Al settimo piano d’un condominio abitava Roberto, di cinque anni, col papà. Tutti i giorni e più volte al giorno il papà giocava col figlio Roberto: il gioco preferito era il gioco cosiddetto della “fiducia”.
Si svolgeva in tre fasi: Roberto, in piedi su un tavolo, doveva gettarsi fra le braccia del papà, ogni volta e solo quando il papà lo invitava con la parola: “tuffati!” Nella seconda fase il gioco richiedeva maggior fatica per Roberto, perché, pian piano, doveva imparare a tuffarsi anche quando, invitato, notava che il papà, ogni volta, si scostava sempre più dal tavolo e fingeva di non prestare attenzione al tuffo del figlio. Nella terza fase dell’allenamento ‑ al gioco della fiducia ‑ Roberto doveva eseguire tutte le fasi precedenti, ma ad occhi bendati.
La fiducia del figlio verso il papà si rafforzò sempre più, anche perché il papà non mancava mai di far trovare a Roberto le sue forti braccia, prima che il figlio toccasse terra.
Un giorno scoppiò al quinto piano del palazzo un violento incendio; riempì di fumo e di fuoco tutto lo stabile, isolando il settimo piano dai piani inferiori.
Roberto era solo in casa, mentre il papà era uscito a fare la spesa: non poteva uscire dalla porta, ma solo poteva affacciarsi alla finestra del settimo piano, e gridare con tutta la sua vocina: «papà, papà», senza poter vedere niente per il fumo che si diffondeva sempre più.
Il papà, tornando a casa, vide il disastro, udì la voce di Roberto, e, intravvedendolo a malapena, con velocità sorprendente, fermò alcuni passanti, si fece aiutare a stendere un grande telone sulla strada a due metri di altezza, e cominciò un dialogo serrato tra padre e figlio: “Roberto, tuffati dalla finestra!”
“Papà, non ti vedo: ho paura!”
“Roberto! Tuffati senza paura anche se non mi vedi, ti vedo io!”
“Andrea, tuffati in quello che ti chiedo” – mi dice Dio – papà”
Ciao da p. Andrea
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Il gioco della fiducia
Dio ci invita sempre a tuffarci: Lui è lì a soccorrerci anche se non lo vediamo