opinione pubblica, qual è stata la sua esperienza?
Nel 2010 misi piede in un ospedale psichiatrico giudiziario documentando per la prima volta situazioni orribili. Nacque un documentario che dall’Italia ha avuto risonanza anche in festival internazionali, fino a contribuire ad una legge importante. Prima del mio gesto non avrei immaginato che potesse nascere finalmente una legge che prevede la chiusura di sei strutture psichiatriche, quindi oggi il sogno di proseguire sul solco tracciato dei diritti si concretizza anche in questo festival.
@GiuScarlato

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Giuseppe Scarlato

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